Intervista con Geddo





 Nella recensione per descriverti ai lettori abbiamo nominato Bennato e Buscaglione ma il tuo grande amore ci è sembrato essere il blues... quanto c'è di vero in questa nostra asserzione? E se si come nasce e quali sono le tue maggiori influenze
Non sono di primo pelo e le influenze sono tante quanti sono stati i musicisti di riferimento nei vari passaggi della vita. Considero il blues la musica classica della musica moderna e ritengo una fortuna aver fatto i primi passi musicali partendo da lì; dopo un periodo post adolescenziale di profonda e quasi enciclopedica ricerca di tutto ciò che era canzone d’autore italiana, sono passato a Dylan e alla canzone americana tenendo d’occhio il meno classico movimento di recupero melodico inglese che pur meno smanioso di comporre il capolavoro poteva considerarsi più fresco ed innovativo. Mi lascio ispirare facilmente. Apprezzo che singole canzoni possano essere riconducibili ad altri artisti ma realizzerò sempre dischi senza preoccuparmi di esprimere un’omogeneità che non mi sarebbe propria. Critica e amici spesso identificano negli stessi pezzi riferimenti completamente diversi e a me proprio non dispiace. Attualmente il mio gruppo preferito sono gli Wilco.
Il disco è uscito tra l'altro per la CNI, visto il catalogo dell'etichetta, le radici popolari nella tua musica ci sono sicuramente ma tutto sommato è una scelta che ci ha sorpreso... ci racconti come vi siete incontrati
La CNI sostiene il valore evidente della musica come espressione del territorio che io ritengo la vera ( e trascurata ) ricchezza italiana. L’etichetta mi pare anche perfettamente inserita nella ricerca di una proposta sensata di originalità. Fiducia e stima reciproca sono state facili conseguenze.


Venendo all'album, ci racconti un pò come è nato, come sei cambiato se ti senti cambiato o semplicemente è un percorso naturale da "Fuori dal comune" a "Non sono mai stato qui"? Partendo magari dal fatto che sin dai titoli c'è quasi "un tirarsi fuori" da parte tua...
Il primo disco è molto intenso e personale; ne sono orgoglioso ma ho deciso di non fare un sequel e di esprimere emozioni complementari rispetto a “Fuori dal comune”. Ci tenevo a stare alla larga da un biografismo esasperato. Non aspiro ad essere forzatamente il protagonista dei miei brani. Al limite può interessarmi esserne l’attore non protagonista o il regista; gioco anche a non esserci o passare di lì per caso e magari cerco di essere più evidente nel modo di raccontare una storia o di osservarla. Non credo al cantautore come maestro di pensiero o di vita ma mi piacerebbe fornire un modo piacevole e diverso di guardare la realtà o i suoi tanti specchi. “Non sono mai stato qui” cerca di evidenziare il potere magico delle canzoni che permette di vivere o rivivere situazioni terminate o non realizzate evocando spazi,luoghi e tempi che si confrontano con la realtà senza farne direttamente parte.
L'album è abbastanza variegato e corposo, traspare che sei una persona ricca di energia e piena di voglia di fare, vitale e allo stesso tempo inquieta... ti riconosci in queste parole e più in generale sei soddisfatto dell'album, è venuto fuori come tu lo volevi? 
Sono assolutamente soddisfatto. L’album è anche meglio di come speravo; pur essendo un album pieno di ironia e energia inevitabilmente è uscita fuori anche tutta l’inquietudine di chi partecipa sempre molto attivamente a tutto quello che accade e gli accade. Naturalmente con il senno di poi c’è qual cosina che cambierei ma il senno di poi non è decisamente il mio forte….

"Sii sempre in crisi d'astinenza per dosi di ironia" canti in "Post amore", ma l'ironia è ben presente in tutto l'album, è per così dire la chiave per recepire  "il tuo sguardo" sul mondo?  E più in generale come nascono le tue canzoni, se parti dalla musica, da un'idea o da una frase...
Parto da un’idea. A volte è un’idea musicale; altre volte è un concetto che inizio ad esprimere a parole su un foglio. In ogni modo quando comincia a prendere forma il pezzo l’emozione di scrivere mi coinvolge totalmente finché la base del brano non è completa; questa fase che affronto con spirito di osservazione e autocritica perlomeno feroce è relativamente breve. Poi comincia un più lungo lavoro di perfezionamento e di verifica del pezzo nel tempo. Interpreto l’ironia come arma di legittima difesa da un quotidiano alienante e mi serve per dissacrare i tanti riti che ci siamo inventati per crederci protagonisti di una vita in realtà ormai quasi completamente delegata.

"La solitudine del clown" (in Equilibrio) è l'altra faccia della medaglia a ben vedere, la malinconia profonda che sta dietro alla maschera che fa divertire... quasi come se l'ironia di prima, lo sberleffo (e a cosa serve ricordarmi il tuo odore, non sono un cane non lo so! - Nancy) servano a celare, a mitigare la tristezza che uno ha dentro...
L’ironia, l’amarezza, il disincanto sono dinamiche che mi piace sfruttare in senso funzionale alle chiavi espressive delle canzoni però, in quanto appassionato di linguaggio e di umanità, non riesco a limitarmi al binomio canzone triste-allegra molto legata magari al “mi piace - non mi piace” dei social; mi spendo molto per farcire le canzoni di diversi livelli di significato per renderle sempre appaganti nel riascolto e nel tentativo di ispirare un respiro diverso nel parlare di musica; sono convinto però che per chiedere attenzione devi avere degli argomenti da esprimere. Non scrivo quando sono triste; scrivo quando sono particolarmente lucido.
Come vedi oggi lo stato della musica italiana, indipendente o meno, se ti piace qualcuno in particolare e cosa ne pensi dei talent o presunti tali.
I talent non mi interessano. Sono tornei di Karaoke ad eliminazione. Sono assolutamente lontano dal loro mondo che non mi interessa e attira. Mi pare che, con rare eccezioni, i personaggi che ne fuoriescono restino poi ingabbiati nella dimensione televisiva che li ha definiti. Invece ho molta stima di chi sa cosa voglia dire suonare in locali semivuoti, malpagati, lottare per guadagnarsi il rispetto di un pubblico che non ti conosce. Sogno un panorama musicale e radiofonico in cui scompaiano le patetiche riserve per le derelitte categorie degli emergenti, delle “nuove proposte” e forse anche degli “indipendenti”; vorrei che, magari a seguito di selezione anche feroce da parte di persone competenti, se un pezzo piace fosse mandato in onda in mezzo a quelli dei “soliti noti” senza problemi e che lo stesso accadesse nelle programmazioni dei festival e nelle attenzioni della stampa. In Italia sembra una cosa impossibile. Nei paesi musicalmente civili è un fatto normale che permette a tanti musicisti di vivere di musica. Da noi invece è il privilegio di pochi che, tra l’altro, sembrano preoccuparsi solo di essere sempre meno. Il migliore in circolazione secondo me oggi è Zibba.


Inevitabili progetti per il futuro, date live da segnalare...
Ora sto guardando cosa succede. Ho una grande voglia di suonare e mi sto preparando per un’estate che spero piena di concerti. Inoltre continuo a scrivere. Sarei molto contento se gli interpreti e i cantautori facessero pace. Hanno fatto grandi cose in passato. Poi il karaoke forse li ha confusi un po’. 

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