Paolo Benvegnù-Hermann

In un’intervista rilasciata poco tempo fa, Paolo Benvegnù, rimarcava il fatto che lui non ce la facesse proprio a cantare il “quotidiano”, “di problemi di tutti i giorni per così dire” o ancora di “osservare la realtà”...  e pur rimarcando i meriti dei colleghi... che per così dire si addentravano nei bassifondi... io aspiro al meglio, all’assoluto... io canto di cose alte...  ebbe a dire.... e come dargli torto... da aggiungere.... 
Herman, suo terzo lavoro solista, è un disco complesso, che ha bisogno di ascolti vari e ripetuti, per afferrarne il senso o quanto meno percepirne l’essenza... un disco spigoloso, difficile, quanto meno per quanto riguarda i testi, tanto è  strabordante di riferimenti letterari. 
Leggenda vuole che “Hermann” sarebbe  ispirato ad un omonimo manoscritto, ad opera di tal Fulgenzio Innocenzi, ingegnere meccanico di Lucignano (Siena), noto per i suoi studi sulla scrittura ottica e sulla meccanica di precisione, che scrisse il suo unico romanzo prima di scomparire misteriosamente incrociando a bordo di una baleniera al largo delle coste giapponesi intorno al 1970.
Si sappia or dunque, che Benvegnù ha confezionato un lavoro di infinita bellezza, un lavoro di ricerca, che passa dalla musica, che pur non distaccandosi troppo dai suoi precedenti lavori, compie un notevole passo avanti, per quel che concerne le soluzioni strumentali o la composizione di per se stessa,  ai testi, che a dire il vero non hanno niente di criptico, sono solo alti, appunto... non facili... tendono all’assoluto.... e domande e risposte si sa, in una tale ricerca vanno a braccetto contraddicendosi da buone amiche... per un lavoro che parla direttamente al cuore con poesia, dove le contraddizioni e i linguaggi se valgono... fanno la fine che meritano... ovvero, ci restano, dentro al cuore:




“Il Pianeta perfetto”: atmosfere delicate per questa apertura, chitarre appena accennate, come sussurri, strumenti che entrano leggeri, quasi non volessero disturbare... una sensazione quasi di intimità:
“Basterebbe un aiuto per distinguere il tempo perso da quello vissuto, vedrai che alla fine non potrai, dirlo a nessuno...”

Moses: è il Benvegnù che meglio conosciamo, in questa traccia, l’irresistibile miscela di chitarre che avanzano, divaricando pudori, a forza di parole vere:
“infliggi le regole... distruggere per costruire...”

Love is talking:”e poi venne la notte” quasi a ribadire l’idea di concept...  è la batteria che incessante trascina il brano, fino al ritornello in inglese... il motore del brano, colorato dai synth e dalle chitarre funzionali e raffinate... “e poi inventammo Dio”
“e violentammo anche noi per non sentire la fame...”

“Avanzate ascoltate”: Ballata per pianoforte e violini, sostenuta dalle chitarre acustiche, a rimarcare l’urgenza delle parole... uno dei brani più lirici e incisivi, che sfuma in leggere dissonanze che ne arricchiscono il pathos:
“e non dimenticate le parole degli ultimi respiri e cominciate a respirare e illudervi di apprendere la verità degli uomini... “

“Io ho visto”: come da titolo, ci si aspetta una sorta di elenco... e un non so che di “cantautorato”... qui Benvegnù non stupisce, ricalca consapevolmente questo stilema... ovviamente snaturandolo con grande classe all’inizio e regalando una seconda parte  da brividi.. con le chitarre elettriche a punteggiare amabilmente un tappeto ricco di suoni: 
“e ho visto gli uomini ridere di niente scalciando i cani, ma la mia vita canta d’amore, la mia vita è pazza d’amore...”

“Andromeda Maria”: il primo singolo... già perchè anche Benvegnù... ad  avercene di classifiche con il valore di singoli come questo...  tralasciando l’appeal pseudo radiofonico del brano in questione... dove tutto si confonde a partire dal testo... per generare nient’altro che vita... “sono pazzo di te disse l’uomo...” classico per così dire nel suo stile... sfuggente come le melodie che regala ogni volta, Benvegnù ricerca quasi la confusione di termine e suoni, trovando una splendida amalgama in un paio di stop and go ad ampia presa, prima del ritornello, che accrescono la liricità del brano:
“e seguire ogni cosa perchè non si possa afferrare... come i fiori che baciano gli alberi e amare ogni cosa perchè non c’è altro da fare”

“Achab in New York”: Con una partenza alla Giorgio Canali in certe ballad di “Nostra signora della dinamite”... con altro piglio si intende, con il pianoforte subito protagonista... mentre si resta in attesa... che tutto in qualche modo deve esplodere, con l’entrata delle chitarre elettriche e della batteria, ma servono a tessere le suggestioni evocate dal nostro... come per rifletterci su... un fischiettio chiude infatti il brano:
“la febbre è così dolce la vita è avara, non dare alcuna spiegazione”

“Sartre Monstre”: una ritmica tendente al jungle e tastiere post rock anni 80, ci catapultano letteralmente in una parabola discendente che si può toccare, nell’atmosfera evocativa che si disfa nelle parole e nelle melodie “oblique” del ritornello e delle chitarre elettriche a far da contrappunto: 
“ che cosa vuoi perdere se tutto sembra inutile...”

“Good Moring Mr Monrie: fra Joy Division e New Order in un ipotetico incrocio ideale, col ritornello  in inglese,  elettronica curata e sottotraccia che fa molto albori new wawe...
“ dominando il nulla il passato non si cancella ma si doma con la masticazione”

“Date fuoco” : Continua il discorso musicale del brano precedente... l’elettronica è ancora al servizio, funzionale all’uso... le trovate melodiche ci immergono in piena new wawe, con trombe sulfuree ad arricchire il contesto:
“è stato semplice eliminare l’uomo per le macchine...”

“Johnny and Jane: chitarra “liquida“ e batteria che gioca sui tom, a condire questa struggente ballata, nella quale Benvegnù tratteggia i personaggi quasi con affetto, accompagnandoli per una nuova esistenza:
“ e lui sa che tutto è vero, che lei non tornerà mai più..”

“Il mare bellissimo”: nervosa, concitata “mi coprì gli occhi per non farmi prendere... ma fu impossibile”...  il solito grande Benvegnù, che dopo il primo ritornello, da una dimostrazione di un arrangiamento con tutti i crismi... a lezione dal maestro... inserti musicali quasi a distrarre dal tema principale melodico per farlo rientrare prepotentemente con il martellante ritornello:
“ un viaggio senza destinazione significa... destinazione”

“L’invasore” : un’altra tenera ballata per voce e chitarra, scritta e cantata da Andrea Franchi, ( quasi a voler rimarcare i l fato che i "Benvegnù" siano una vera e propria band)...chiude questo terzo gioiello della discografia solista del maestro Benvegnù, che prima come leader degli Scisma, e adesso in solitaria, non ha mai sbagliato un solo colpo:
“è duro indebitarsi pensando che niente è tuo... è mio”

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