Verdena “WOW” – Il Pianoforte Rock




A tre mesi dall’uscita di WOW e dopo aver ottenuto un egregio riscontro da parte di pubblico e critica; nel bailamme generale di opinioni entusiastiche, confuse, pessimistiche, negative, stravolte, una cosa è certa: apprezzabili o meno, i Verdena ci hanno stupito anche questa volta.
Come hanno fatto? Semplice (si fa per dire), inventandosi il pianoforte in chiave rock.
E sebbene possa sembrare un’affermazione tanto banale quanto ovvia e scontata, ci sembra giusto chiarire la faccenda e approfondire la questione.
Già, perché è proprio questo il nodo cruciale della faccenda. Lo stesso che ha commosso i fans e fatto storcere il naso ai detrattori. 
Ponendo il pianoforte elettrico al centro dell’attività compositiva, in dosi massicce, al fine di ricercare una nuova musica, alternativa e psichedelica, i Verdena hanno compiuto un’operazione tanto facile quanto impensata “togli la chitarra e metti il pianoforte” e il gioco è fatto.  Poi bisogna sviluppare ber bene l’idea di base, ma questa è un’altra storia. Ciò che qui interessa non è sapere se ci siano riusciti o meno, poiché si entrerebbe nella sfera del gusto personale. Ciò che interessa è fissare un concetto in modo chiaro e preciso: da oggi in poi esisterà una nuova faccia del rock alternativo italiano, bella o brutta che sia, e non potremo fare a meno di guardarla, osservarla e perché no, farci anche sedurre.  
E’ pur vero che i Verdena già avevano aperto le porte dello studio di registrazione al pianoforte, fin dai tempi di Solo un grande sasso. Ricorderete infatti “Nel mio letto” con Manuel Agnelli (Produttore dell’album) a districarsi ai tasti... “giocavamo a fare i Beatles e…” dichiarò all’epoca Ferrari. Ma alla fine c’è voluta una gestazione lunga dieci anni, durante la quale hanno esplorato quanto più hanno potuto e voluto, le sonorità di uno standard rock trio, fino a partorire quella totale evoluzione stilistica e creativa di chiaro impatto stooner che già si avvertiva nell’aria di Requiem. E tutto ha un prezzo. E a farne le spese è stata, come già detto, la chitarra, divenuta quasi un surplus, uno strumento secondario. Scalzata dal suo ruolo di protagonista e per di più relegata ad apparire fulminea e lacerante, ci lascia solo qualche brivido, qualche sensazione e soprattutto ricordi appartenenti agli album precedenti.
Lo stesso Alberto Ferrari ebbe a dire che l’esigenza di approfondire un tipo di approccio pianistico è derivata da una sorta di noia che la chitarra gli provocava, con quegli accordi che sembravano sempre gli stessi.
E mai scusa fu più adatta per rinchiudersi dentro l’ormai leggendario Henhouse Studio, per circa tre anni, a studiare, comporre, produrre e infine trasmetterci tutto nella sua interezza e compiutezza.  Un pianoforte rock, distorto, che disorienta, che crea inquietudine, che scardina la convenzionalità di certe pratiche ormai desuete.

Inaspettato e inatteso, stravolge le certezze, aprendoci la porta verso nuovi orizzonti. Sembra quasi, per usare una biblica metafora, che questa volta i Verdena non si siano smarriti per sbaglio, ma abbiano proprio deciso di andare da tutt’altra parte uscendo volontariamente fuori dal gregge, perdendosi nei meandri di terre sconosciute, alla ricerca di frutti freschi, nuovi, odorosi, di certo non proibiti ma altrettanto gustosi.
Un’esperienza sensoriale che delimita il campo tra ciò che appartiene al passato e ciò che ci si deve aspettare per il futuro.
Un pianoforte rock che ci ha stupito e che ci incuriosisce, ora più che mai, sempre di più. Non è infatti una questione di complessità dell’esecuzione poiché il pianoforte viene utilizzato in modo molto rudimentale.

Il “segreto del successo” sta nella classica modalità compositiva della band che definirei un puzzle tridimensionale di micro invenzioni che vengono sovrapposte, affiancate, incrociate fino a formare l’omogenea linearità del tutto. Idee su idee, efficaci e talvolta geniali, dobbiamo dirlo, che nell’insieme deformano la stessa idea di pianoforte, nella sua accezione classica, trasformandolo in uno strumento inusuale, senza altra definizione di merito.
Un pianoforte rock, innovativo e sperimentale che, sembrerà banale, ma ci fa dire proprio “wow!”

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