Gianmaria Testa - Intervista e Resoconto Live - 20 luglio 2012 Baluardo Velasco Marsala



Nella recensione di “Vita Mia” abbiamo parlato di capolavoro e che se ci vogliono 5 anni per canzoni del genere, è sicuramente un bene aspettare così tanto… ma a parte tutto, che hai fatto in tutto questo tempo? Non è che c’entra qualcosina “Cordiali Saluti”?

“Guarda, tralasciando il fatto che non ho mai fatto un contratto discografico per più di un disco alla volta, libertà che mi sono conquistato nel tempo ( e spiegherà successivamente dal vivo la storia del brano che parla di licenziare i licenziatori, ispirata da un libro di Primo Levi e da uno di Andrea Bajani, che porta tra l'altro lo stesso titolo n. d. r.), il fatto è che mi sono accorto che in questi cinque anni di berlusconismo, nel nostro Paese c’è stato un impoverimento culturale generale, etico, di sostanza, una mancanza di rapporti umani, che mi ha tenuto in qualche modo lontano, non mi sentivo ispirato da quello che accadeva, scrivevo ma buttavo via, non è poi che ho esigenza di scrivere o pubblicare appositamente, perché credo che bisogna fare solo cose valide, migliorare il paese offrendo buona musica. Il mio ultimo disco “Vita mia”, è nato da un’idea teatrale di Bajani e Giuseppe Battiston, per cui ho scritto 7 canzoni per il loro monologo su un uomo che viene licenziato e perde tutto insieme al lavoro, principalmente la dignità sociale; così è venuto fuori questo lavoro”.


Quindi uno dei temi principali, proprio perché nato da un monologo, è il licenziamento. Quanto questa tematica ti ha coinvolto e quanto delle tue esperienze personali c’è in “Vita mia”?

“Vi faccio un esempio. Io proprio nel 2007 sono andato a licenziarmi dopo 25 anni di ferrovia, perché non ce la facevo più a star dietro anche ai concerti… quando sono andato all’Ufficio Personale di Torino, mi aspettavo qualcuno che mi dicesse qualcosa del tipo: “Non te ne andare”… ed invece il funzionario non mi ha detto nulla di carino, mi ha solo detto: “Metta la firma qui”, portandomi un foglio. E pensare che io ero andato all’Ufficio quasi imbarazzato! Gli avrei dato un pugno, perché in un periodo come questo non è facile rinunciare ad un posto di lavoro. Ecco questo è un esempio della ormai mancanza di rapporti umani a cui accennavo prima, siamo numeri… e ribadisco l’importanza del lavoro che facevo, perché mi ha permesso di essere libero dalle major , certo, il mio primo disco è del ’95, allora però ero meno conosciuto, adesso invece mi posso permettere di non lavorare perché faccio musica, non riuscivo più a fare entrambe le cose”.


De Gregori, Fossati, Capossela, Conte, sempre nella recensione abbiamo parlato di questi diciamo così riferimenti, se diciamo De Andrè e Bressans o gli chansonnier che ti viene in mente?

“Non è questione di riferimenti anche se capisco benissimo il perché delle citazioni nelle recensioni, ad esempio in “Ventimila Leghe” c’è l’effetto acqua e mi associano per questo a Capossela,  che tra l’altro conosco e stimo per il nuovo linguaggio che ha utilizzato nella musica, così come in certi pezzi più vecchi uno può sentirci Paolo Conte… ma io le canzoni “contiane” le avevo già fatte da ragazzino, questi artisti non li ascoltavo del tutto quando già scrivevo le prime canzoni. Vi assicuro che all’inizio io pensavo addirittura che “Azzurro” fosse un pezzo di Celentano… Anche Fossati, De Gregori sono grandi autori… ma solo uno, o meglio 3, sono stati i miei punti di riferimento. Primo fra tutti Fabrizio De Andrè (infatti dal vivo canterà “Hotel Supramonte”, ricordando quanto oggi ci mancano persone come Faber e Pasolini, n. d. r.). Avevo 13 anni nel ’71; alla radio passava solo la musica leggera, Rita Pavone spopolava. Ma quando mi hanno fatto ascoltare “Il Gorilla”, che De Andrè aveva rifatto da un lavoro di George Brassens, si è accesa la luce. Poi, sempre De Andrè, mi ha fatto scoprire anche Leonard Cohen, direi che sono loro i miei punti di riferimento. Ed è da lì, dalla chanson française che poi sono nati Breil, Dylan, Baez e gli altri. Io scrivo da quando ho 14 anni e posso dire che l’originalità arriva da sola, quando racconti la tua di verità ed ho capito che la musica era altro, che potevi dire e fare altre cose, la musica ha una funzione sociale”.


Qual è la differenza per te tra musica colta e musica popolare?

“Il problema è nel senso odierno del termine, ma non ci sono o dovrebbero perlomeno esserci differenze. Io faccio musica popolare ma oggi è cambiata l’accezione del termine. Popolare è qualcosa di commerciale, pop, che ha successo, del popolo insomma. La musica è il più grande mezzo di comunicazione di massa; la canzone è rimasta una cosa vera. Ma per altri è un mezzo esclusivamente per fare tanti  soldi, poca importa la qualità del prodotto. Alla radio si sentono delle assurdità, noi invece ci meritiamo il meglio che c’è. Lasciate che io usi la mia intelligenza per esprimermi!”.


Cosa ne pensi della musica in Italia oggi, c’è qualcosa che ti piace, magari fra i nuovi cantautori, che so Dente,  Brunori, “Le Luci della centrale elettrica”?

“Ho ascoltato qualche brano di Dente e credo un brano de “Le luci della centrale elettrica”… il fatto è che, nonostante viene tuttora teorizzata la morte del rock, del jazz, ecc… la scrittura quando è creativa c’è sempre, poi ci sono anche i momenti difficili come i nostri tempi: oggi è difficile farsi sentire. Dall’attuale Governo non ho sentito proferire la parola Cultura. Tutto è affidato alle mani di privati, di programma televisivi come i talent (Amici, X Factor, ecc…) ma non è lì la musica. La creatività richiede tempo ed in questi programma tv, lo fanno solo per soldi ovviamente, ma così un ragazzo si brucia”.


Più in generale, parlando dei nuovi modi di diffondere la musica, internet o sostanzialmente download selvaggio o meno?

“Non sono molto tecnologico per la verità. Ma non mi preoccupa il fatto che la gente scarichi musica legalmente o meno sono assolutamente d’accordo innanzitutto perché l’industria musicale ha fatto delle porcherie e mi dispiace se adesso ci sono posti di lavoro che si perdono. Ricordo negli anni ‘70 la Cramps, era un marchio di qualità: acquistavi anche a scatola chiusa, con gruppi come gli Aerea la Pfm, ecc… si investiva su progetti validi, non come oggi che tutto è affidato alla promozione tramite talent o Sanremo e dopo un anno di massima esposizione il più delle volte finisce li perché fondamentalmente sono strutturati male o tornando al discorso di prima è un po’ l’effetto della musica ridotta a merce. Scaricare musica al contrario, credo che sia un incentivo, perché se ti scarichi il mio disco vuol dire che mi vuoi ascoltare e se poi ti piace magari lo vorresti avere, comprare, oppure vorresti andare a vedere un mio concerto. A parte la qualità in un cd trovi i testi e altro, ritorni a una dimensione più intima se vogliamo. C’è sostanzialmente bisogno di una riforma anche dal punto di vista del diritto d’autore. Io personalmente non ho una soluzione per questo in Italia. Io sono iscritto in una sorta di Siae in Francia, dove lo Stato fissa una tassa con cui si fa pagare i diritti d’autore e per scaricare musica. Non sono d’accordo con quegli spot in tv con personaggi della letteratura, della musica e del cinema che dicono: “Scaricare è un crimine”. La canzone deve diffondersi da sé, deve lasciare libere le persone di scegliere”.



 Cos’è per te la laicità, visto che hai definito” Vita mia” una preghiera laica?

“Nel senso che io non so se sono ateo o agnostico… ma vedo, avverto comunque una spiritualità nelle cose, nella natura, nell’amicizia, nel senso di bellezza , nello scambio tra persone, disinteressato e genuino, noi ad esempio siamo qui che stiamo parlando, senza nessun interesse e questo è bello, è uno scambio, un rapporto umano che ha valore, la nostra umanità va oltre l’interesse personale”.


Una curiosità, chiamiamola così… nel 1997, se non erriamo, a “La Repubblica” , Pino Daniele, presentando “Dimmi che cosa succede sulla terra?”, quando gli chiesero che cosa ne pensasse di un rigurgito della canzone d’autore, citando il tuo album “Extra Muros”,  rispose male e invitò l’intervistatore quanto meno a parlare della copertina del suo album….snobbandoti. È una domanda assurda lo sappiamo, ma visto che il buon Pino sarà dal vivo a Marsala il 6 agosto, vuoi rispondergli adesso che così riferiamo? Stiamo scherzando ovviamente…

“Sono grato a Pino Daniele per alcune canzoni degli inizi. Non sapevo di questa dichiarazione, ma credo ci possa anche stare, poi bisogna sapere come era il tono dell’intervista e il momento personale che stava attraversando dove magari uno può avere le scatole girate, oppure semplicemente non gli piacevo. Credo che “Chi tene o mare” sia un capolavoro assoluto di Pino Daniele o altri suoi lavori. (Lo interrompiamo dicendo che l’ultimo disco di Pino Daniele rispetto alle ultime prove opache è un netto miglioramento, n. d. r.). Certo Pino Daniele negli ultimi anni si è più commercializzato ma, più in generale, riguardo al concetto di musica commerciale o meno, potrei citare Alan Sorrenti che aveva esordito con un bel disco prima di approdare alle canzonette. Oppure, restando dalle vostre parti, Franco Battiato, che di cose assurde che non mi sono piaciute ne ha fatte, ma poi ha creato anche un disco come “Pollution” e lì ti rendi conto di quanto sia grande. Poi c’è da dire un’altra cosa… ci sono canzoni che per quanto stupido sia un testo, hanno motivetti che inevitabilmente canti: quando è uscita la canzone “Dammi tre parole” ( di Valeria Rossi, n. d. r.), io la cantavo sotto la doccia ( e se non è una chicca questa!). Comunque ho evitato col tempo di conoscere le persone di cui amo le canzoni o i libri, tranne per qualche eccezione, infatti sono amico e collaboro con lo scrittore Erri De Luca. Poi ci sono anche persone che non hanno un bel carattere, ma penso che, se Pino Daniele è stato un grande amico di Massimo Troisi, è sicuramente una bella persona”.


Prima di andare facciamo un brindisi  e non possiamo non notare la MS che porta alla bocca… la domanda finale non può che essere: fumi Ms, perché…?

“Sono sigarette da ferroviere”

Ma anche da comunista!

“Esatto, da ferroviere e da comunista”

Ride e ci spiega che hanno sostituito le Nazionali. Nell’immaginario collettivo pensiamo e gli diciamo: li conosci gli Offlaga Disco Pax? Hanno fatto tre album, fanno una sorta di reading su basi elettro vintage… hanno dei testi fantastici, ascoltali non te ne pentirai…  E mentre Gianmaria si appunta il nome e a Max Collini e compagni forse fischieranno le orecchie, lo salutiamo e andiamo a goderci il concerto. Concerto che, parafrasando il nostro, è stato un vero rapporto umano, ovvero uno scambio di energie, nel nome della bellezza e della poesia. Da “Nuovo” a un inedito che è una ninna nanna, probabilmente per la figlia di 7 anni, l’ideale per salutarci. Un concerto intimo, chitarra e voce, caldo, ricco di interventi mai banali a raccontare gli spunti per i brani, si parla di saper guardare o semplicemente accorgersi della bellezza, di immigrazione, di lavoro, di crisi che c’è e di politica che… rimpiangendo Pasolini e De Andrè… mentre fioccano gli applausi e non potrebbe essere altrimenti… perché siamo convinti che una persona se è grande, se ha talento, non ha bisogno di atteggiarsi a star, di filtri preconfezionati o di lucine colorate anzi a dirla tutta più è grande più è umile… più è persona vera… questo è Gianmaria Testa.

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