Mamba Nero - Distanti



Con mezz’ora scarsa (per durata si intende) di incisioni alle spalle, passiamo volentieri un altro quarto d’ora con questo nuovo capitolo targato Distanti. “Mamba Nero” infatti contiene cinque canzoni appena, ma ci dice molto su quello che agita le menti e i cuori soprattutto, dei nostri. Un disco fatto appunto col cuore e di pancia, come i precedenti, ma più ragionato, meno diretto, meno assalti all’arma bianca insomma. Più post/rock che punk (anche per quanto concerne il cantato) a dirla tutta e qua e la qualche spruzzata di noise che non guasta. Il risultato è un lavoro che disturba e affascina nello stesso tempo, grazie anche alle liriche oscure di per se stesse e rese al missaggio (della voce ovviamente) un corpus unico (con gli altri strumenti), quasi un suono aggiunto... che denota una certa coesione di fondo e dove in più rispetto ai precedenti lavori del gruppo, affiora una maggior cura dei dettagli e di ricchezza compositiva per quello che concerne la parte strumentale.

Prima di passare in rassegna le tracce in questione, vi consigliamo naturalmente l’ascolto di questo nuovo ep a questo indirizzo:

http://distanti.bandcamp.com/album/mamba-nero-2

dove tra l’altro, se ve li siete persi, trovate in streaming anche i vecchi lavori.

“Tolleranza Al Dolore”: post rock, quasi interamente strumentale, lirico, oscuro e intenso, per  poche parole “velenose” declamate:
“... Io sono il Mamba Nero ancor dei sette passi atterra la giraffa e uccide il re leone”

“Bologna”: musicalmente sembra proseguire sul sentiero tracciato con la prima traccia, così come l’incipit iniziale “ oppure a Bologna...la cognizione”, il tiro è decisamente più ficcante e più ricco di digressioni musicali, coi riff di chitarra elettrica in evidenza:
“ma non devi chiedere questo, è come battere la lingua sul tamburo, devi pretendere sempre operazioni irriversibili”

“Astonomie”: “questa è una vita astronomica... devi prenderla soltanto contro sole”, con un mood che fa tanto “gioventù sonica”, senza disdegnare melodie impercettibili dove si fanno apprezzare ancora una volta i riff chitarristici e i pestoni ben assestati sulle pelli, i nostri concentrano in poche pennellate la vita di coppia:
“come fanno i cani quando legano...”

“A Fine Giornata”: “Devi fare le cose come se non fossero fatte per te come se tu fossi fatto per te”... incedere marziale e solenne, che non smette di crescere, supportato dal solito timbro di voce straniante per azzardiamo “resoconto di un festival con relativo approccio da tenere... “con gli occhiali da mettere che non ci sono e provviste di musica”?”


“Foglia di Fico”: “Al timone ti vedo spento” fra dissonanze di “settimane modello di quelle che compri in edicola” e un piglio più rock e diretto, che sfocia in una degna coda strumentale... la traccia che per incisività si ricollega maggiormente, con ovviamente i dovuti distinguo ad “Enciclopedia Popolare della Vita Quotidiana”.
“Voglio vedere che ingoi quello che prendi”

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