Dannato Vivere - Negrita



Coi due precedenti lavori, “L’uomo sogna di volare” e “Helldorado” i Negrita si sono definitivamente staccati dal suono classic rock, che li aveva caratterizzati sin da gli esordi... le loro per così dire esplorazioni sonore erano andate avanti in diversi ambiti negli anni, spostando i suoni verso la psichedelia e poi verso suoni pop/rock decisamente più FM... quindi sempre restando in ambito squisitamente rock.
Siamo dunque al capitolo 3 vero e proprio del nuovo sound di Pau, Drigo e compagni con questo “Dannato Vivere”... e la curiosità era tanta... il punto era, ce l’avranno fatta stavolta i Negrita a centrare il bersaglio grosso, dopo comunque due più che discrete prove? A fare cioè un salto qualitativo e soprattutto di coesione di intenti importante? 
La risposta purtroppo è in parte negativa... in quanto la band vira la contaminazione decisamente verso il pop ma senza avere la forza dei singoli che contraddistinguevano “L’uomo sogna di volare” e perde l’urgenza espressiva e la forte contaminazione di “Helldorado, che davano ad un album comunque discontinuo, "una sua coesione di fondo”... Discontinuità e mancata coesione, fanno si che a chiudere questa cosiddetta trilogia sia l’anello più debole, questo “Dannato Vivere”, che mostra i suoi limiti più evidenti condensati nella titletrack stessa, che denota la mancanza del coraggio di osare, che si può riscontrare in molti brani, quello, di cui forse i nostri avevano addirittura abusato precedentemente. Un lavoro comunque anche questo, ampiamente sufficiente. 
Fatte salve queste premesse, c’è comunque da dire che i Negrita musicalmente sono dei mostri e lo dimostrano ampiamente ancora una volta, così come i testi di Pau sono abbondantemente sopra la norma a parte qualche piccola concessione a facili rime qua e la e non mancano brani perfettamente riusciti come “Per le vie del borgo”, “La Musica leggera è potentissima” e “Panico”... e non si sta dicendo che il resto dell’album non sia comunque un lavoro gradevole... si vuol solo ribadire che per le loro potenzialità questo album è sicuramente un passo indietro rispetto ai due precedenti e che dai Negrita è lecito aspettarsi decisamente qualcosa di più:


“Junkie Beat”: con un riff martellante e orecchiabile e le sue variazioni si apre questo nuovo capitolo Negrita a tempo di beat ovviamente pervaso da atmosfere on the road:
“Nella testa carta pesta e questa pista si è allagata di sudore e marmellata, ma stà notte va così e tra vampiri in minigonna e pezzi di madonne ballano gli zombie dentro di me 
E mentre la città si fa il suo trip mi brucio l’anima sul junkie beat”

“Fuori controllo”: ancora un beat ben sostenuto, con venature rock, pulizia del suono e orecchiabilità e i cori che inneggiano al titolo... (secondo singolo non a caso)  fuori controllo, perchè “c’è chi è morto e non lo sa” :
“Appeso a un filo di lana col cuore che chiama comincio da me”

“Brucerò per te”: il primo singolo è una moderna pop song, che può contare su splendidi inserti chitarristici e di piano, sicuramente riuscita, peccato solo per certe rime che possono apparire scontate a prima vista, ma sono solo il frutto sincero del grido di dolore di Pau:
“E ora, amore, dopo una vita cosa pensi che ti dica? 
Sei l'aurora boreale sei la luce che squarcia il mio vuoto banale” 

“Immobili”: andamento reggae, molto contaminato e ricco, per questa traccia che viene impreziosita da piccoli dettagli strumentali e che in un certo qual modo è da ascrivere al recente percorso intrapreso da qualche anno da parte della band, di avere un suono caldo e mediterraneo:
“C’è una guerra che mi fa paura una crisi che non si risolve, 
vedo gente che sta male, come me, come me...se guardo in alto vedo sfuocato, se guardo in basso rischio di cadere giù sto correndo, ma sono fermo, mi sto muovendo però rimango immobile”

“Per le vie del borgo”: ancora una pop song, perfettamente calata nella realtà, ritmica trascinante e le solite splendide chitarre a fare lavoro di fino, uno dei migliori brani del lotto:
“Tra le chiavi che non girano. Soldi che non pagano. Vite che si svitano. Frasi che non spiegano. Fari che si spengono. Su strade che non portano..... E per le vie del borgo dal ribollir dei poveri va l'aspro odor di zolfo le anime a rallegrar”

“Il giorno della verità”: coi synth a inframmezzare le strofe, che ricordano in lontananza i Liquido di Narcotic, una ballad pop ariosa, melodica, che evidentemente a livello testuale, prosegue il discorso iniziato con Brucerò:
“Non credere alle favole, ma neanche alla realtà. A tutti quegli scrupoli che non ti fanno vivere. Non perderti mai niente che tenga in vita questo fuoco. Illuditi convinciti che no: tu non ti brucerai”

“Dannato vivere”: la titletrack è paradossalmente uno dei brani minori dell’album, carente sia musicalmente, piatta e banale... il pop su cui i nostri si sono mossi fino ad ora infatti aveva comunque un respiro per così dire internazionale, qua si resta francamente ancorati all’Italia... che a livello testuale, dove a parte alcune frasi come quella che citiamo giù... il resto è abbastanza da dimenticare:
“E sento il peso delle stelle che non ho afferrato mai. Però è qualcosa che ho provato e una volta tornerò”


“La vita incandescente”: fra sonorità tardo anni 80, che melodicamente nelle strofe, ricordano persino Antonello Venditti... e Cristi personali, scivola via anche questo brano, piacevole nel suo insieme,  anche se non osa, almeno per quanto riguarda l’arrangiamento e gli stacchi strumentali... si salva grazie soprattutto a un buon testo e all’ottimo ritornello:
“La vita è incandescente… è istinto primordiale. Chi non si è fatto male… non l’ha… vissuta mai”

“Un giorno di ordinaria magia”: a tempo di reggae, con gli ottimi soli di chitarra che sembrano potenziare le parole dei ritornello per raccontare e celebrare ancora una volta la vita on the road:
“Giorni di un’estate indiana. Respirando queste strade. Labrea… Downtown… E colline che versano sound. Tra i lampeggianti e le sirene. Ed il vento nelle vene”

“Bonjour”: tornano le ritmiche beat, immerse in atmosfere e cori anni 60, il brano si fa notare per la sua solarità e positività sia nel contesto musicale che testuale:
sveglia amore è festa e il cielo è blu 
bonjour 
e l'inferno dell'inverno non cè più 
bonjour...bonjour 

“La musica leggera è potentissima”: una vera e propria risposta alle critiche “ingiuste” subite per il passaggio dai suoni rock classici degli esordi, a questi più contaminati e morbidi... musica leggera potentissima, se volete proprio trovare una definizione, cantano i nostri... e hanno ragione e questo brano è un vero e proprio manifesto del continuo del percorso “di trasformazione” che i Negrita stanno coraggiosamente portando avanti: 
Quale beat? Quale sound? 
Quale suono ti porta qua? 
Quanto pesa un'anima? 
Quanto peso ha la musica? 

“Panico”: altra ottima traccia, che sembra riassumere “i generi” citati nella traccia precedente, si parte ancora infatti con un beat sostenuto, ma c’è spazio anche per inserti ska e anche punk... il testo è di una splendida lucida ironia e sguazza felicemente sulle nostre cosiddette aperture mentali nei confronti “degli altri”... del resto fosse solo per noi, non ci sarebbero certo problemi:
“Sul tuo volo per Londra c’è un signore al tuo fianco. Sulle testa ha un turbante, in tasca cosa avrà? Panico! Da grande esodo, da mondo piccolo. Che ha già preso la corsa e non sa dove va”

“Splendido”: ultima traccia e non poteva che essere una classica ballad, sull’innamoramento... intensa e sincera, con un’epica fuga strumentale degna di nota:
Quando arriva l’amore a spaccarti la vita in un attimo…. Buona fortuna e sia… Splendido

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