Canti Bellicosi - I Cosi



La genuinità /ingenuità, l'incoscienza, la speranza, la sincerità di quello che furono gli anni sessanta nella canzone italiana, vengono presi di peso e rimescolati, ottimamente aggiornati da I Cosi, che mancavano da troppo tempo sicuramente e tornano più affinati e consapevoli dei loro mezzi, per non dire maturi, termine fin troppo abusato.
"Canti Bellicosi", il titolo è già tutto un programma dove la titletrack stessa incarna la perfetta sintesi dell'intero lavoro, sia dal punto di vista concettuale, ovvero lo spirito e la voglia di sconfiggere i nostri conflitti/pensieri che inevitabilmente devono rapportarsi " con l'altro di turno" per forza di cose, sia dal punto di vista musicale ed è li che possiamo trovare tutti gli elementi indispensabili alla comprensione di esso, che ritroveremo sotto altre forme lungo i solchi, con la medesima perizia.
Sintetizzando possiamo dire che questo è il lavoro filologico che pretende e giustamente, di gettare orizzonti nuovi nella canzone moderna, che Morgan, "un nome a caso", porta avanti da qualche anno coi suoi omaggi ai grandi della canzone italiana con risultati abbastanza discutibili e che solo al suo esordio solista aveva centrato solo in parte il giusto approccio alla materia... tutto questo per dire che nelle mani, nei suoni e nelle parole de I Cosi il risultato invocato arriva nitido e forte, pardon bellicoso:

"Canti Bellicosi": profumi anni sessanta, per questa ballad pop ad ampio spettro melodico, perfettamente costruita: strofa, ponte e ritornello sono da manuale... il recupero di certe sonorità che ben confluiscono nella modernità dell'arrangiamento, vuoi anche per certe dinamiche e l'impostazione della voce, fanno venire in mente il Morgan migliore, ovvero quello di Canzoni dell'appartamento:
"tu che mi chiedi come andrà ed io che scrivo una canzone"

"Cose nuove": "ho le vertigini al pensiero che tutto resti sempre uguale", un beat trascinante con le chitarre elettriche in evidenza che si apre all'ottimo e invasivo ritornello, non a caso è il brano che ha anticipato l'album:
"cerco dentro te cerca dentro me cose nuove"

"Universo": irresistibile marcetta, dall'incedere sognante e speranzoso, che affonda ancora le radici negli albori della musica italiana moderna, rielaborando il tutto con gusto e stile:
"parla tu che forse io imparo le parole solo se le dici tu"

"Settimana enigmistica": un folk incalzante colorato di funky che sfocia nella malinconia dell'inciso, "nella consapevolezza dal non avere le risposte":
"una domenica un pò strana proprio quello che ci vuole"

"Romanticamore": "tu come la notte che ho nel cuore da quando tu non ci sei più" cavalcata western, solenne ed epica, impreziosita da ottimi innesti strumentali ad accrescerne il pathos, insieme alle parole "eterne e d'altri tempi" :
"ma l'amore vivrà anche senza di noi"

"L'assedio": citando Piero Ciampi e mantenendone la teatralità suggestiva "dell'Italiano", serrando le atmosfere  arricchendole quasi di tragicità ritmica per necessità impellente:
"ci piaceva parlare di carne e di sangue nudi sull'erba a guardare chiunque"

"Le ragioni degli altri": "L'Inferno sono gli altri", sosteneva Albert Camus e i nostri su questa massima costruiscono  un beat martellante alla Celentano, reso straniante dalle chitarre e ancor più incisivo dai vari orpelli strumentali e dal non aprire sull'accordo in maggiore nel ritornello come di costume, per non spezzare in alcun modo, anzi ad acuire la tensione:
"pensavo fosse facile capirti"

"Se non": languida e suadente con le chitarre a farla da padrone, l'inizio è un riuscito incrocio tra Madamoiselle Boyfriend dei Baustelle e i Non voglio che Clara, per poi crescere ed evolversi con l'inserimento della parte ritmica e dei fiati, "respirando" per così dire a pieni polmoni:
"basta non dire più niente tutto si compie da se"

"Fotografia":delizioso bozzetto d'antan, genuino e nostalgico, interamente giocato sugli arpeggi chitarristici e la voce che vi si appoggia morbidamente:
"la tua fotografia l'avevo messa via tra le pagine di un libro letto già"

"Quello che so": "non saremo più soli"... atmosfere liquide e profonde per un mood rarefatto e intenso, col piano elemento portante e la voce opportunamente ovattata, con un riuscito solo di chitarra elettrica a prendersi la scena nel finale, come se i nostri proprio per l'ultima traccia avessero in qualche modo virato sul decennio "fonte d'ispirazione", passando dai '60 ai '70 con disinvoltura e classe a far presagire il prossimo capitolo della loro personale rilettura... speriamo in caso di non attendere altri 5 anni per del nuovo materiale:
"io non lo so che ne sarà di noi quando il mondo scomparirà in un secondo" 

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