Inutile girare attorno al solito ritornello che accompagna Cristian Bugatti, in arte Bugo, dalla sua entrata “e paradossalmente” (ma ovviamente) uscite mainstream di questi ultimi anni... non è più il Bugo della “Prima gratta”, di “Sentimento Westernato” e via di questo passo e “piedi sulla merda” a iosa... bene!!!
Non lo è più, quindi è inutile ribadiamo, attendere un qualcosa, che inevitabilmente per l’artista in se, rappresenterebbe oggi, un passo indietro... e quindi concentriamoci sul suo nuovo percorso artistico, passando da Giorgio Canali a Mr Stilophonic per arrivare a Saverio Lanza, deus ex machina di questo “Nuovi rimedi per la miopia”.
Il nostro infatti, cerca qui, in questi dieci brani, una possibile sintesi fra i suoni del Canali più morbido e le raffinatezze elettroniche di Fontana, che vengono naturalmente filtrate dalla sensibilità artistica di Lanza.
Quello che ne esce, è un lavoro sostanzialmente pop, dove tutto è ben curato, ma da non risultare troppo patinato, un lavoro maturo, che ha si qualche brano minore, ma nel contempo ci restituisce un Bugo “uomo”, riflessivo, amaro... sicuramente cresciuto, spirituale e positivo per la voglia di mettersi in gioco... che resta comunque disincantato, “outsider” per sempre.
Non crediamo che al Bugatti possa tanto interessare “il grande circo pop” e “il fantomatico giro giusto” in cui “canticchiava” di volere entrare qualche anno fa... è sostanzialmente sicuramente cresciuto, maturato ripetiamo, ha levigato in toto gli eccessi, sia in fase di scrittura che di arrangiamenti... e ha finito col mandare alle stampe, direttamente dall’India, dove si è trasferito, il disco pop, che tanti osannati pseudo talenti di casa nostra, cercano di fare da anni, facendolo comunque a modo suo, con stile 2000, classe naif e tanta sostanza:
“Non ho tempo”: Brano che apre questo ottavo lavoro del cantautore e parte da dove il nostro aveva terminato tre anni fa, ovvero ritroviamo l’ultimo Bugo, quello reduce dall’esperienza “dance” con Stefano Fontana alla produzione, inserendo tuttavia delle apprezzabili e decise dinamiche rock nel ritornello, a suggellare l’urgenza immanente, espressa nel testo:
“non ho tempo di capire se sia migliorabile la situazione, non ho tempo di finire di ascoltare la canzone...”
“E ora respiro”: pop leggero e armonioso, arricchito da elettronica certosina, raffinato e orecchiabile, Bugo, canta “la sua liberazione”, con una citazione smaccata, involontaria o meno di Raffaella è mia di Tiziano Ferro nel ritornello, per quanto concerne la melodia:
“... e torna sul mio volto quello che mi hanno tolto, il mio sorriso...”
“I miei occhi vedono”: primo singolo e davvero possibile hit, questa ballad ha infatti tutti gli ingredienti giusti, al posto giusto, con un testo trasognante e romantico ma non banale e un ritornello magistralmente melodico, arioso, di gran classe:
“perchè sentirsi giù ora che la finestra è aperta, sia lodato chi ti ha inventato... ora i miei occhi vedono perchè vedono te”
“Mattino”: pop colorato e un pò leggerino a dire il vero, questo brano, arricchito dai synth, melodicamente ineccepibile, dove il Bugatti cerca in tutti i modi di convincere l’amata ad alzarsi dal letto e che potrebbe al fine e tuttavia risultare un altro potenziale singolo:
“sveglia amore mio sto dormendo anche io, ma il mattino ha bisogno di noi...”
“Il sangue mi fa vento”: ancora ritmiche pop/dance sulle quali Bugo però qui, almeno a livello testuale è il poeta metropolitano e naif che molti hanno imparato ad amare ai suoi massimi livelli:
“voglio partire, mi spavento, il sangue mi fa vento”
“La salita”: un Bugo lucido e risoluto per questa traccia che risulta essere un onesto brano pop/rock, melodico e accattivante il giusto e ben strutturato:
“e come son veloci le persone che incontro, forse perchè scendono e non se ne accorgono”
“In pieno stile 2000”: loop e chitarre marcatamente rock, che si intrecciano per un perfetto e riuscito connubio, “con il Bugatti che torna a consumarsi”:
“in pieno stile 2000 mi sto consumando, non so come andrà a finire ma so come sta cominciando...”
“Comunque io voglio te”: “Che diritti ho su di te” parte seconda, aggiornata al nuovo stile si intende, quindi carica di orpelli, suggestivi e ottimamente funzionali, per una traccia ricca e corposa, una delle vette del disco, con un bridge che alza l’asticella e ci restituisce l’artigiano Bugo al pieno della sua verve e del suo talento:
“anche se ti sembra che non sia così, io voglio te”
“Lamentazione nr 322”: “Signore resta con me, ora che mi affaccio sul balcone”, queste le prime parole... “Io grido a te ma non rispondi”... dopo “Vorrei avere un Dio”, il nostro ritorna decisamente “ più seriamente” sul luogo del delittto, affidandosi stavolta completamente ai suoni elettronici, per un “lamento” che assume a tratti connotati quasi jungle:
“Io ti sto chiedendo aiuto... non ti dimenticare di me”
“Città cadavere”: Spirituale e lucido, Cristian affida a un blues sporco, suggestivo e strumentalmente impreziosito, la sua risposta alle invocazioni della traccia precedente, mantenendo il tono solenne di un pensiero consapevole e onesto in primis con se stesso, ambizioso nello sguardo e sincero fino in fondo:
“tutto è immobile come aria di cimitero... ma perchè il cielo è tutto nero? Qui Dio non c’è”
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