La vita agra - Unòrsominòre




Con Fabio de Min dei Non Voglio che Clara alla produzione, ispirato dal libro di Luciano Bianciardi, Unòrsominòre, approda al suo secondo vero e proprio album, proseguendo il discorso già intrapreso con l’esordio di qualche anno fa, ampliando decisamente il concetto, ascoltare per credere l’amarezza e l’indignazione che regnano sovrane nei testi, dove l’ironia fa breve comparsa, quasi fosse capitata per sbaglio e acuendo maggiormente gli spigoli, osando decisamente nella direzione musicale... della serie o ti piace oppure “skip e vai oltre” tanto per citare inutilmente Caparezza.
Un vero e proprio calderone di soluzioni stilistiche “estreme” in certi casi, ma che denotano un’urgenza espressiva sicuramente forte e una voglia costante di non ripetersi, sotto l’egida comunque di sonorità tipiche della seconda metà degli anni novanta, dove per restare in Italia, non possiamo non citare i primi Marlene e i primi Baustelle ma anche Cesare Basile fa capolino, specie nelle ballad scarne e spoglie.
Per quanto riguarda i testi, alcune trovate possono ricordare Vasco Brondi, ma il senso di denuncia sociale in questo caso, travalica “i concetti amorosi per parlare di...”, casomai è il perfetto contrario, si sta parlando di cose fottutissimamente serie e per caso quasi ci finisce anche qualche riferimento agli affetti.
Un approccio degli anni zero insomma col cuore che mira a un impegno, tipicamente anni ‘70.
Qualche pecca qua e la nel corso delle tracce è sicuramente riscontrabile, soprattutto quando la pesantezza delle parole si sposa con la lunghezza spropositata di certi brani, ma appunto si possono ampiamente giustificare con l’eccesso di coraggio “o estremismo” che dir si voglia, di cui parlavamo all’inizio:

“La vita agra”: una chitarra elettrica e qualche suono vagamente noise nella parte centrale e poche note di piano nel finale, a sostenere il piglio solenne della voce:
“vorrei dormire sulla tua schiena fuori da queste quattro mura ma...”

“Storia dell’uomo che volò nello spazio dal suo appartamento” : “Voi siete pazzi, ve le bevete tutte” e giù un “delizioso” elenco sui generis, che passa in rassegna i mali che affliggono il nostro paese, su una tematica decisamente pop... evocativo e ben costruito, ma non troppo invadente, per far risaltare al meglio le parole... del resto “quaggiù sembra normale” e allora “extra terrestre portami via”:
“qua giù sembra normale vivere per lavorare, lavorare per sopravvivere, sopravvivere per continuare a vivere per lavorare quaggiù sembra normale”

“Testamento di Giovanni Passannante anarchico italiano”: intenso e trascinante noise/rock, con tanto di voce filtrata e un ottima parte strumentale che spezza la ritmica e dilata l’atmosfera, via via sempre più tesa:
“Io non amo il mio padrone io non ti sarò fedele io non starò a guardare quando parli dal tuo balcone”

“Il mattino del 26 luglio”: ballad acustica che riprende le tematiche di “Storia dell’uomo che...” concentrandosi sugli italici vizi, partendo dal calcio e finendo all’aperitivo:
“ognuno è democratico, ognuno è popolare, ognuno è di buon cuore, solo per sentito dire”

“Perdenti più sani”:proseguimento ideale della traccia precedente, ma stavolta è l’ironia a risaltare, con più di un debito ai Baustelle, “nella forma propriamente canzone” e nel modo di cantare:
“... per esempio i dj non suonano ai concerti, mettono solo i dischi che hanno fatto altri”

“Ci hanno preso tutto”: oscura e amara ballad, che su un incedere marziale, molto Faust’o, la chitarra elettrica, lacera... con tanto di citazione di Tomasi di Lampedusa... il risultato finale purtroppo risente anche dell’eccessiva lunghezza, delle troppe parole e di pochi cambiamenti musicali che avrebbero alleggerito in qualche modo la pesantezza del brano:
“nemmeno lontanamente intuire che queste miserie le abbiamo nel sangue ormai”

“La lingua del santo”: una chitarra elettrica abrasiva a sostenere un vero e proprio anatema contro la religione:
“e cadrà giù San Pietro prima o poi, noi aspettiamo fiduciosi”

“Perfetto così”: da Dio a Berlusconi il passo è breve, anche di questi tempi... un brano rock con un pizzico di Beatles,  tirato a lucido, sporco il giusto, nonostante l’orecchiabilità del ritornello:
“Nessuno mai potrà convincermi che sono infelice”

“Celluloide”: vale per questa traccia il discorso fatto prima per “Ci hanno preso tutto”, con la differenza che qui almeno musicalmente il brano è più vario e l’atmosfera è più morbida, come a dire che alla voglia di urlare, qui il nostro sostituisce una riflessione più pacata... ma il dipanarsi eccessivo, mina il risultato complessivo... anche perchè il riff di piano ripetuto per metà brano finisce inevitabilmente per stancare:
“e crediamo di inventare parole nuove ma anche quando dici ti amo stai citando Hollywood Cinecittà...”

“La vita agra II”: “Riuscire a dirlo meglio, avere più voglia, più talento...” parte seconda della titletrack, stavolta con la chitarra acustica a farla da padrone, prima di una lunga coda strumentale psichedelica/noise degna di nota:
“di questa vita virata a seppia, passata a parlare di rivoluzione... su facebook”

Commenti

Translate