Miqrà "Amor Vincit Omnia", la recensione dell'album

                                        


La band siciliana Miqrà pubblica il nuovo album dal titolo "Amor Vincit Omnia" (Jonio Culture) con la produzione artistica di Gaetano Santagati, ovvero l'esplicito "l'amore vince su ogni cosa" di virgiliana memoria. 

Il disco si apre con "Fuori tempo", leggiadre chitarre acustiche sono solo da supporto alla parte testuale e recitata: "Alle canzoni che le mie mani hanno deciso di non scrivere..." poche evoluzioni per un brano sui generis, senza un reale ritornello ma con archi sognanti a fare da sfondo ad immagini, ricordi, impressioni, storie... per chi è "fuori moda", per chi rincorre ancora la bellezza e i valori... stesse immagini impresse nella suggestiva ma più rockeggiante "Per farti dormire"... "e c'è un impianto nucleare sulla spiaggia in riva al mare..." solo "i ricordi", ancora una volta, sono consolanti per un mondo al contrario, dove quotidianamente è una lotta continua, una sfida che non ci fa dormire sonni tranquilli. 
"La catastrofe in me", il singolo dell'album, approda con i violini possenti, solidi. Poi fa il suo ingresso la 6 corde elettrica, ad arricchire una vocalità molto nitida e non effettata: "E tu respirando dall'aria mia, quel sapore un pò tossico che poi ci ucciderà..." come se in qualche modo fosse l'altra il suo male, perchè certe relazioni spesso sono tossiche e bisogna reciderle... la successiva "Un'infinità di meno" sembra un continuo del brano precedente, rievocando suoni country su una melodia molto malinconica "E anche se siamo diversi, diversi come due gocce d'acqua, non conosco la vita, non conosco la mia ma ho imparato a memoria la tua"... uno scambio di 'odori' tra le mancanze... e un "Ultimo frammento", narrata come una ballad, in stile "Ho imparato a sognare" dei Negrita. Il crescendo verso il chorus racconta il protagonista e la sua, appunto, crescita "senza falsa poesia e senza falso pudore". 

Gli anni '90 entrano in scena in "Niente", con le elettriche che sono un manto: "E non sento niente, perchè ho perso la voce", "hai confuso l'odore del manganello con il profumo dei fiori". A volte si cambia per non soccombere, per non morire, o semplicemente perchè non è un mondo per deboli. Il piano cupo in "Alice" e quell'atteggiamento pienamente Offlaga Disco Pax, che peraltro vengono citati, spiazzano: "Teneva il tempo con il tempo Alice, in un modo talmente fastidioso che imparai ad amarla". I Miqrà ci raccontano dell'antifascista Alice, dei suoi sogni, del suo mondo delle "meraviglie", del suo impegno. Nella seconda parte il brano muta pelle e diventa 'aggressive'. Si cambia registro in "Giorni invisibili": "Parlami dei tuoi giorni invisibili, della tua testa che cerca riparo nelle sue malattie"... la voce incerta, nuda, che si scontra con quella poetica di Francesca Fichera.  

"Ossa" è puramente rock, una nuova 'Cosa resterà di questi anni '80', questa volta dei '90-2000, come ci hanno ricordato più volte e per tutto il lavoro discografico Giovanni Timpanaro, Mario Giuffrida, Gaetano Santagati e Alberto Mirabella. Spezzando con la tematica, i nostri rivisitano completamente "Stranizza d'amuri" di Franco Battiato. Trait d'unione è il concetto di passato, di ciò che eravamo e ciò che siamo oggi, che non va mai dimenticato, perchè la storia, dovrebbe, insegnare, sempre. Sul finale arriva "Calicanto", un'altra ballad che scava nei cassetti, nelle tasche. Sta al compositore, al cantautore, all'artista tirarle fuori per dare vita a quelle emozioni. 







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