L'ora dell'ormai - Bobo Rondelli



Ottavo Padiglione, Stefano Bollani, Roberta Torre e Paolo Virzì... ma anche e soprattutto Piero Ciampi... se c’è infatti un nome in primis da citare, prima di accingerci a parlare di questo nuovo lavoro di Bobo Rondelli, è senz’altro quello del suo concittadino, “Piero l’Italiano”... per la poesia semplice e ricercata al tempo stesso, per l’intenso timbro vocale, per Livorno, per l’ironia amara, per le atmosfere evocate... ma queste sono cose che tanti volendo hanno già detto, come la carriera del nostro, che si può facilmente distinguere in un prima e un dopo, dagli Ottavo Padiglione, tra folk, pop, reggae, patchanka, alla scoperta del jazz con Stefano Bollani, a quella tra virgolette parallela e cinematografica, che lo ha visto autore di colonne sonore, attore, per la Torre e l’amico Virzì ma anche altri... ma a ben guardare anche queste cose sono o saranno state dette o scritte da qualcuno in qualche luogo, virtuale o meno.
Ciò che conta adesso è parlare di questo “L’ora dell’ormai”, un album che porta “l’amara e sincera poesia” alla Ciampi, con tocchi alla Bollani, in pieno territorio filmico, tanto è denso l’immaginario del suo autore, che ci appaiono di colpo reali, le sue pennellate sul pentagramma.
Come per dire che non avevamo fatto “così tanto per”, i rimandi di prima.
Chiaro scuri, dove il ruolo della donna amata e perduta viene come trasposto, ora nelle forme perfette della “natura”, ora nella salvifica “musica”, ora “nei figli, intesi come futuro o paradiso perduto”, ora nel ruolo dei soldi nella società odierna, confacente ad esprimere anche qua, o semplicemente a sfogare “l’abbandono”.
Un album di una poesia disarmante, che ha il dono della semplicità e che si lascia ascoltare con piena fruibilità, grazie all’apporto di mirabili suggestioni armoniche e arrangiamenti deliziosi, in un soft jazz d’autore di base, che si concede incursioni nel country, nel tango, nella musica popolare. 
Ma soprattutto "Un album “vero” di un artista “vero”.

“Per amarti”: spruzzate di jazz e con la fisarmonica a cui sono demandati gli stacchi musicali, si apre questo nuovo capitolo targato Bobo Rondelli, un brano piuttosto lineare, semplice nella sua costruzione armonica, eppure evocativo nelle atmosfere ricercate e nella splendida voce profonda, che canta le sue pene amorose:
“ per amarti che ti lascio andare posso solo soffocare la tua bellezza scalda il cuore”

“L’albero” : atmosfere country, con tanto di citazione di Sergio Endrigo, per una tenera dedica d’amore... dove possiamo notare, il ruolo armonioso della natura frapposto e nello stesso tempo contrapposto all’amore, che non c’è più :
“Nulla senza di te, sarebbe quello che è”

“La giostra”: incedere folk, con belle aperture melodiche e la profonda voce del nostro ben in evidenza, un brano che ha in se, “una sua leggerezza”... mista però a una certa inquietudine, che viene dal senso “tra le parole” e da certi accordi minori, che finiscono col donare al tutto, “una vera e propria consapevolezza”, dell’ineluttabilità della giostra: 
“gira la vita, c’è chi scende e chi sale, dalle stelle un particolare”

“Canto di un padre”: jazz appena accennato, giocato su un arpeggio di chitarra quasi sussurrato, per questa poesia di un padre per il figlio, con scambio di ruoli annesso o potrebbe essere addirittura l’autore che si rivolge al se stesso bambino, invocandone il ritorno e la purezza: 
“oh mio bambino stammi vicino e portami via”

“Sporco denaro”: su tipiche dinamiche da “banda di paese”, il nostro traccia un feroce ritratto sociale, pienamente azzeccato, sicuramente uno dei brani più efficaci del lotto:
“maledetto vile sporco denaro, anime blindate col conto pieno, dolce l’amore, la follia è leggera e il dolore costa di meno”

“Angelo azzurro”: con un organetto ripetuto al quale danno respiro i cori e il lirismo della voce del nostro, Rondelli “sembra” giocare sul nome del famoso cocktail e un’ipotetica donna angelica, che potrebbe essere anche la musica stessa, a seconda delle interpretazioni:
“tirami fuori dalle osterie prendimi e portami via da questo naufragio di lacrime”

“Livorno nocturne”: sensuale tango supportato adeguatamente dagli assoli di tromba, che va via sfumando, lasciando le luci a un recitato incisivo e fumoso, dove Rondelli da il meglio di se:
“di notte a Livorno piove sempre anche se non si vede, lacrime che bagnandomi il viso mi dicono che anche io dovrò morire”

“Bambina mia”: quasi a voler riprendere il tango notturno precedente, questo brano porta sicuramente nuovi colori di speranza nelle parole di un padre, stavolta alla figlia ed è come se dal buio fondo della notte ci si ritrova ancora con gli occhi posticci ad aprire le finestre e scorgere i primi barlumi del sole, il tutto è impreziosito dal passo da “piccola orchestra” del finale, che aggiunge quasi vigore alle splendide parole del testo:
“da gli occhi tuoi io riderò il mondo che ti lascerò”

“Franco Loi”: recitato, interamente in dialetto "milanese" e senza musica, dallo stesso Loi, che fa da preludio alla traccia successiva:
“si a me delle donne, l’amore, quei loro misteri, tutto mi piace...

“Si a me delle donne”: tenera ballad al pianoforte che sembra procedere a colpi di carezze, per un’elegia al genere femminile, “nonostante tutto”:
“e perfino quel niente che ti rimane e ti abbracciano e se ne vanno via lontano”

“Tu mi fai cantare”: ancora un’altra ballad, con la chitarra stavolta come elemento predominante, dove compare l’equazione, già intravista qua e la nell’album, “amore:musica:natura”:
“tu mi fai battere il cuore come il ritmo che dal mare va alle sinfonie del cielo”

“Blu”: country scanzonato più beat anni 60, con la tematica che prende spunto da questi ultimi, un’ottima miscela, che serve anche a stemperare i toni dell’album:
“e se cadremo da questo amore, noi non ci faremo male più, perchè noi siamo blu, mare blu, tutto blu...”

“L’ora dell’ormai”: la titletrack in chiusura disco, è solitamente quanto mai indicativa e non fa eccezione neanche in questo caso: “tu scompari dai miei giorni e mi strappi via la pelle...” è l’abbandono che ha cantato il nostro fin ora e adesso non si nasconde più dietro i figli, le notti livornesi, le osterie, i soldi... il risultato è da brividi, tanta è l’intensità delle parole che la voce declama con sincerità, sul tappeto di armonie jazzate:
“fra il dolore e la dolcezza quando è l’ora dell’ormai troppo tardi e nel pianto la certezza... quella che ora sento di amarti”

Commenti

Translate