Il Mondo Nuovo - Il Teatro degli Orrori



Partiamo subito col dire che le critiche che questo nuovo capitolo del Teatro degli Orrori ha ricevuto da molte parti, ci appaiono in primis ingenerose, vista anche la “cifra” del gruppo in questione e l’importanza di questo progetto in se, ambizioso come non mai, per non parlare delle accuse di “commerciabilità”, cosa questa assolutamente falsa e ridicola, a tal punto che i nostri l'hanno messo in streaming su youtube... casomai fra virgolette era “A sangue freddo” sicuramente più immediato e accessibile.
Si può dire semmai che forse 16 brani, sono troppi e qua e la, la sensazione del già sentito è dietro l’angolo, sia per le dinamiche musicali che per le melodie o il piglio dei vari reading di Capovilla... ma questo aspetto passa in secondo piano di fronte all’ambizione, come dicevamo poc’anzi,all'importanza della narrazione, di queste “Storie di immigrati” che compongono il “Mondo Nuovo”, che appare un disco sincero, toccante, attuale, urgente, che si fa abbondantemente perdonare la troppa carne al fuoco.

“Rivendico”: con la batteria in evidenza e le chitarre elettriche abrasive, i Teatro aprono l'album, “rivendicando” appunto il diritto d’amare in tutte le sue forme, con questo brano diviso opportunamente in tre parti tematiche, ovvero l’amore per l’amore, il proprio paese, la musica:
“voglio guardarti negli occhi e sapere che posso ancora fidarmi di te”

“Io cerco te”: il brano che ha anticipato l’album, potente e radiofonico, che contiene la frase incriminata “Roma capitale sei ripugnante non ti sopporto più”, che forse meglio si comprende se si dà un nome al destinatario dell’invettiva:
“Qualcuno di cui non dirò il nome ma che è stato lo spettacolo umano più bello che mi sia capitato di osservare da vicino”

“Non vedo l’ora”: basso martellante e chitarre elettriche incisive, corroborate dalle pelli, oscure e marziali... per esplodere in un ritornello “sporco” e convincente:
"porto via con me ricordi che non passano mai, metto in un sacchetto di naylon le mie tribolazioni e lo porto via con me, dimenticare non sarebbe male..."

“Skopje”: atmosfere sempre energiche ma diradate rispetto alle tracce precedenti, il brano ha in se diverse sezioni e cambia spesso di tono, perdendo forse in incisività, in ogni caso ha bisogno di molti ascolti per essere apprezzato in pieno:
”e quando il sole infuoca la radura io penso a te, un’altra estate e poi, l’inverno”

“Gli Stati Uniti d’Africa”: al reading iniziale, fa seguito un ritmo sommesso ma coinvolgente, che non smette di crescere col pathos delle parole e l’entrata del muro sonoro di forte impatto delle chitarre elettriche e della sezione ritmica sempre più massiccia:
“che splendida utopia, ma che bella idea, che bella notizia... e mentre il mondo guarda, gli Stati Uniti d’Africa non si faranno mai”

“Cleveland - Baghdad”: “qui nessuno ti dice la verità sono stanco di ubbidire amico mio mi manchi, la notte quando chiudo gli occhi penso che arruolarmi sia stata una cattiva idea” ancora reading iniziale, coi ritmi quasi sfumati, contorni per la voce di Capovilla che inevitabilmente si prende la scena, fino al bridge finale “infernale” altamente carico di tensione, specie nel testo.

“Martino”: “che aveva solo due amici, Sergey un gatto vecchio e sordo e Antonio Gramsci se ne stavo incorniciato alla parete, come al solito...” per passare dal personale al sociale con apparente noncuranza, il brano è ricco strumentalmente e vive su continui sali/scendi, molto riusciti e può contare su uno dei migliori testi dell’album:
“Benvenuti in Italia dove tutto è possibile, guarda che mare, guarda che sole dove la guerra è bella anche se fa male, anche fra di noi, ma il mio cuore non è abbastanza grande per le sue periferie”

“Cuore d’oceano”: con Caparezza, è l’arrangiamento “elettronico” il protagonista di questo brano e il suono saturo, claustrofobico “nel ventre della marea”, coi nostri ai chorus:
“Tuffati America del Nord, tuffati dentro di me, ho il cuore di un oceano”

“Ion”: “ma perchè mai una vita onesta finisce così”... e la mente torna irrimediabilmente a Tom, quanto meno per  il tema trattato, per il resto chitarra acustica in gran spolvero e la voce da brividi di Capovilla, con i cori a risaltare l’atmosfera:
“morire non è nuovo ma adesso vivere è così difficile”

“Monica”: scura, ipnotica e melodica, ha un ritmo lento e ossessivo, lacerante negli archi che suggellano la crudeltà dei fatti narrati: 
“Monica per me non è passato neanche un giorno, Monica lo sai per noi non c’è ritorno, Monica non ti dimenticare, ti voglio bene sai, non mi resti che tu”

“Pablo”: “sembra nessuno, ma parla con gli angeli, dando loro del tu”... altro brano giocato sulla ripetizione ossessiva delle frasi più rappresentative, con la batteria sempre potente e cupa:
 “niente è più difficile di vivere una vita in disparte, mezzo cuore, mezza faccia, mezza via”

“Nicolaj”: “e quelle onde così grandi forse un giorno porteranno via anche me”... ballad epica, con un retrogusto quasi prog e un incedere allo stesso tempo, mesto e solenne:
“... i conti non tornano mai, ma quanta forza mi da pensarti ancora qui con me”

“Dimmi addio”: “Direzioni Diverse parte seconda”, verrebbe da dire, anche più pop/classico nel suo dipanarsi, lodevole il testo, dove la fine di una relazione amorosa è messa abilmente in contrasto con piccole storie di ordinaria quotidianità:
“mi sono allontanato dal tuo cuore, tu non hai saputo far altro che dirmi addio”

“Doris”: “tra suore che si vergognano di comprare il manifesto e zingari sui taxi... “ il brano è svolto tra la leggerezza della prima parte, volutamente scarna e sotto tono quasi e il solito impatto da panico tipico dei nostri, nella seconda, anticipata da un ponte/ritornello ben costruito e sostenuto, in cui è esplicitato il contenuto vero e proprio del testo:
“quando Doris canta la sua canzone avvengono i miracoli”

“Adrian”: “l’hai mai vista una bmw che vola? Che spettacolo!” i colpi secchi e lenti e ben assestati della batteria, danno al brano la sua cifra stilistica... evocano per sublimare infatti, insieme ai controcanti, la tensione, attesa, che cresce di pari passo con la storia raccontata da Capovilla:
“sparare è come tossire, uccidere è come sputare una canzone, come dire, segno di buona salute”

“Vivere e morire a Treviso”: la “No Surprises” del Teatro degli Orrori, “spezzando la schiena dei giorni feriali” con un tocco di elettronica che non guasta, uno dei migliori brani del lotto:
“dentro di te c’è così tanto amore da rifare il mondo intero e non si direbbe”

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