Facciamo finta che sia vero - Adriano Celentano




Adriano Celentano per chi non lo sapesse è nato nel lontano 1938, ergo, il molleggiato ha la bellezza di 73 anni suonati, eppure trova ancora la voglia di tornare, 4 anni dopo l'apprezzabile "Dormi amore, la situazione non è buona", per regalarci un album davvero completo, moderno, attuale, nei suoni e nelle parole, intenso, trascinante, ricco di sfumature negli arrangiamenti... per un vero e proprio "boom della bellezza", come direbbe lui.
Se Venditti assembla canzonette pop datate e Fossati si ritira... L'Adriano nazionale si rinnova invece per l'ennesima volta, continuando a farsi spalleggiare dalle nuove leve, se nello scorso capitolo erano stati Tricarico e Neffa infatti i principali autori, qui, a farla da padrone sono tra gli altri Jovanotti, Manu Chao e in primis la coppia Piovani/Battiato, che tocca l'apice del disco con la titletrack.
Un lavoro di gruppo dunque, ma che non rischia neppur per un momento di apparir disomogeneo, anzi la sensazione è decisamente opposta, tanta è infatti la coesione che rilascia l'album nel suo insieme, tratteggiando ironici e disincantati ritratti dell'Italia odierna, con un'aspirazione però forte di rivalsa, di rifuggire il malcontento generale e di reagire, recuperando i valori che hanno da sempre fatto grande la nostra terra e riscoprendo i sentimenti più veri, quando ci si adentra nella sfera privata.
Musicalmente l'album poi è ricco di generi e sotto generi, con un tocco di elettronica leggera che non disturba e ha il pregio di ritmiche che sono un invito al movimento... senza tralasciare ovviamente la voce, sempre calda e ficcante, del mito vivente. 


"Non ti accorgevi di me": il primo singolo è una sorta di tango accelerato, scritto da Giuliano Sangiorgi e suonato dai Negramaro, che ben si adatta all'ugola del nostro, arricchito da qualche orpello elettronico e da qualche riff alla Negramaro, il risultato lascia però un pò di confusione e a dire il vero non convince del tutto, peccato, perchè come vedremo risulterà essere il brano più debole dell'album:
"ecco son pronto a sapere parlare proprio adesso che voglio soltanto morir su quelle tue labbra c'è ancora posto per me..."

"Ti penso e cambia il mondo": intensa ballad, dai toni scuri e dall'incedere marziale, con ancora qua e la, qualche minuzia elettronica, con un bel ritornello che si lascia ricordare facilmente, musica di Lipson e Saggese, testo di Pacifico:
"c'è una strada in ogni uomo, un'opportunità..."

"Facciamo finta che sia vero": la titletrack vede forse le partecipazioni più prestigiose, ovvero per intenderci la musica è di Nicola Piovani, il testo di Franco Battiato, con quest'ultimo che presta anche la voce, per un brano che è intriso di una bellezza struggente, classicheggiante, strumentalmente ricca e armonicamente ammaliante, con quell'aura solenne che accompagna le parole del maestro siciliano,con una punta di nostalgia / malinconia, che sembra quasi abbia resistito alle intemperie di questi tempi, sicuramente una delle perle dell'album.
"Siamo nelle mani del peggiore stile di vita, nelle mani di insensati governanti che si danno il turno senza più comando in mezzo alla tempesta"

"Non so più cosa fare": su musica di Manu Chao, che Celentano teneva nel cassetto da 8 anni e i camei vocali di Giuliano Sangiorgi, Jovanotti e Battiato, Celentano canta (il brano è scritto da lui stesso) con trasporto "contro le ingiustizie e tutte le guerre", con un toccante intermezzo parlato, che se la prende anche con i mezzi di comunicazione asserviti al potere:
"sento che sto precipitando in un acquario senza pesci mentre una radio sta annunciando che laggiù la pace ancora non c'è"

"Anna parte": su musica di Corrado Castellari e testo di Corrado e Camillo Castellari, deliziosa e trascinante ballad circolare, tutta giocata sulla chitarra acustica e da gustosi ornamenti strumentali, "dove l'amore è la via d'uscita" ai ritmi sempre uguali da lavoro e a una vita standard e "conforme":
"lei fa tutto secondo il modello conforme poi dorme, ma non è sempre dolce dormire è un modo di dire che è il problema di un sogno che non si decide a morire, la vita che cambia sapore perchè così si muore"

"Fuoco nel vento": con una chitarra elettrica a punteggiare le strofe, arricchite dai cori ad ogni attacco,il brano si libra melodicamente nel ritornello... come la prima traccia, anche questa, sembra scritta da Jovanotti e Matteo Saggese, seguendo le dinamiche care al Celentano più classico, ma qui il risultato è ampiamente convincente:
"e vivrò insieme a te per sempre proteggerò la fantasia accarezzando il tempo"

"La cumbia di chi cambia": ritmo e denuncia, farina del sacco di Jovanotti, che nel testo ricorda lo stile di Gaber, Celentano gli dona la credibilità necessaria, per un altro grandissimo brano: 
"i funzionari dello stato italiano sembrano spesso personaggi da vetrina, sotto la luce sono belli invitanti, quando li scarti ti accorgi che son finti"

"La mezza luna": Vecchio brano dello stesso, datato 1962,liberamente ispirato all’arrangiamento originale di Giulio Libano, è un cha cha cha, che sembra quasi messo apposta per stemperare la tensione del brano precedente, suadente e irriverente con i featuring di  Raphael Gualazzi e Trilok Gurtu  :
"la mezza luna splende in ciel romantica, la mezza luna canta in cielo fantastica... per noi"

"Il mutuo": l'unico brano in cui il molleggiato è autore assoluto, chiude a ben donde il disco, italiano e inglese, "perchè è inutile andare in Cina" cori e doppie voci, ritmiche assolutamente trascinanti... per un testo che richiama i suoi più grandi successi e quel tocco profetico che lo ha reso celebre soprattutto nei suoi show televisivi, calandolo nella realtà odierna, con una lucidità amara e ironica, invocando "la decrescita senza abbassare lo stipendio di chi non ci arriva alla fine del mese... e il boom della bellezza" 

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