Ghost Dance - The Mantra above the spotless melt moon - Recensione e Intervista



Premettiamo che questa non è una vera e propria recensione ma non è neanche un'intervista,  è una via di mezzo, tra Napoli e Juventus, birre di importazione e bicchieri adatti, tra aneliti di Cocteau Twins, l'attaccare lo spazio dei Mercury Rev, il cuore e la sperimentazione dei Radiohead, l'etereo di Jeff Buckley, Bjork senza orpelli e manierismi, ma gli Estasia piuttosto? E con gli A Toy's Orchestra, niente da dichiarare? Evocati da noi... e Billie Holiday, i Pink Floyd, i Massive Attack, i Portishead tra le risposte, amore a parte per Tom York e soci si intende.... non senza farmi notare che certi accostamenti letti qua e la, tipo Anna Calvi...  con tutto il rispetto ma noi non l'abbiamo mai ascoltata... 
- "Noi ascoltiamo musica a 360 gradi e senza preconcetti, quando siamo stati in America, trovarsi tra i quartieri simbolo di certe storie tipicamente rap, per farti un esempio è stato come a dire, un concetto chiarificatore... è vita vissuta in versi insomma"... 
James Blake tanto per farti un altro nome che a noi non accosterebbero mai, invece ci piace eccome... e ti dirò... non è escluso che... ad essere sincero a parte l'hard rock stereotipato... siamo musicalmente onnivori"
- E a parte tutto, "ognuno nella nostra musica ci sente quello che vuole"... e sentite la teoria del nostro, ampiamente condivisibile:
"- Se tu sei cresciuto musicalmente negli anni novanta, ci sentirai per forza di cose dei determinati suoni... il fatto è che la situazione sarà identica se tu sei cresciuto negli anni ottanta o settanta... ognuno ritrova in qualche modo i suoni con i quali è cresciuto"
E ancora, sulle nostre domande su scena indipendente o meno, streaming, download e mezzi di diffusione di massa annessi nel calderone musicale italiano:
- " Facciamo la musica che amiamo, la portiamo in giro, non ci sentiamo parte di nessun movimento o scena che dir si voglia... non perchè ci sentiamo migliori, ma perchè semplicemente miriamo a questo, a far musica, la nostra... nel miglior modo possibile.
Tornando all'album, è il gusto della sperimentazione nelle fughe elettroniche psichedeliche, un uso più che intelligente dell'elettronica, funzionale,  a risaltare, al servizio della "canzone" non in quanto forma statica, ma nel suo insieme, che grazie alla lezione beatlesiana.... o della scuola pop inglese in generale,  che dir si voglia, che fa si che il corpo non deflagri... ma che si insinui nei meandri della digestione e comprensione musicale... per assurgere ad atto artistico in primis originale e di perfetta forma compiuta, stiamo parlando infatti  di un album che va assaporato più volte ed oltre... sembra quasi che i nostri lascino opportunamente per così dire dei minimi punti di riferimento, giusto a ribadire che ci vuole una forma pur sempre, ben codificata da cui partire, anche per sovvertirla del tutto o semplicemente giocare con essa ed essere tutt'altro... rispetto al precedente lavoro c'è per cos' dire più ritmo, meno crepuscolare e meno spigoloso, più sinuoso e morbido nelle parti elettroniche specialmente, il lavoro assurge di prasssi alla qualifica di più maturo...  conferma e rilancia, per sempre nuove sfide insomma.
Facciamo un pò di strada, è il caso di dirlo, in cerca di qualcuno che sappia versare una birra in modo quanto meno coerente con la sua professione,dibattendo "amabilmente" sul cuore del Napoli... che con tutto il rispetto, essendo chi scrive "leggermente" juventino... è il bassista della band, ovvero, Davide Hope Famularo che ci racconta le canzoni a modo suo, partendo dal fatto che è un disco di getto, di cuore, passione, inciso in tre settimane appena, preludio ai concerti in America... una fase creativa fulminea e accecante come l'amore per la musica,  dall'intro che proviene direttamente dall'ultima traccia, come un ciclo, uno ZA... un cut ottimamente assestato, che il testa o croce appunto di Heads or Tails rappresenta in toto Napoli e il Vesuvio... l'anima, il soul, la perenne inquietudine che mischia bellezza e pericolo e che vede il mare come unica via di fuga: "I got power 'cause my spirit lives inside your heart
I rule on this land and I always will"... Death Baby Chicco come Atom Heart Mother dei Pink Floyd a racchiudere il senso e la voglia di un titolo che avesse tre parole per dire tutto, altro che sole cuore e amore insomma dove però musicalmente sono i Cure il riferimento, quelli meno smorti si intende, "I'm sailing on the ceiling of the universe I reach a planet where somebody lived" e ancora The Wolf, epica, da colonna sonora, dove noi ci troviamo Morricone, confermato! Ma anche a risaltare è l'impianto prog delle origini dei nostri... e questa è l'occasione per ribadire, come i Mantra si siano formati, amici da sempre praticamente, dove il legame affettivo è pari a quello musicale se non di più e che un bel sentito grazie a MySpace, a quando funzionava, non guasta..."I'm a forest
I'm the night owl I'm the oak tree I'm the lone wolf" mentre Trieste con il suo approccio punk, gli stop and go, continui ed efficaci con finale evocativo ha nell'anima il concerto tributo per i Japan  e il ricordo di una serata finita sul molo tra suggestioni ed emozioni spontanee, "I sit on the dock, at the end of the world, the sea is a blackboard, the moon is a bomb, the wind is singing a song, the calm before the storm".
Blue Army, la traccia che noi preferiamo, scopriamo che è ispirata a Napoleone, fumetto della Bonelli, per la precisione il numero due, dove ad essere protagonisti sono i pensieri, i meandri della mente "We have lost the war against the fate trapped inside a mirror we lost memory and faith meandering within shadows". 
L'inadeguatezza di Harlequin che contiene nell'etimologia del suo stesso nome (infernale) il rifiuto alla parata dei bambini (sintomo di purezza) festanti, Those are not my friends, they are wicked and they don't dance, what a strange parade, Humans, you should scream run and hide from me"... per proseguire con le costellazioni di macchine e movimenti artificiali del singolo, all'alba di Napoli,"I would never get out of this dream
I could never go home to sleep" e le atmosfere trasognanti e suggestive di Slow Motion, che è per cos dire un tango alla Massive Attack,"I'm living a loop and I never get home when I'm dreaming, Living my future and dreaming my past, my heart slowly beats in my chest"... per concludere con la riuscita accoppiata finale, dove due brani ben distinti finiscono per sposarsi amabilmente... come a dire, "le affinità elettive"We are the flowers of yesterday, the seeds of tomorrow we reap sous-venirs / souvenirs while we bathe mid air in the morning light", da segnalare che Manao Tupapau è ispirata dal quadro omonimo di Gauguin... "è lo spirito dei morti che veglia su di noi o che ci osserva?
"There's a ghost around my bed There's a ghost inside my head"... Ascoltando nel frattempo, una grande band.

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