Intervista a Colapesce


Ciao Lorenzo (tralasciando i doverosi complimenti ), come nasce, cresce e vede la luce “Un meraviglioso declino”?  Nel senso, ci racconti le tappe di quello che a nostro avviso è “un equilibrio artistico” praticamente perfetto, così intimo e armonico e allo stesso tempo così intenso e potente?

Grazie tante per “l’equilibrio artistico praticamente perfetto”, ho sempre difficoltà a gestire complimenti così importanti.  Il declino è stato registrato fra il Dicembre del 2010 e Maggio 2011. Riguardo alla scrittura c’è più di un anno di lavoro. Sono molto puntiglioso e prima di arrivare alle stesure definitive dei brani ho smontato e rimontato il materiale decine di volte. Dopo vari esperimenti mi sono ritrovato fra le mani 19 canzoni, abbiamo fatto una selezione e siamo arrivati a 15 tracce e poi 13 (l’idea era di incidere 11 tracce perché non amo i dischi lunghi, ma non abbiamo avuto il coraggio di togliere “Il mattino dei morti viventi “ e “Bogotà”). Dal punto di vista produttivo abbiamo fatto un lavoro certosino dalla scelta dei microfoni fino alle corde da montare sulle acustiche. Prima di essere musicisti, siamo degli ascoltatori appassionati.

Nei testi, “il quotidiano”, “gli oggetti comuni” sono pronti per rappresentare sempre altro... senza scomodare per forza Thomas Elliot, a cui il primo De Gregori si ispirava chiaramente...  quali sono le influenze letterarie a cui attingi o ti ispiri, sempre se ci sono?

Il disco è pieno di riferimenti letterari e cinematografici diretti e indiretti. Te ne svelo alcuni abbastanza evidenti: Ariosto, Bufalino, Pavese, Calvino, Machiavelli, Baronciani per quanto riguarda i primi; Brian Yuzna, Hitchcock, Wes Anderson, Bergman, Paul Thomas Anderson per i secondi.

Passando alle musiche e agli arrangiamenti, le fonti da citare sarebbero sicuramente troppe, la domanda in tal caso verte sul modo di coniugarle e riunirle in un corpus unico e originale, da suonare così fresco e moderno?

Ascolto svariati generi musicali e passo da Gino Paoli ai My bloody Valentine con nonchalance.  Era inevitabile che questa trasversalità in qualche modo influenzasse un meraviglioso declino. Non ho una formula magica, cerco di essere sincero con quello che faccio, il primo ascoltatore del progetto sono io. Diciamo che scrivo e suono quello che mi piacerebbe sentire: banale ma vero. E poi trovo stupido ghettizzarsi in un genere o in uno stile. Non mi escludo a priori la possibilità di fare il prossimo disco punk o per coro e organo.

Andando a parare su temi più generici, come ti sembra lo stato della musica italiana odierna, indie o meno?

Agonizzante, con sporadiche punte di ripresa. Non ascolto tanta musica nuova, non per preconcetti o prese di posizione, ma perché la sento arenata al modello Gaetano / De Gregori, in altre parole agli urlatori e ai faloisti. Il mainstream non m’interesse minimamente e, secondo me, da qualche anno produce solo “monnezza”. Programmi come X factor o Amici sono delle metastasi, dei Karaoke ben agghindati e sotto mentite spoglie. Fra i gruppi nuovi di questo giovane 2012 mi piacciono i Quartieri e gli A Classic Education.

E restringendo il campo alla Sicilia?

La Sicilia invece sta vivendo una rinascita importante. Cesare Basile con L’Arsenale (federazione siciliana delle arti e della musica) sta facendo un ottimo lavoro.  Realtà come il Teatro Coppola fa ben sperare a un reale cambiamento. L’isola è piena zeppa di progetti interessanti: Barbagallo, Tellaro, Nicolò Carnesi, Di Martino, Fabrizio Cammarata, Iotatola, Suzanne Silver, Clouds in a Pocket, Mapuche, Dallas, Waines, Bananalonga per citarne qualcuno. Poi ci sono realtà discografiche come Indigena (a capo i mitologici Uzeda) l’800A di Fabio Rizzo (produttore del Pan del diavolo) e La Vigna dischi di Paolo Tedesco (sua la bellissima prima uscita di Giampiero Riggio disponibile in freedownload su bandcamp) e ancora Rocketta, rassegna itinerante ideata e gestita da Paolo Mei, che da 3 anni permette a decine di gruppi non siculi di esibirsi sull’isola. Insomma, ci si muove.

Il tuo disco è praticamente uscito “in streaming”, è questo il futuro, per arrivare a più gente possibile, suonando il più possibile?

Personalmente sono molto legato ai supporti, ma non trovo niente di male nello streaming e nel dare alla gente la possibilità di scegliere cosa eventualmente comprare. Lo streaming è sicuramente il futuro. Per quanto mi riguarda lo uso solo per la consultazione, perché credo che l’mp3 sia il formato peggiore in cui ascoltare la musica. Noi ci siamo “difesi” stampando pure il vinile, a parte al cd. Non vedo l’ora di iniziare il tour, il live è dimensione ideale per Colapesce.

Restando sul futuro, anche se forse avrai già risposto altrove, gli Albanopower ce l’hanno ancora o...?  

Gli Albanopower non si sono mai sciolti e mai si scioglieranno, sono solo in pausa a tempo indeterminato. Io, Toti Valente e Giuseppe Sindona al momento siamo concentrati su Colapesce.

Dove possiamo venire a vederti dal vivo?

Faremo un lungo tour grazie a DNA concerti a partire da Marzo, a breve sul nostro facebook annunceremo le prime date.

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