Un grande musicista, un grande compositore,un grande autore.. eppure tanto sottovalutato. Ma lo sappiamo un vero artista non è tale in quanto famoso, lo è per natura. E in una famiglia come quella di Giorgio Conte, dove oltre al fratello Paolo, anche il padre portava la stessa vena, non si può non dirlo. Anche se di 4 anni più piccolo, il primo compositore di casa è stato proprio Giorgio, solo dopo Paolo. Ecco perchè lo si può definire in tanti modi, ma il migliore è sicuramente quello di "Contestorie" che inizia a fare dischi solo nel 1982 con "Zona Cesarini" e che di lì in poi è cresciuto rielaborando la chansonne française con le sonorità popolari tipiche del nostro paese,fino a sfociare in questo capolavoro "Come quando fuori piove" in cui fa un bilancio della sua vita, prima l'amore, le passioni, la musica...ma poi arriva la pioggia, gli ostacoli della vita...la morte. Ma il "Contestorie" ha un suo humor nel raccontare le cose, in allegria, col sorriso, con le frasi non sense alla George Brassens, suo mentore...ma chissà cosa cela quell'ilarità...
"c. q. f. p.": un brano esilarante, a dir poco straordinario. I suoni popolari sono scanditi dalla tradizionalità della fisarmonica e si scontrano con la batteria e le percussioni in un ritmo a metà strada tra le sonorità dei tamburi africani e la più moderna dance dei primi anni '90, con le chitarre elettriche che leziosamente suonano il tema e una tastierina che sembra il grido di un animale in amore. un brano ricco di suoni che non risultano affatto confusi ma che rendono quest'inizio letteralmente stratosferico. il ritmo ti porta inevitabilmente a muovere tutto il corpo perchè è una festa la vita e bisogna assaporare ogni momento, stare a casa col proprio gatto, mangiare un arancia, stare con la propria compagna e la pioggia appare lontana e chissenefrega...anche il dolore è a migliaia di chilometri da qui. per finire un pianoforte, il vecchio piano di Giorgio Conte che sta li da anni, accanto a quel muro...
"Come quando fuori, piove come quando, fuori piove come, quando fuori piove, meglio stare in casa, la finestra chiusa con il gatto in grembo che ti fa le fusa..."
"Ieri, si!": i toni ritornano più soft a ricordare il "vecchio" Conte, quello che con i suoi baffi biondi ricorda, non solo il fratello paolo, ma anche il suo più grande ispiratore: George Brassens. la chitarra che picchia prima suoi bassi e poi libera l'accordo è tipico, infatti, della chansonne française, con il coro ad ammorbidire la nostalgia degli anni passati e con il piano a fare quasi il verso alle "6 corde" che impreziosisce la canzone con un assolo da "piano bar" senza voler offendere la categoria anzi, sembra che in tutto il disco il piano entri in scena come un clown in mezzo alla pista del circo. Conte ricorda il periodo scolastico, dell'nfanzia, dell'adolescenza...e quell'impermeabile dentro l'armadio che lo ha reso un uomo...
"Ci son certi ricordi...ci son certi ricordi che van conservati a lungo...perchè ci son certi ricordi che van trattati bene, perchè ci son certi ricordi..."
"Tu": ancora chitarre, echi, pianoforti e fisarmoniche che sembrano addirittura accennare una timida rumba. Il suono della pioggia ci porta in un sogno per un inizio delicato....ma improvvisamente il brano si trasforma, dagli accordi in minore si passa agli accordi in maggiore, con la fisarmonica da protagonista e sfocia la passione per una donna, come se fosse una proibizione, un tabù...e continua il sali e scendi dell'armonia, in minore e in maggiore...ma il bemolle sul finale, ci dice che l'autore si è risvegliato dal travolgente sogno e da quella inibizione...
"Tu vicina lontana, tu cammina cammina, tu sfacciata e pudica, tu fammi capire..."
"Di Vaniglia e di fior": è impressionante come una canzone con un titolo simile possa farti risvegliare tutti i 5 sensi. Quando la chitarra "trascina" i primi accordi e quel fischiettio che sembra il rumore della caffettiera sul fuoco e la fisarmonica che è un grillo parlante che si prende gioco di un "serio" piano...si sentono tutti gli odori, i sapori di una giornata "normale" in cui si apprezzano le cose semplici della vita quotidiana, che sono poi le più belle...e quell'armonica a bocca che sembra suonata da un vecchio seduto sul granaio la domenica mattina...e qual'è l'unico pensiero di Conte? andare a scovare i ricordi conservati in una cantina...risuona un carillon...
"Un'idea l'avrei, mi è venuta così, in cantina chissà o in solaio chissà..."
"Aria, terra e mare": difficilmente un disco ti da le sensazioni di immagini che scorrono in un ideale cinema. Questo è un disco che ti dona quelle emozioni che ti commuovono e ti esaltano..proprio come la vita, che ti da gioia, felicità ma anche momenti tristi. gli arpeggi allegri della "chansonne" ti porta sulla riva del mare dove c'è ancora quell'uomo con la sua armonica. Fisarmonica in sottofondo e maracas come sabbia. eppure Conte usa parole di rammarico per un amore lasciato andare ma usa parole forse troppo antiquate quando dice: "perchè di bionde come te mica se ne vedon tante", paragona lei ad una preda da "catturare", ma si denota del sarcasmo nella sua voce, un vero uomo non incatena una donna, non fa il "padre padrone", ma la lascia libera se è questo che vuole...
"Sei volata via e sei volata dove, adesso è un bel cercare per aria, terra e mare..."
"Gli innamorati e la marina": ricordate la sigla di braccio di ferro? ebbene, con la chitarra che picchia sui bassi, la fisarmonica "malandrina" e i triangoli giocosi, Conte compone non una canzone ma un cartone animato della dysney anni '20, con topolino e gambadilegno sulla "Steambot Willie", che viene proiettato dalla macchina da presa e ti ritrovi su un battello a pulir il sottocoperta, a fischiettare per scacciare la malinconia dell'amore lontano...con un pianoforte molto scolastico che dipinge un classico finale ragtime. Tutto questo è statto fatto da Conte per farci scacciare l'idea di un simil suono alla "avanti popolo alla riscossa"?
"Sembrava già dimenticata quella canzone malandrina, la radio in alto sotto le stelle, accarezzavo la tua pelle..."
"Al Museo d'Orsay": che la famiglia Conte avesse una forte passione per l'arte in tutte le sue forme lo sapevamo già, ma questo brano descrive una vera sindrome di Stendhal. A ricordarcelo è un ipnotico arpeggio di chitarra, come l'ossessione di quella donna che vorrebbe quasi baciare Monet, Gauguin, Van Gogh... ed i colori della tela si confondono col suo rossetto... l'appena accennata fisarmonichetta che accompagna i giochi vocali di Conte che rende l'ossessione un orgasmo di piaceri...
"sa tutto dei pittori del museo d'Orsay, le luci, le ombre, gli spazi e i colori e li guarda da vicino e vorrebbe toccare cornici e tele, contrasti e volumi e vorrebbe baciarli rischiando il rossetto nell'estasi sublime..."
"Balancer": dopo la canzone precedente, Conte poteva solo far uscire fuori la sua passione, la sua origine, quella della chansonne française, i non sense tipici di musicisti come Brassens e... Paolo Conte, per niente l'uno ha scritto per l'altro, con le chitarre a tenere il tempo ed un piano forte che ricordano gli organetti per le vie parigine e la voce a giocare con le onomatopee, per un testo monotematico in un brano che è un crescendo di tonalità, frizzante, vivace, un classico che riesce a non essere banale perchè Giorgio Conte ha tutta l'esperienza di un veterano che in questo disco trabocca impetuasamente...
"Est-ce que tu veux? bidi bam bidi be... et tu chanter...uridi di di uri didi uri di bam ba...balancer..."
"Géo": il disco sterza in direzione di suoni più malinconici come la voce di Conte, dove la delicatezza della canzone d'oltralpe e i grezzi suoni della canzone popolare romana s'incontrano in un walzerino che mostra un paesaggio: il suono del vento, il verso della civetta, la falce, il piccone, i piatti che simulano l'ascia di un taglialegna, il ghiaccio... e lassù c'è Géo, che vola libero nel cielo e non vuole scendere per paura di affrontare la dura realtà...ma scenderà Géo?
"Che coraggio il ragazzo seduto lassù nell'aria gelata seduto lassù, mentre il vento sull'ali furioso picchiava come un pazzo gran colpi di mazza picchiava..."
"Scaricabarile": un altro walzer dove le chitarre appena accennate, in un inizio-filastrocca con il fischio del caffè, il verso del gallo, del cinghiale, del cagnolino, morendo in un accordo in bemolle per poi sveglirsi nell'allegria della banda di paese. Il testo rinnega il titolo per una storia "non sense" ancora alla Brassens, davvero umoristica: il povero contadino, uomo d'un pezzo, che pur di apparire in tutta la sua fierezza, fa "scaricabarile", da la colpa alla quaglia, al cane, al cinghiale pur di salvarsi la reputazione, ma è sempre un rude contadino e ce lo dimostrano i tromboni che simulano...beh...
"Canta le quaglie, canta il cucù, si guarda in giro e con semplicità del cul trobetta di nuovo lui fa quindi redarguisce il cane che anche stavolta colpa non ne ha sotto la pianta dei, dei bei pumi d'amor..."
"Continua così": un walzer stanco come la voce di Giorgio Conte...ritorna il tema centrale del disco: la vita. L'analessi dell'autore ci narra di un amore viscerale per la vita, che gli ha donato la passione per la musica, i sogni, le certezze, la forza ma anche le paure, le difficoltà superate. Solo una chitarra, solo un piano punto. Un monologo in cui dottor Giorgio si trasforma in Mister "Contestorie".
"Sono anni che studio la vita e ancor non l'ho capita e dire che mi sono applicato e dire che la materia mi piaceva di più, di più, io la vita l'ho corteggiata, qualche volta conquistata..."
"La sorpresa": il solito giro di accordi in sordina descrive l'ironico presagio della morte, che rappresenta la fine di un lungo viaggio chiamato vita. La chitarra improvvisamente accelera, con macabri sonagli e un rumore di sottofondo, come la morte che si prende beffa della vita in un finale gioioso in cui Conte smorza la tematica tragica, angosciante...
"Comandante per favore sono stanco di viaggiare dica un pò, navighiamo già da ore lunghe un'eternità...il contratto parla chiaro, si sapeva la partenza questo si, ma l'arrivo è una sorpresa, dove e quando non si sa..."
"Monticone": inevitabilmente è un brano difficile da scovare, in quanto Paolo Conte l'ha scritto nel'77 per un cantautore, Gipo Farassino, un musicista quasi sconosciuto per una canzone stupenda che Giorgio Conte riporta alla ribalta. L'autore fa un bilancio di tutta la vita passata e questo brano ci dimostra che questo disco è un vero capolavoro, ancora più completo dei dischi precedenti (in cui comunque emerge la bravura e la genialità di Giorgio). Il piano si sposa con la fisarmonica e con il tamburello per sfociare in un walzer..."una piazza in festa" tanti anni fa...ed ecco ancora profumi e colori e sapori...e ritornano i ricordi di un Conte che fa emergere tutto il suo amore per il Piemonte, sua regione...lo denota questo "Monticone", un tipico cognome piemontese per un uomo qualunque che si aggira per le città...
"In fondo ai palazzi grigi oggi c'è un cielo che regala un pò di blu ad un vecchio come me..."
Album meraviglioso, davvero consigliabile agli amanti della canzone d'autore (quella con la "A" maiuscola!) e di Giorgio in particolare. Brani ora leggeri e scanzonati, ora malinconici, ma sempre di gran classe (a proposito, complimenti per la recensione). Purtroppo non è facilissimo trovarlo in giro, ma ne vale sicuramente la pena.
RispondiEliminaFranco B. (TN)