Novembre - Massimiliano D'Ambrosio




Direttamente dal Folk Studio, è davvero il caso di dirlo, arriva questo nuovo album di Massimiliano D'Ambrosio, che se ne frega degli anni zero dei suoi giovani colleghi, che non ci pensa minimamente di invischiarsi con il pop/rock come i suoi predecessori, che riesuma la tradizione popolare ma non ha niente da spartire con Mannarino.
Novembre è un album di undici canzoni pure, fuori tempo e fuori moda, praticamente un classico a trent'anni e più di distanza, dove ci si può trovare tranquillamente Lolli, De Andrè, De Gregori, Branduardi... insomma ci siamo capiti. 
Eppure tutto suona sincero come non mai, intenso, ricco di pathos e assolutamente nuovo, fresco... originale, nonostante i rimandi siano più che evidenti.
Grande merito ce l'hanno gli arrangiamenti e la scrittura lucida del nostro, che affronta temi importanti e non scontati e non abusa a rigor di metafora e confeziona così un album piacevole e intelligente, fuori dal tempo e fuori dalle mode, un cantautore moderno che recupera e "rispetta" in un certo qual modo la tradizione, in maniera quasi filologica per recuperare le radici della canzone d'autore italiana che conobbe negli anni '70 il suo splendore, con gusto e classe:

“La ballata delle donne”:  “femmina penso se penso alla gioia”... folk ballad abbastanza lineare nel suo dipanarsi, con inserti di violino e fisarmonica, che ritroveremo un pò in tutto il disco, tratta da una poesia di Edoardo Sanguinetti:
“femmina penso se penso all’umano”

"Lettera dalla Palestina": intensa ballad carica di suggestioni, col corno francese ad aggiungere solennità alle parole e un nostalgico solo di fisarmonica:
"ed invece madre, più semplicemente, questo non è il mestiere mio"

"Rosa": con la fisarmonica a "svolazzare" leggera e sorniona su un andamento popolare e ammiccante, con inserti tra l'altro di clarinetto e mandolino, perfettamente all'opposto della traccia precedente:
"Rosa ammira la nuova preda e ci congeda nell'oscurità"

"La sfida": "la solitudine che strappo dalla vita e che la porta sulle spalle come lo scialle degli anziani"...  un mood rarefatto e sommesso, poetico, con una splendida apertura melodica nel ritornello:
"io vivo piano e conservo la fatica... io che ho sfiorato la sua bocca con le dita"

"Aprigli la testa": "aprigli la testa e troverai il cuore, aprigli il cuore e troverai un letto, apri questo letto e trovi una puttana, apri la puttana e troverai il cervello", con De Andrè nel cuore e atmosfere ancora una volta popolari, da banda di paese con trombone, bombardino, clarinetto, fisarmonica e i controcanti di Nora Tigges in evidenza, quasi un tuffo nel passato.

"Scese lenta l'ultima neve": ballad sospesa e intensa, ricca di profumi anni '70, dedica sentita a Stefano Cucchi:
"Perdonami padre, perdonami madre, a guardarvi non ci riesco"

"Novembre": "ecco i polsi che l'attrice ha tagliato lentamente che per essere felice era troppo intelligente"... un testo splendido che procede per accumulo di pari passo con la chitarra portante, mentre "l'orchestrina" rimane in sottofondo a impreziosire il tutto:
"ecco i baci ecco l'amore ecco il culo delle donne"

"Jesus": "per imparare la paura e la speranza"...  atmosfere rarefatte, con un arrangiamento scarno e cupo, con la chitarra acustica in evidenza e aperture melodiche come schiarite:
"mi hanno amato e mi hanno crocifisso"

"I re del mazzo": ancora in territori popolari, la dinamica strutturale del brano riporta inevitabilmente a Branduardi, trascinante con le sue improvvise accelerazioni, anche se è Federico Garcia Lorca a ispirare il testo: 
"Corri via bambina che ti prende il matto, corri via bambina che ti acchiappo"

"Requiem": a dispetto del titolo, è una traccia abbastanza godibile, con la sua andatura simil reggae, per la piacevolezza delle armonie e dell'arrangiamento, ricco di inserti strumentali dove fa persino capolino la chitarra elettrica, l'ispirazione è Anime Salve di De Andrè:
"tutto questo l'ho intuito non ha fine ne un principio"

"Amore a dieci euro": con un ottimo lavoro della chitarra elettrica che punteggia il brano "sotterranea" è un brano Degregoriano nello spirito, nel suo sviluppo armonico e testuale e chiude più che degnamente questo terzo capitolo del nostro:
"l'amore che ha bussato e io chissà dov'ero... amore che non vali dieci euro"

Commenti

Translate