Il sangue - Vincenzo Fasano



Gran bell’esordio per Vincenzo Fasano, un cantautore che si mette subito sulla giusta strada e di cui ne sentiremo parlare in futuro, soprattutto se manterrà le promesse contenute in questo primo album.
“Il sangue” è infatti un’opera prima di sicuro impatto, specialmente, per la voce del nostro, graffiante, sgraziata, maledettamente incisiva, particolare, che non può davvero non colpire... le parole che canta sono lucide e mai banali e soprattutto hanno il dono della sincerità, a volte brutale ma necessaria, che lasciano inevitabilmente il segno.
Un disco “emozionale” dunque, che per quanto concerne la musica si affida a delle variazioni di tango arricchite di volta in volta, da svariate suggestioni etniche e dai profumi della musica popolare in genere.
Gli arrangiamenti sono volutamente scarni e mirano costantemente all’essenziale, per quello che appare come dicevamo all’inizio, un lavoro di grande impatto emotivo e da cui è lecito aspettarsi un degno successore, viste le potenzialità del nostro, magari contaminando e affinando ancor di più la ricerca musicale.

“Non ritiro quel che ho detto”: un beat popolare con la chitarra a disegnare un tango sporco, con begli effetti sulla voce, ora roca e urlata, ora profonda per un grande inizio:
“credimi credimi credimi non chiedermi consiglio evitami, non vedi che son solo, quello che è rimasto di me”

 “Il sangue”: la titletrack si apre sulle armonie musicali della traccia d’apertura, per spezzarsi nel ritmo e dilatarsi nella seconda parte,  con la voce ancora in primo piano, che ricorda inevitabilmente Rino Gaetano:
“ma chi l’ha detto che i sogni non costano niente...”

 “Mal d'Africa”: intensa e struggente ballad  per voce sofferta e chitarra acustica, con un finale in crescendo nella ripetizione “è c’è chi per l’onore non si è ucciso” ad accrescere il pathos:
“sai è improbabile che tu riesca a vincere la malinconia quella stessa malattia che ci univa e sapeva cosa dirci nei momenti sbagliati come questo mondo”

 “Paiettes”: un inizio ad ottavi che nasconde un tango con la fisarmonica in evidenza, per un brano che si colloca a metà strada tra Capossela e Mannarino, molto convincente:
“ma che bel vestito di paiettes, a tutta la festa la testa farà girar...”

 “Uccidere per combattere”: “inciampare, cadere rialzarsi e camminare”...  quasi un combat folk, urlato e ironico, impreziosito ancora una volta dalla fisarmonica:
“ah che fatica stare tra gente divertente parlare ore di niente...””

 “Se fossi in me”: l’ennesimo tango, acustico, con il piano a legare stavolta le armonie:
“signori si nasce e tu non so, non tutti i colletti bianchi sono così potenti...”

“La sindrome di stoccolma”: una variazione sul tango per una struttura lineare, fino ad un’evocativa coda musicale quasi psichedelica:
“strano vivere come un’ hostess senza trucco, un narciso senza specchio, un vecchio che guarda un vecchio...”

 “A bocca aperta”: “variazioni ancora sul tango e sulla musica popolare”, per questa traccia molto ben arrangiata, con pregevoli inserti di batteria e un'aria sudamericana:
“chi muore senza conoscere l’amore, non può dire di avere vissuto...”

“E' come un gioco”: ballad per chitarra e pochi orpelli, ad alta emotività, dove è la voce la grande protagonista, spezzata e profonda:
“ è come un gioco fatto di pieno, fatto di vuoto...”

“Il farmaco etico”: sicuramente uno dei brani migliori,  che parte con la voce assoluta padrona, su una chitarra, per presto arricchirsi, con un arrangiamento orchestrale da brividi, atmosfere balcaniche, che sommate alle parole sempre incisive, chiudono come si deve questo riuscito esordio:
“è andata così... tenetelo fermo che con un calcio gli rompo i denti all’orgoglio”

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