Armi - Alessandro Grazian



Ottimo ritorno per Alessandro Grazian che mischia in maniera efficace electro pop, sferzate punk, ballad avvolgenti e malinconiche a dei testi scarni e convincenti senza dimenticare la melodia, non abusando minimamente di ritornelli o facilonerie pop.
Un album maturo che non ha punti deboli,  suggestivo e ricco di sfumature, con degli arrangiamenti magistrali e un uso intelligente dei cori.
La penna del nostro è abrasiva e pungente e mai sopra le righe, perfettamente aderente a un sound sempre più consapevole.
Otto canzoni insomma con tutti gli ingredienti al posto giusto, rilasciate con cura certosina da un autore che meriterebbe sicuramente di più:

"Armi": sonorità retrò e piglio punk, con un interessante bridge che allenta la tensione, la traccia risulta ampiamente coinvolgente e ben congeniata, miglior inizio non poteva esserci:

"Diamoci un’altra chance, puntiamo ad est, usciamo da questo cast perché... Perché di armi ne ho"

"Soltanto io": suadente e ipnotica ballad mid tempo ottimamente arrangiata, circolare nel suo dipanarsi, con una parte strumentale giocata sui cori di grande effetto e sorretta da un ottimo testo:

"Ho versato il vino al mio assassino... che sono io, soltanto io"

"Se tocca a te": siamo su territori electro pop ancora dal gusto retrò con un incedere marziale e le virate dei synth in evidenza, come la melodia, amara e nostalgica... altro gran testo:

"Sarà per il padrone a cui prometti grande disobbedienza, con tanta convinzione da passare inosservato, sarà per la buona cura della tua quintessenza, che consiste nel rinunciare a tutto quello che hai amato

"Estate": splendida e sinuosa ballad, ancora una volta circolare, giocata sulla ripetizione del verso a fine strofa: "oh marinaio portami via", armonicamente eccellente, con ficcanti inserti strumentali che donano al climax surplus emotivo:

"Estate delle conchiglie calpestate, nodi alla gola stanca di troppa sete, scherzi d’acqua sotto il sole, sabbia calda che fa male, tutti i muscoli che si fanno compagnia"

"Nonchalance": "ride bene solo chi non ride aspettando il suo turno per dire si, così sia"... suggestiva e carica di tensione altra ballad con le ritmiche sostenute e con un ottimo uso dei cori:

"Per erosione divento sabbia, ed ero roccia sotto la neve, ed ero roccia sotto le vene, per erosione divento rabbia"

"Helene": il brano più cantautorale dell'album, con glia arpeggi di chitarra in prima linea, con ancora una volta un uso dei cori più che adeguato, che accresce il pathos narrativo specie nel suggestivo finale strumentale che pian piano si trasforma, colorandosi di scorci psichedelici e cambiando finanche tempo:

"non capiresti mai la scelta che lui ha fatto già"

"Non devi essere poetico mai":  in una parola trascinante, il brano più rock delll'album, quasi alla maniera dei Clash... nel testo Alessandro sembra che parli direttamente a se stesso:

"chi in alto vuole andare non ha che da strisciare, onore risparmiato, due volte guadagnato, non fa per te"

"Il mattino": ballad dilatata con la ritmica a scandire e a dare profondità alle armonie melodiche,  solenne, con un finto ritornello nel mezzo che scandisce più volte "Buon Anno" per poi dare successivamente appuntamento al primo ottobre al Prato della Valle... dove a Padova solitamente si celebra il Capodanno, criptico ma intrigante, ancor più se pensiamo che quest'anno quel giorno si celebra "il prato dei bimbi":

"tu hai da poco un anno in più e un sogno in meno e vuoi la mia sbronza, la mia vendetta, ed è la sola cosa che non ho avuto mai"

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