Odio gli indifferenti - Piotta



Se dal punto di vista musicale questo album non offre niente di nuovo, in quanto le tracce pur differenziandosi si muovono su consolidati stilemi legati alla tradizione dei generi prescelti di volta in volta e dal punto di vista testuale ci troviamo al cospetto di testi si solidi, sociali, impegnati, ma niente di trascendentale... ebbene, nelle mani del nostro, questi due aspetti, trascendono le prime impressioni, per convogliare in un progetto unitario, in una comunicazione efficace e in un ascolto godibile e confacente ai giorni nostri, ergo attuale.
Il Piotta realizza alla fine il disco che J AX, non è stato capace di fare fino in fondo, ora con quello che restava degli Articolo 31 (troppo dispersivo), ora nella sua carriera solista (troppo autoreferenziale, troppo spazio alla dance che fu e ai ricordi), un disco sincero, in primis, “semplice” nelle parti strumentali e diretto nelle parole, senza scadere mai in entrambi i casi, ma mantenendo alta la qualità della proposta lungo i solchi dell’album, con una serie di ospitate eccellenti, a ribadire la credibilità del progetto in se.
Un album, il settimo, che sdogana definitivamente il Piotta, mettendone in risalta tutte le sue qualità:

“Odio gli indifferenti”: semplice e lineare, la traccia che apre l’album ricorda celebri amalgame rap/rock... il risultato è ampiamente godibile e la voce “nobile” di Capovilla dona inevitabilmente autorevolezza al pezzo:  
"io odio gli indifferenti, io odio la finta opposizione, io odio il vostro trasformismo, io odio la vostra doppia morale"

“Goccia dopo goccia”: reggae sound, con tanto di citazione nel titolo degli Africa Unite e tanto di Bunna, scusate se è poco... con un buon testo e un ottimo ritornello:
"se io mi agito sarò contento, se non mi fermano sarò contento, se non mi calmano sarò contento e goccia dopo goccia scaverò il silenzio"

“I.N.P.S. (In nome del popolo sovrano)”: reggae/ska, quasi a proseguire il discorso musicale del brano precedente, che si perde forse un pò testualmente, nel ritornello e nel bridge:
"in nome del popolo sovrano quello che era nostro l'hai già mangiato"

“Troppo poco”: impreziosita da Di Giacomo del Banco del Mutuo Soccorso e Viterbini dei Bud Spencer Blues Explosion, la traccia è pervasa da antico furore epico, con un grande ritornello:
"C'è sempre uno schiavo più schiavo dell'altro, il mercato globale punta più in alto..."

“Metto in discussione”: “... le certezze che non ho” come un pezzo “tamarro” alla Daniele Silvestri, danzereccio e trascinante su temi peraltro caldissimi e questioni morali... il risultato è assolutamente geniale:
"Tutti pro life fino a che tu nasci, ma dopo cazzi tuoi fino a che ce lasci che se ce riesci cresci nella polis dei parenti dove seppellito in chiesa c'è De Pedis mica Welby"

“Didascalica bis”: “è musica lasciala scorrere fluida”

“Piotta è morto”: settimo disco, settima traccia... l’ideale... “dammi tre giorni pischè” citazioni a gò gò... dai polizieschi a Fabri Fibra, passando per Caparezza al rock’n’roll ed Eminem... il nostro celebra la sua morte artistica rap, per rivendicare ironicamente appunto con la sua rinascita, l’ampiezza delle vedute musicali odierne e la sua indipendenza artistica:
"la figa non c'è, la bamba non c'è, ma Piotta dov'è?"

“Mai mai mai”: approccio punk alla ruggeri “prima di te” per il piglio della voce e ritornello ska, mix perfettamente riuscito:
"Disubbidiente io sono stato e lo sarò sempre"

“Il domatore”: “dalla snai alla rai”, un pop/rock chitarristico di maniera, poco originale, che può ricordare nelle armonie melodiche persino i Timoria, ma assolutamente efficace:
"Salta c'è il fuoco dentro te, finchè la rabbia prenderà il sopravvento"

“Io non rido”: con gli Skiantos nel cuore, perfetto esempio del nuovo corso, un crossover di base ampiamente riuscito, dove il nostro assesta i suoi colpi sui servi del potere
"Monotono stereotipo politico fallito"

“Roma calling”: Clash e rap duro e puro “tra i gironi di Montecitorio”... con Rancore e Dj Mike la commistione dei generi trova in questa traccia il suo apice:
“e non manipoli una piazza quando è sgombra”

“La verità è rivoluzione”: delizioso patchwork di citazioni

“Piazzale Lagosta,1”: e arriva persino la ballad, del resto “mandami un segnale è tempo di sognare”, a chiudere il disco, sentita dedica alla madre scomparsa... 

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