Valerio Piccolo da Caserta a New York dove si è formato da traduttore televisivo e cinematografico (ha adattato per il doppiaggio dialoghi dei registi David Lynch, Tim Burton, Ron Howard, Quentin Tarantino) nonché traduttore ufficiale e collaboratore della folk singer Susan Vega, rilascia questo “Poetry”, nove poesie scritte per lui da poeti, romanzieri e cantautori americani che ha incontrato nel suo percorso made in Usa (tra i nomi che hanno aderito al progetto, Rick Moody e Jonathan Lethem, il romanziere e critico musicale della rivista “New Yorker”, Ben Greenman), con la partecipazione di Neri Marcorè e del contrabbassista Ferruccio Spinetti dei "Musica Nuda". Ecco perchè potremmo definire Valerio Piccolo con un nuovo appellativo, magari di trasl-autore, chi lo sa. In fondo il suo lavoro è quello di tradurre poesie scritte in inglese e lo fa più che bene. Nonostante la band sia formata da Massimo Roccaforte e dai fratelli Gionata e Andrea Costa, violoncello e violino dei Quintorigo, la musica qui fa da sfondo a delle poesie che talvolta hanno forse la pecca, se così vogliamo chiamarla, di mostrare un linguaggio un po' desueto. La voce di Valerio non ha delle particolarità, non ha la profondità dei cantautori, ma una voce più “au naturelle” anche se risulta congeniale alla recitazione cantata dei testi poetici. Le canzoni fanno anche parte di uno spettacolo di teatro-poesia-canzone dal titolo “Poetry/Poesia”, scritto e diretto da Francesca Zanni. In scena, oltre a Valerio, a Massimo Roccaforte e ai fratelli Costa, vi è anche l’attore Ignazio Oliva.
“Ouverture”:
“Quando ho cominciato la lunga rivelazione dell'autunno, quando le
mie mani restano immobili, senza anelli” ed arpeggi a colorare
un'immagine, un paesaggio, un sentimento: “Voglio trapassarla con
le mani... seppellirmi così”... nuda, con silenti maracas...
“Pioggia Di Stelle”: un
velo jazzato, quella solitudine che fa molto Sergio Cammariere: “Tra
fiamme di macerie che ti attraversano gli occhi... tu vuoi il potere
ma gli attrezzi del gioco alla fine prendono fuoco”...
semplicemente...
“Ordine”:
un pop veloce mette in risalto il duetto tra
Valerio e Serena Ciacci un
comando di prepotenza... che però lascia poco il segno nel generale
contesto dell'album: “Eppure vorresti che questo tuo insistere
facesse nascere qualcosa che non è mai nato...”,
“Chiacchiere
Da Bar”: la “pura fantasia” dei pettegolezzi da bar: “Perchè
altro tu non hai che voci rubate in città, quello che tu hai sono
chiacchiere da bar e non è una novità...”. Chitarre,
xilofono e
la voce del nostro che è poco enfatizzata ma anche fin troppo
secca...
“Aspetto”:
chitarre a donare un funkettino, anche qui la seconda voce femminile
e la trepidazione dell'attesa di una telefonata, la sua: “C'è una
civetta che ormai canta da ore e chi si unisce al coro, ma l'unico
suono che riesco a sentire e la mia fede bagnata nell'oro”...
“Maledizione”:
poetica visione, in cui gli strumenti non fanno altro che cullarla,
con Neri Marcorè regala profondità al testo e all'intero brano,
quasi un'immagine fiabesca: “D'ora in poi camminerai in eterno,
d'ora in poi, trascinandoti dietro tutto quello che hai e dormirai ai
piedi di un telefono sognando una stanza, il mondo è una stanza”...
piace anche questo contrasto tra la rabbia delle parole e la vocalità
soave e rilassata dei nostri.
“Il
Guardiano Del Faro”: i violini descrivono una scena: “Fammi
vivere, fammi vivere al largo, abbraccio spazi dove l'acqua è bassa,
ma strano, sembra strano ma poi molto meno....”. Il contrabbasso di
Ferruccio Spinetti fa quello che vuole...
“Il
Barman all’Inferno”: “Un tempo ero un barman all'Inferno,
venivano tutti da me”... metafora ardita di un uomo legato ad un
mestiere meccanico che lo rende vuoto ed infelice. Un altro pop ed
un incontro inatteso, una bella immagine: “Di pennelli e colori ne
ho e migliaia di tele che il fuoco non tocca mai ma un tessuto che
brucia da solo, brucia di bianco, non ho altro che bianco”...
chitarre ritmicamente veloci...
“Sottozero”:
arpeggi decisi che si intrecciano con la dolce vocalità di Valerio:
“E' come tornare a scuola, nella vita che c'è di là, dove posso
ancora camminarti accanto ma non posso toccarti i capelli ed ho paura
di pensare che prima o poi non me ne importerà niente”... assieme
a “Maledizione”, uno dei migliori brani del disco, delicati i
passaggi strumentali.
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