El cantante di Leon Ichaso




Dovremmo finire di distruggere tutto, per risolvere tutto? chiede con angoscia Jennifer Lopez (Puccy) a Marc Anthony (Hector Lavoe) sul finire del film... beh, purtroppo si, verrebbe da dire... infatti per risolvere tutto ci sono voluti quattro anni buoni, il tempo che il film sul “Re della salsa” arrivasse qui da noi in Italia... diretto e sceneggiato da Leon Ichaso.
Premettiamo, che il film non ha nulla a che vedere, con le solite biografie, delle rockstar in primis, a cui ci hanno abituato da anni gli autori americani e non, con i tormenti e la tristezza che accompagnavano le loro gesta, alla faccia del successo... e al sonno dello spettatore... forti del nome, sbattuto e “denigrato” in copertina... il re nudo, si sa, piace assai al popolo...  quindi... quindi questo film, almeno in Italia, lo vedranno in pochi, sia per l’appeal, decisamente poco, che può avere una star... della salsa... sia perchè questo film, non è affatto pruriginoso, non ha toni scandalistici... non è mainstream intendiamoci... nonostante la Lopez (qui anche in veste di produttrice) e il suo boy, giochino per tutta la pellicola a  John e Yoko, a Jim e Pamela, a  Syd e Nancy, a  Kurt e Courtney, e potrei continuare all’infinito... in quanto già la musica, la salsa... è una perfetta pregiudicante... perchè qui si balla, non ci si sottrae a questo compito... nonostante la droga... anzi, qui a maggior ragione, c’è movimento, evoluzione e anche introspezione, nonostante i ritmi, quasi ti impongano di andare a tempo... perchè...
Qui innanzi tutto c’è vita... espressa nei colori forti della fotografia, meravigliosamente trasposti anche da un bianco e nero inteso, nelle parti della Lopez che racconta la sua versione dei fatti... alternati in montaggio alle altre sequenze, passando dal ‘63 agli anni ‘80... il discorso non cambia... e il ballo, la gioia, il divertimento perchè no... sono fieramente impressi come un marchio a fuoco sulla pelle.
Nonostante il film sia una vera e propria apologia dell’autodistruzione... Ichaso, a differenza di altre biopic incentrate sulla figura della star di turno, bella e dannata che si lascia andare, lentamente e mestamente verso il crepuscolo... realizza un corpus narrativo misto, ben ritmato, senza l’incalzare tipico dei momenti che spesso annebbiano la fluidità narrativa, ovvero l’inevitabile decadenza del protagonista... o il suo assurgerla a mito... evitandone l’autocompiacimento tipico del genere. 
Qui la storia parte, un pò banalmente a dire il vero dalla fine, come espediente narrativo, con un punto di vista soggettivo, che le immagini giocano a volte a contraddire, ma non scade mai nella autocelebrazione e i primi piani sono emozionali e non gratuiti, e ben funzionali alla storia, così come praticamente tutte, le scelte prettamente filmiche, atte a rendere giustizia alla storia di per se... una regia dunque, che risulta efficace e con uno stile proprio... aiutata da una splendida fotografia, che passa senza colpo ferire da una tonalità all’altra, che sembra quasi divertirsi a esprimere colore e calore... soprattutto per le scene che riguardano le esibizioni dal vivo.
Ottimamente sviluppati poi i tormenti del protagonista, quello che si cela dietro la maschera e il perchè la maschera stessa, gli rimanga dentro, ben appiccicata... ma senza indugiare troppo, quasi con garbo e rispetto, verso il dolore vero.
Un film in sintesi, ampiamente riuscito, con un’ottima prova attoriale, una regia superba e una fotografia davvero di gran classe e su tutto una sceneggiatura senza tempi morti... tutte qualità che raramente si incontrano nei biopic, a cui siamo abituati, che autocelebrano se stessi, la loro messa in scena, in quanto “espressione filmica artistica della star di turno".

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