Intervista a Umberto Palazzo

Non crediamo servano parole per presentarvi Umberto Palazzo e l’arte e il cuore che questo uomo ha messo nella sua opera in vent’anni di carriera, che ha toccato spesso vertici assoluti, ultima ennesima conferma lo splendido “Canzoni della notte e della controra”, suo primo lavoro solista.
A voi, con immenso piacere:



Partiamo per così dire dalla fine, pre-rock, contaminazioni, solitudine, allucinazioni, sole accecante, notte profondissima, scheletri, fantasmi... la necessità quasi fisica che si avverte di ridurre il suono a un impatto originario... sappiamo che hai già detto e si è scritto molto su questo album... ultime parole/dichiarazioni e “ovviamente” progetti per il futuro, date live comprese, magari appunto proprio alla controra (un'idea malsana per carità però)?

Durante la controra c’è silenzio e in lontananza i flauti e i tamburelli della processione del dio Pan, niente concerti a quell’ora, per non disturbare gli amanti e il sonno di chi sogna. Dall’aperitivo in poi tutti i concerti possibili e in ogni luogo. 

Un disco sicuramente coeso, in perfetta solitudine... perché? 

Era materiale troppo delicato perché potesse passare da una sala prove e avevo bisogno di avere il controllo totale su ogni elemento. E’ stato fondamentale essere anche il fonico del lavoro. Sono molto fiero anche del lavoro di produzione.


Aloha inserita perché? Anche se possiamo già immaginare la risposta e anche se sicuramente te l'avranno già fatta in molti questa domanda

Aloha l’ho registrata nel 99, in casa, su un Da88, uno standard che andò quasi subito fuori produzione. La versione de “Il fiore dell’agave” è il rough mix di quella registrazione originaria perché nel 2005 non fu possibile rintracciare una di quelle vecchie macchine per riaprire i master. Fortunatamente qualche anno fa ne ho trovato uno e ho potuto trasferire le tracce sul mio computer e quindi ricantarla, risuonare qualcosa e remixarla. Quella attuale è la versione finita e ci doveva essere perché poeticamente appartiene a questo lavoro più che al disco del Santo Niente, e, come tutti i pezzi di questo disco è suonata interamente da me ed è fatta in casa. In realtà sul fiore ci sono anche “Candele” e “Nuove cicatrici” che sono mie registrazioni casalinghe, ma sono meno legate all’atmosfera e all’idea di controra e di sud.

Sei soddisfatto alla fine, come del resto lo siamo noi ascoltatori o...?

Completamente soddisfatto, non potrebbe essere altrimenti, perché ho fatto tutto da solo e ho avuto tutto il tempo che volevo. Ho anche aspettato due anni di decantazione prima di pubblicare il disco.


E in generale, ovvero in riferimento alla tua carriera della serie "si raccoglie ciò che si è seminato o..."? Nella recensione citavamo Amerigo Verardi... a parte il fatto che ci chiediamo come sia possibile, che non vi si "esalti" o che perlomeno non vi si riconosca in toto "la grandezza", lui a differenza tua se non cadiamo in errore, ha prodotto vari dischi, fra cui i Baustelle... tu in questo senso, come ti poni, se ti è mai capitato o se... o se comunque ci hai fatto un pensierino? o se escludi a priori questa possibilità?

Non si parla di noi credo per il motivo ovvio che il presunto movimento indie in realtà risponde, come il mainstream, solo alla legge di mercato, che è, per definizione, censoria. Nel senso che per vendere le tue cose devi fare in modo che non si parli delle cose degli altri o perlomeno che delle tue si parli molto, molto di più. Vince non la qualità, ma la potenza di comunicazione delle singole aziende, perché di ciò si tratta, di aziende. E Amerigo ed io dal punto di vista industriale possiamo contare solo sulle nostre esigue forze e sulla benevolenza di qualche amico disinteressato.
Mi piacerebbe produrre dei dischi, ma ho malapena il tempo di produrre i miei. Magari sarebbe bello produrre un disco con Amerigo.

Se diciamo “Starfuckers” che ti viene in mente a parte le magliette di Clementi?

Grandissima band. “Brodo di cagne strategico” è uno dei dischi fondamentali del rock italiano e mi ha profondamente influenzato nel concepire i Massimo Volume.

...e come definiresti in poche parole l'esperienza coi Massimo Volume?

Poteva andare meglio.


... e non possiamo sottrarci a richiederti quanto meno un aggettivo per Santo Niente e Santo Nada, progetti che crediamo e speriamo siano tutt'ora in corso o siamo fuori strada?

Assolutamente in corso. Attualmente lavoro ai loro nuovi dischi. Elettrico il primo, atmosferico il secondo.


Come definiresti la scena odierna indie italiana? E se con chi ti vedresti bene un giorno a collaborare o comunque apprezzi a tal punto che... (sappiamo già come la pensi sui Sick Tamburo n.d.r.)?

Come ho già detto mi sembra che all’apice ci siano band “vorrei essere mainstream ma non posso”. Non c’è un’idea di reale diversità e maggiore qualità dietro l’idea nazionale di indie, che è accomodante e conformista. Di collaborazioni ne faccio tantissime, quando conosco un artista che mi piace per prima cosa penso a come farci qualcosa insieme. Complice anche il tributo al Santo Niente gli ultimi anni sono stati particolarmente ricchi da questo punto di vista. La meglio riuscita dell’anno scorso è stata sicuramente quella con Teho Teardo. 


Qualche anno fa leggevamo le tue pagelle su Sanremo, ricordiamo ancora un tuo commento riguardante Nina Zilli... fantastico!!! reality o talent show a parte... che ci dici di questo enorme baraccone sul quale sembra non riuscire più ad uscire la musica italiana in generale?

Ah, io non lo ricordo. Che ho detto? Il mio motto a riguardo è sempre lo stesso: Sanremo delenda est, e, come direbbe Johnny Palomba, proprio la città così siamo sicuri.

Come coniughi l'attività di Dj? (non ci viene una definizione più semplice) con quella del musicista vero e proprio, considerando le lotte intestine tra i due campi?

Il fatto che le due fazioni si combattano va oltre l’assurdo, perché dalla commistione c’è da guadagnare per entrambi, ma è una cosa molto italiana. I musicisti italiani spesso deplorano il ballo, su basi moralistiche francamente imbarazzanti, il che non depone per niente a favore della loro cultura ed apertura mentale. I dj non sono così ostili alla musica suonata come normalmente, per ignoranza, si crede: moltissimi fra loro sono anche musicisti, tanti pure diplomati.


Tecnologia, mp3, download... cosa ne pensi per così dire della "modernità"... ovvero metto il disco in streaming... la gente ascolta e poi lo va a comprare o comunque viene ai concerti quanto meno... uno su cinque lo compra.... e via dicendo....

Non c’è molto da pensare, la tecnologia è come un evento naturale cataclismatico al quale o ti adegui o soccombi. Mai fare la fine dei dinosauri, prima di tutto.

Come immagini Umberto Palazzo fra dieci anni?

Vivo e speriamo in buona salute.


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