En Roco - Ne' uomini Ne' ragazzi



Scarni, essenziali, preziosi... “Ne’ uomini, ne’ ragazzi” degli En Roco è il quarto lavoro della band genovese ed esce a un paio di anni di distanza da Spigoli, ancora una volta per Fosbury Records, dal quale riprendono tra l’altro “Rompere il limite”.
Un album “solido” e ricercato, che non annoia, nonostante certe strutture armoniche si ripetano nel corso del disco, in quanto le varianti anche minime che dir si voglia, sono l’evidente valore aggiunto, di un disco che fa della sottrazione, dell’essenzialità, la sua cifra stilistica, oltre alle immagini mai banali invocate nei testi, che richiamano alla mente situazioni e personaggi, assolutamente tangibili.
Tangibili... reali, sinceri... non c’è niente di etereo in queste tracce, di impalpabile, di vago, di giochi stilistici, che siano suoni o parole, tutto è sviscerato in maniera per così dire “umana” ed è all’uomo che ancora non è, si intenda, che infatti parlano i nostri, nella soglia di una maturità presunta o agognata, un passo indietro e un passo avanti, fieramente a braccetto “nella normalità” di una pop song d’autore:

“Un significato”: un sinuoso e ficcante ma pur sempre dolce e pacato riff chitarristico apre questa traccia e prosegue imperterrito, con l’aggiunta via via degli altri strumenti per tutta la durata del brano che segna il ritorno sulle scene dei genovesi En Roco, 
“datevi un significato divertitevi per poi sentirne il giusto peso in assenza di datevi motivazioni per franare poi...”

 “Carta”: sonorità e dinamiche strumentali richiamano alla mente i migliori Smiths, con interessanti trame chitarristiche “lasciando i dubbi fuori dalle lettere”:
“prova ancora mio carcere mio specchio fai volare i miei più solidi pensieri frastornanti...”

 “Siamo sempre stati solidi”:”come pensieri o forse come ricordi agitati”, altra ballad di stampo chitarristico, malinconica e nostalgica, con un ottimo ritornello... da segnalare anche gli inserti musicali, con i soli di chitarra acustica sugli scudi “del tempo”:
“ritrovare il senso del vecchiume mi riporta verso gli animi di quella riunione complice del desiderio di essere piccoli sordi all’apparenza di come noi siamo sempre stati solidi”

 “In favore del vento”: per quest’altra ballad, i nostri sembrano giocare abilmente per sottrazione, rallentando anche i ritmi e diradando così le atmosfere evocate:
“ma se bruciarti ti servirà a ritornare nella realtà, mi chiameresti tuo muto amico, mutuo soccorso in favore del vento di rinascità”

 “I giorni della lepre”: “parlandole di chi non sei stato mai”... fuggendo da se stessi, “tra pioggia e polvere”, i nostri approdano a una melodia ariosa e contagiosa, che tocca punti di assoluta amarezza con grande maestria e un’ottima coda strumentale, per uno dei migliori brani del lotto:
“... continui a preferirti così, uno spettatore cinico, che osserva il mondo che non c’è e che non deve scegliere mai, eppure poi rimpiangerai di non aver cercato di mostrare di esser vivo anche tu...”

“Rompere il limite”: con la voce resa “più calda” dal mixer e le solite e solide trame chitarristiche ben assestate, il brano risulta appunto caldo e avvolgente:
“uccideremo i giorni tra noi e noi solo per complicare” 

 “Chi sei?”: “sarebbe saggio sai bloccare l’armonia se tu non ti ricordi più chi sei”... ma l’incedere cadenzato e ancora una volta lo splendido riff di chitarra che “non smette di evolversi”, diffondono una piacevole sensazione, che è forse l’armonia raggiunta dalle stesse domande poste dalla sopraggiunta maturità.

“Un inverno per noi”: come una vecchia polaroid scattata, rigorosamente in bianco e nero, i ricordi vengono sostenuti da ritmo e melodia del cantato ”a tratti spensierato” che sembra voler annunciare colore e nuova speranza:
“manterrò il ricordo della birra, della pioggia, delle idee, che si riflettevan chiare nei tuoi occhi vuoti di me, in quelle tue frasi opache e nelle vecchie fotografie.. in bianco e nero”

“In un pozzo di idee”: “e la tua mente marcia non ricorderà il giorno in cui tirasti fuori l’anima”... con un incedere “quasi a passi attenti per non far rumore”, è la voce che si prende la scena, aggiungendo colori e luce al brano:
“e per illuminare a giorno i gesti tuoi, io corro forte verso la memoria”

“Non dimentico”: suggestivo brano, che ha il suo punto di forza nel trascinante incedere ritmico, nel suo arricchimento da parte degli altri strumenti e nella cupa melodia, semplice e accattivante che si snoda nel ritornello:
“Che fortuna che ho ad avervi qui con me, ma ora che lo so, non dimentico, la cocente illusion”

“Bonjour tristèsse”: chitarre e piano a impreziosire, per atmosfere che possono richiamare i Non voglio che clara in certi frangenti, un sapore antico e gustoso:
“ci scusiamo perchè non abbiamo adesso che una goccia di te, un frammento di te, uno specchio di te, un pezzetto di te...”

“Nell’acqua”: minimal ballad, che cresce pian piano,  classica, nel suo diramarsi armonico, con tutti i tratti distintivi che abbiamo apprezzato arrivati fin qua, con “l’acqua” assunta a metafora, di oblio, spazio, morte, tempo:
“e ti lasci danzare nell’acqua rimasta profondamente, ti sai cullare meglio di me”

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