The Zen Circus - Nati per subire




Uscirà l’11 ottobre questo “Nati per subire”, dopo averci mandato tutti metaforicamente o meno affanculo tornano finalmente Ufo, Karim e Appino, con l’ennesimo trattato sociologico “sulla condizione umana in Italia”, verrebbe da definirlo, in chiave folk, attitudine punk, spirito cantautorale, si intende e si scrive Zen Circus, per aggiornarci in un certo qual modo, “sul paese che sembra una scarpa” e rassicurandoci a modo loro,  che “dal letame non è sempre detto che nascono i fiori”... anzi, ma del resto ci avevamo mai creduto sul serio? Del resto vi sembra in ogni caso “or dunque”,  il tempo adatto per proclami ottimistici?
L’ironia, cinica, bastarda ma anche allegra, godereccia a tratti dei nostri, con questo album infatti, è andata a farsi fottere del tutto... per trasformarsi in amarezza, disincanto...” nel qualunquismo” in cui è sfociata la rivoluzione tanto attesa.
E allora non c’è tempo “Ragazzo eroe” per... occorre uno sguardo lucido e fermo, che non abbandona del tutto le tematiche affrontate nel precedente splendido “Andate tutti affanculo”... ma qui la rabbia che prima trovava sfogo o respiro, sembra restringersi su se stessa... come dimostra tra l’altro quasi un irrigidirsi, delle forme prettamente strumentali tra le vari tracce, dove invece la proliferazione di spunti musicali stava alla base dello scorso album.
Un ritrarsi in cerca di catarsi, giochi di parole permettendo, questo “Nati per subire” prosegue quasi per sottrazione, nelle sue alchimie, è secco, nel senso di un colpo ben assestato,  non c’è niente di superfluo,  non ci sono sperimentazioni, si potrebbe parlare quasi di abbellimenti, cosa questa che in molti casi apparirebbe come un limite, ma in un discorso come quello degli Zen, sta a dimostrare l’amalgama perfetta tra la parola e il suono, che forse solo nella title track paradossalmente sembra non convincere fino in fondo. 
Per scongiurare eventuali critiche, va bene ricordare, che questo è un disco che è ineluttabilmente, comunque figlio del precedente e per certi versi sperimentale “Andate tutti affanculo”... primo album tra l’altro interamente in italiano del gruppo, è quindi fisiologico e normale che i nostri abbiano per così dire affinato la precedente esperienza, che ha riscosso un notevole successo... e non inficia assolutamente la genialità alla scrittura dell’ottimo Appino e il sound caratteristico e sanguigno della band.


“Nel paese che sembra una scarpa”: dopo un intro che non ti aspetti, ritorna con la melodia e il ritmo, l’andamento tipico Zen, con momenti in minore che accennano a ”possibilità” melodiche e con un’ironia che si fa feroce tristezza, quasi disillusione nel testo...
Folk stralunato e contaminato, che procede con rara intensità emotiva, con un momento centrale strumentale addirittura di un organo e un solo rock di chitarra nel finale,  apre questo ennesimo ed attesissimo “Nati per subire”:
“... ma io questa illusione, io non la riesco a sentire, così le banche prestano dei nomi a tutti quanti, tua nonna come sempre ti regalerà dei guanti, il lavoro è disprezzare gli altri per ventiquattro ore  e ci spezziamo ancora le ossa per amore, un amore disperato per tutta questa farsa / insieme nel paese che sembra una scarpa”

“L’amorale”: il primo singolo, decisamente d’impatto, con un ponte/ritornello letteralmente geniale, nella melodia e nel testo che gioca con vocali e apostrofi, riprendendo una delle tematiche portanti dello scorso lavoro, ovvero "i religiosi": 
“ dio non esiste, lasciatelo dire  è una morale per me, un'amorale,  non ci pensare e continua a camminare,  è una morale per me, un'amorale... se dio non esiste, non esiste il male  ed è normale per te che lo sai fare... non ti fermare e continua a viaggiare  che è necessario per chi è stanco di aspettare”

“Nati per subire”: incisiva ballad  sicuramente dal punto di vista testuale, molto melodica, con raffinate e puntuali trame strumentali, tuttavia essendo la title track, ma solo per questo, lascia forse un pò l’amaro in bocca, un senso di non compiuto o che magari quegli accenni strumentali che infarciscono e colorano il brano, avrebbero forse potuto avere maggiore sviluppo: 
“sei nato per subire, te lo ricordano i bambini... già stronzi e come te, dei futuri soldatini...”

“Atto secondo”: uno sberleffo in pieno stile Zen, secco e preciso, con una deliziosa coda strumentale e una chitarra simil country in evidenza, ad arricchire un brano per così dire “povero” nella sua struttura strofa/ritornello/strofa/ritornello:
“ un outlet infinito, è ciò che meritate... l'inferno non esiste ma somiglia a rimini d'estate... gommone, portami via da questa città... che era mia, ora è degli idioti, che democrazia”

“I qualunquisti”: Ancora un’altra perla di Appino, con citazioni "rivoltate", ad erigere il qualunquismo come filosofia dei giorni nostri... e il relativo appiattimento dei valori...  il brano per il resto si snoda abbastanza linearmente, parlando degli Zen, ovviamente...  col basso a far da contrappunto nelle strofe e con un ritornello beatlesiano e trascinante: 
 “ un sorriso al posto giusto, un abbraccio alla mammina  e come disse hitler: "alzati e cammina"  non chiamarci comunisti  dai che non ce n'è più bisogno... piuttosto siamo i qualunquisti, gente come te”

“La democrazia semplicemente non funziona”: con un intro affidato alle chitarre, che fa il verso crediamo non volutamente a "Vivere" di Vasco Rossi, il ritmo in questa traccia si fa lento ed è sofferto e prosegue blues sporco e si sposa perfettamente coll’intensità delle frasi cut up di Appino, che prende spunto da fatti di cronaca, apparentemente dunque slegati tra loro, uniti però dall’idea di un’alienazione che si fa unione improvvisamente in tragedia collettiva (o esaltazione collettiva come cantare tutti insieme ad un falò), ma che rimane appunto tale, quando il lutto ha fatto il suo corso... da segnalare poi un solo di armonica molto suggestivo dopo il primo ritornello:
“metto una bomba sotto casa tua, il fascino indiscreto della mia pazzia... col dito al cielo urli tutta la tua rabbia,  ma non ti accorgi che hai la testa nella sabbia...”

“Il mattino ha l’oro in bocca”: “come centomila api dentro gli alveari, gente in ogni dove, ma siamo tutti soli... ti alzi dalla tomba, che ti ostini a chiamar letto”, con queste parole inizia questa struggente ballata circolare che è quasi una seconda parte della precedente, se non una spiegazione vera e propria.
Musicalmente alle strofe, visto che manca appunto un vero e proprio ritornello, succede un intermezzo strumentale che nella parte finale deraglia sinuoso e ammaliante:
“come partigiani nascosti sopra i monti, ma i nostri fucili son casse di moretti... si dice che il mattino abbia l'oro in bocca, forse è il pomeriggio che si è pronti per la forca”

“Franco”: la traccia che più si distacca dagli ultimi lavori targati Zen Circus, soprattutto per l’uso della voce altamente effettata e il quasi parlato del cantato, in un miscuglio di chiaro scuri, jazz / blues... per una storia di immigrazione e dignità:
“lo prendono per il culo  perché è franco, è brutto come pochi,  è vestito male, è gobbo ed è quattrocchi... dorme in macchina o in magazzino, dipende dalla stagione...  per questo puzza anche parecchio,  ma non ci ho mai fatto attenzione...  lui pensa forte  all'amante  in Romania, moglie mia ... lui pensa forte alla moglie figlia mia, sei in Romania.”

“Milanesi al mare”: verrebbe da definirlo il pezzo per l’estate targato Circo Zen, con le chitarre sugli scudi, che tessono argute trame per ascoltatori intelligenti in salsa ironica e ovviamente piccante... o ancora, un piccolo gioiello di pop proletario ad uso e consumo dei lavoratori?!?!
Finite le cazzate, ce ne andiamo affanculo da soli:
“come milanesi al mare che ora basta lavorare... tutti sotto questo sole... il sole del lavoratore... come milanesi al mare che ora basta criticare”

“Ragazzo eroe”: ancora dinamiche beatlesiane, per questa irriverente marcetta di maestosa intelligenza critica, in cui i nostri “raccattano” i nuovi virgulti per la rivoluzione... assolutamente una delle vette dell’album:
“tu intanto picchia, bevi e sbava, sbaglia tutto mantenendo un certo stile... il belpaese ha bisogno di te...”

“Cattivo pagatore”: solenne ballad finale (con ghost track e sparo annessi), ricca strumentalmente e “di una tristezza infinita”, per questo “Nato per subire” che vive al di sopra delle sue possibilità...  quasi l’altra faccia del giovane Mario, di Brunori e soci, una perfetta antitesi, sia dal punto di vista testuale che da quello musicale, mantenendo in comune la beffarda ironia del fato e lo sguardo lucidissimo di due delle più pregevoli penne del panorama artistico musicale italiano: 
“chissà che cos'è che non ha funzionato,  il futuro te l'han pignorato, è andata così”

GLI SHOWCASE IN FNAC:
11 Ott 2011 Verona - Fnac Via Cappello – ore 18.00
12 Ott 2011 Firenze - Fnac Centro Commerciale I Gigli – ore 18.00 
13 Ott 2011 Torino - Fnac Via Roma – ore 18.00
14 Ott 2011 Milano - Fnac Via Torino – ore 18.00
15 Ott 2011 Genova - Fnac Via XX Settembre – ore 18.00
24 Ott 2011 Napoli - Fnac Via Luca Giordano – ore 18.00
25 Ott 2011 Roma - Fnac Galleria Commerciale Porta di Roma – ore 18.30

I CONCERTI:
05 Nov 2011 Livorno - The Cage Theatre
10 Nov 2011 Milano - Magnolia
11 Nov 2011 Roncade (TV) - New Age
18 Nov 2011 Cesena - Vidia
19 Nov 2011 Firenze - Flog
23 Nov 2011 Roma - Lanificio
24 Nov 2011 Roma - Lanificio
25 Nov 2011 Bologna - Locomotiv
26 Nov 2011 Perugia - Urban
02 Dic 2011 Pescara - Zu:Bar
03 Dic 2011 Marghera (VE) - Rivolta (La Tempesta al Rivolta)
10 Dic 2011 Arezzo - Karemaski
16 Dic 2011 Torino - Hiroshima
17 Dic 2011 Brescia - Vinile 45
25 Dic 2011 Marina di Massa (MS) - Tago Mago (7° Natale, Set acustico)
(In arrivo a breve: Bari, Catania, Palermo, Pordenone, Cortemaggiore (PC), Eboli)

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