Intervista con Pierpaolo Capovilla



Quello che ci piace maggiormente di Obtorto Collo è che ancora una volta sei riuscito ad alzare l'asticella, nel senso di non rilasciare un semplice album di "canzoni" ma di aver realizzato un'opera vera e propria che al di là dei gusti degli ascoltatori di turno è e rimane vera e propria espressione artistica, senza alcuna concessione o calcolo di sorta. Era accaduto anche nell'ultimo album col Teatro degli Orrori a dirla tutta, quindi non ci meravigliamo più di tanto, ma siamo felici che esistono ancora artisti veri in questo paese che rischiano tra virgolette ogni volta con sana e lucida "incoscienza", ambizione e coraggio, per partorire pagine importanti per la musica. E' un discorso che ritieni condivisibile quanto meno sull'importanza di realizzare un'opera d'arte sempre e comunque al di là del piacere o meno al pubblico?


PP_ Cerco di esperire il mio lavoro con coerenza. Non penso mai a cosa ne dirà il pubblico, … anche se mi aspetto che il disco, in questo caso Obtorto Collo, piaccia o possa piacere. Sono ambizioso, certamente, e forse un po' incosciente. Non parlerei di coraggio. Che coraggio ci vorrà mai a scrivere e cantare canzoni? Sono altresì convinto di aver pubblicato un disco degno del mio percorso artistico.


"Obtorto Collo" è/sembra, esser stato costruito per "sottrazione", scarnificando il corpus sonoro per regalare maggior intensità e dar così risalto alle parole, alle storie narrate, alle interpretazioni vocali e alle sfumature musicali...alla ricerca quasi di far emergere spigoli e sotto testi ma contiene anche diversi momenti dove è invece l'accumulo di pathos a regnare, dato dalle ripetizioni di parole o frasi ritmiche... il risultato in entrambi i casi è pura intensità...Hai lavorato su queste direzioni ed era proprio questo che volevi trasmettere o sono solo nostre impressioni?



PP_ L'approccio compositivo è stato minimalista, e risente dello stile di Zennaro, che ha co-scritto buona parte del disco. Zennaro viene dalla danza. È un collaboratore storico di Carolyn Carlson, e il suo mondo musicale è lontanissimo dal rock. Taketo Gohara, il produttore, si è dato un gran da fare nello scegliere ed invitare musicisti di pregio per arrangiare canzoni che all'inizio erano di una semplicità disarmante: le abbiamo arricchite, impreziosite, colorate se vogliamo, di suoni e melodie volutamente retrò. Senaza Taketo e senza il prezioso contributo dei ben venti splendidi musicisti intervenuti, questo disco non sarebbe stato possibile.

Io non volevo un disco così! Come sempre, l'obiettivo iniziale è stato disatteso, perché anche in questo caso è emersa un'intelligenza "collettiva", dovuta all'incontro di competenze e sensibilità artistiche molto diverse fra loro. E va bene così. La musica, la buona musica, la si fa insieme. In ciò risiede il senso profondo del cooperare, dell'interazione di esperienze molteplici ma non confliggenti: l'intenzione originaria si è persa nel labirinto compositivo, per ritrovarsi poi in un album che ha sorpreso tutti, anche me stesso. 




Un album romantico e decadente, in cui appaiono evidenti l'aspetto teatrale e quello poetico, che mettono in risalto ancor più le tematiche sociali trattate nei brani. Quando e come sono nate queste canzoni e se avevi ben chiaro sin dal principio di voler privilegiare questi aspetti e naturalmente la collaborazione con Paki Zennaro, autore delle musiche.



PP_ Abbiamo cercato di dare spazio alle parole, e di privilegiare il lato narrativo del repertorio. Senza dubbio queste canzoni sono romantiche, amorevoli, affettuose, anche quando sono scure o

tenebrose. Credo questo sia un aspetto costante del mio modo di scrivere e della mia sensibilità letteraria. Le canzoni sono nate un po' per caso, mentre io e Zennaro lavoravamo sulle armonie de "La Religione del mio Tempo", il reading pasoliniano che abbiamo rappresentato per quasi un anno intero in giro per il bel paese. In realtà, io non smetto mai di scrivere. C'è una buona dose di fortuna in questo incontro artistico.


Waits, Brel, Walker, Cave... sono alcuni dei riferimenti che personalmente abbiamo trovato in questo lavoro, per atmosfere notturne e ricche di fascino e ambiguità con un uso/ruolo dei fiati che in buona sostanza sostituisce quello delle chitarre elettriche... ci sono state altre fonti di ispirazioni, anche non musicali e se per quanto concerne l'aspetto sonoro volevi in qualche modo distanziarti dal sound del Teatro degli Orrori.



PP_ Per come la vedo io, non avrebbe avuto senso fare un disco rock alla maniera de Il Teatro degli Orrori. Ho cercato di esplorare nuovi territori musicali, e grazie al contributo di tutti, credo di esserci riuscito. Se c'è un artista che mi ha influenzato in questi anni, è certamente Scott Walker. Contattai lo stesso Peter Walsh, suo produttore storico, per fare questo disco. Mi rispose che non capiva le parole, e non se la sentiva di lavorare su un progetto del quale non comprendeva fino in fondo il senso. Anche se ci rimasi un po' male,trovai la sua risposta ineccepibile. Tom Waits per me è da sempre un punto di riferimento, e l'ho omaggiato con "Quando", il pezzo più simile al suo stile presente nel disco. Brel aleggia nelle canzoni come un fantasma. In quanto a Nick Cave, … credo di aver incominciato la mia avventura musicale nel tentativo di emularlo. Quando ero ragazzo, lo vidi in concerto, ai tempi di From Her to Eternity, il primo album dei Bad Seeds. Fu un'esperienza sconvolgente. A volte penso che un concerto possa davvero cambiare la vita delle persone.






"Ma come si fa a non amarti, maledetto Paese" è una frase contenuta in"Arrivederci" che non a caso chiude l'album... che a parer nostro esprime rassegnazione, rabbia ma anche amor di patria che ci ha fatto tornare in mente quel "Roma capitale sei ripugnante, non ti sopporto più" di "Io cerco te" si può parlare quasi di un rapporto di amore/odio verso l'Italia.



PP_ Certamente. Detesto e amo il mio paese. Detesto la sua borghesia, i nuovi ricchi, l'ignoranza del nostro ceto dirigente, la sua miopia, il disconoscimento dei valori democratici e dei diritti dei lavoratori, l'indifferenza verso i meno abbienti, gli ultimi, gli emarginati, e così via. Amo quella parte della società civile che non si arrende, che non si da per vinta di fronte all'enormità dei problemi e delle contraddizioni che caratterizzano questo momento storico.

Una mia cara amica, Tiziana Cera Rosco, poetessa e performer di rara intelligenza, tempo fa mi suggerì una massima strepitosa: "Odio la gente. Amo le persone". Perfetto. E non c'è dubbio che nell'economia narrativa del disco siano presenti tanto la rabbia e il desiderio di emancipazione, quanto la rassegnazione e l'indifferenza dei più, che secondo me è giusto raccontare fino in fondo. Per me è una questione cruciale: se io non narrassi le circostanze nelle quali versa la società in cui vivo, mi sentirei inadeguato al mio compito.





Parlando più in generale, ma restando nell'ambito della tua carriera solista, hai collaborato più o meno recentemente con Marina Rei in "E mi parli di te" e con Piotta per "Odio gli indifferenti", ci racconti come sono nati questi riuscitissimi incontri tra stili così diversi e se hai in progetto di collaborare con altri artisti?



PP_ Ti è sfuggita la collaborazione con Tiromancino! Nel loro ultimo lavoro ho co-scritto e cantato un pezzo con Federico Zampaglione, si intitola "In una notte di Marzo". Canzone bellissima, dico io. Con Marina ho collaborato con grande piacere, scrivendo interamente il testo del pezzo. Una canzone d'amore pensata per lei e per il suo disco, ma sognante e dolorosa come è nel mio stile. Con Piotta non ho che cantato alcuni backing-vocals. Mi piaceva la svolta "politica" che Tommaso stava imprimendo alla sua musica. Quando mi ha chiesto di contribuire, non ho avuto dubbi.



Ma certo "In una notte di Marzo"!!! (Tra l'altro è una delle canzoni che preferisco di "Indagine su un sentimento"). Ringraziandoti per la disponibilità, quando ti si potrà vedere dal vivo e se dobbiamo attenderci un seguito di questa esperienza solista.


PP_ Le date del tour le pubblichiamo nel mio sito, pierpaolocapovilla.it, aggiornandole di volta in volta. Suoneremo in alcuni festival importanti, come Arezzo Wave e Villa Ada a Roma. Da Ottobre ci dedicheremo a teatri e club. Amo i piccoli club. Soltanto in questi si riesce a creare quell'intimità che unisce pubblico e palcoscenico. Sopratutto con un repertorio come questo. Non vedo l'ora. Del mio futuro discografico non so molto. Stiamo lavorando al nuovo album de Il teatro degli Orrori. Lo vorremmo molto, ma molto … più rock di prima.

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