Autoritratti con oggetti - Gianluca De Rubertis


Voce e parole da pelle d'oca, strumentisti d'eccezione e arrangiamenti di gran classe... quel "genio" di Gianluca De Rubertis, rilascia un album davvero incantevole, dove sapori antichi dimenticati tornano di colpo dagli anfratti della memoria, freschi e attuali, pronti per essere nuovamente gustati.
Un mix di canzone d'autore, jazz, melodie anni 60 e ballad del decennio successivo che si fondono amabilmente per deliziare corpo e soprattutto spirito... perchè "Autoritratti con oggetti", con la sua poesia, ora cruda e spietata, ora ironica e distaccata, ora fuggitiva e improvvisamente complice  è all'anima che parla, non smettendo di regalare suggestioni, sensazioni, profumi... ascolto dopo ascolto.

“Rimanere male”: come a dire: "Stai seria con la faccia ma però..." del resto anche qui siamo a tavola, con Enrico Gabrielli al clarinetto:
“poi dici qualche cosa di cretino, qualcosa molto simile a ti amo e tutta la mia vita mi sovviene, mi si spalanca il tragico avvenire”

“Io addio”: ”son desolato ma io non ho più voglia di essere io...” malinconica e intensa ballad jazzata per piano e voce, col violino di Rodrigo D’erasmo:
“la fronte scotta mi casca un dente, la pasta di cui tu sei fatta è niente”

“Lilì”: con atmosfere che richiamano Massimo Bubola, con Marco Ancona alla chitarra elettrica, da segnalare anche i soli di tromba:
“Lili’ piange e mai rincaserà, è troppo umana ed anima non ha”

“Hotel Da Fine”: con una storia alla Capossela e un procedere solenne e spettrale a tempo di marcetta jazzata, tutto molto suggestivo:
“... che quello che hai visto poi un bel giorno canti”

“Mariangela”: un mood anni 60, immerso nei ricordi di un’estate, col sax di Enrico Gabrielli in evidenza, leggera e godibile:
“poi te ne vai all’improvviso come chi scappa o chi muor, mi bevo un alcolico corroborando il cuor”

“Singolare Donna”: con la voce di Lucia Manca e la chitarra di Marco Ancona, oscura ballad che gode di un testo ancor più criptico e di un arrangiamento regale, grazie anche a violino e filicorno:
“prepari il beneficio, implori venia dagli occhi tuoi che sono vesuviani...”

“Amore Colbacco”: struggente e profonda, una vera e propria poesia per piano e voce... da brividi:
“e scartabello i fogli di te sedimentata come i ricordi di un ciclope amante che prossimo si stenta alla parola”

“La prima vera parola”:elogio del silenzio, magia (da circo e anima da) cinema che sembrano quasi rincorrersi in questa delicata e affascinante melodia:
“le parole non sono niente, sei zitta così da non poter parlare”

“Il valzer della sera”: "senti freddo all'improvviso cos'è?"... intima e nostalgica, antica e sognante... sviscerando la solitudine: 
“soli si può scongiurare la sera?”

“Mazurka”: notturna e sospesa, con gli inserti di filicorno a coronare l'ottimo arrangiamento:
“sei un ramo con addosso mille foglie, le perderai prima d’esser mia moglie”

“La città”: flauto, clarinetto, filicorno... e la voce profonda del nostro, in fuga dalla città del nulla e dei morti viventi:
“canta sulle rotte della nostra nudità”

“Signorina”: un Buscaglione "lucido", con Gabrielli che si cimenta con clarinetto e flauto... un vero "piacere":
“qui verso parlottando io potrei, signorina del piacere, piacerei”

“Parlorama”: "inneggiare alla vita 90 60 90"... con la sorella Matilde ai cori, la traccia che chiude questo pregevole esordio solista, è una ballad "recitata" sghemba e ammaliante,  dalle sonorità retrò anni 70:
“Dire le cose come stanno, bene”

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