Ecco di Niccolò Fabi



Grandissimo ritorno per il cantautore romano attorniato da una schiera di amici musicisti, tra gli altri Roy Paci (dove nei suoi studi in Puglia tra l'altro il disco è stato registrato), Roberto Angelini,Pier Cortese, Riccardo Parravicini, Fabio Rondanini, Gabriele Lazzarotti, tanto per citarne alcuni... per 10 canzoni più uno strumentale che ci regalano un Fabi al massimo della sua espressione artistica, 10 canzoni senza sbavature, che convincono in toto, che hanno il dono dell'intelligenza ma anche della orecchiabilità, canzoni semplici, pardon "elementari" che hanno la forza dell'urgenza e arrivano senza fronzoli, dirette e incisive, cariche di tensione emotiva eppur leggere, dannatamente piacevoli.
Un album che fa riflettere su tante cose, con acume e classe, godibile e raffinato... che declina il verbo pop con garbo come da sempre del resto Niccolò ci ha abituato ma che non manca di graffiare... non ci sono brani consolatori, c'è una riflessione profonda, quasi filosofica sui rapporti umani, sull'essere umano in questa società moderna... la leggerezza è invocata semmai  nella naturalezza delle proprie azioni in risposta alle contraddizioni e alle assurdità dell'uomo. 
Leggerezza che vince nel sound, sempre fresco e accattivante, che si amalgama magistralmente con l'intensità narrativa di ogni brano, nessuno escluso.

"Una buona idea": emozionate, intensa, commovente, toccante... non si può davvero restare indifferenti alle parole in primis ma anche al crescendo musicale che fa del primo singolo estratto dall'album una grande canzone d'autore moderna:
"orfano della morte e quindi della vita, mi basterebbe essere padre di una buona idea"

"Io": "non sarà mica l'ego l'unico nemico vero di questo universo, non sarà mica certo questo piccolo pronome il centro di ogni discorso?"... Un reggae ironico e trascinante che si esalta nell'evocativo finale, coi fiati sugli scudi... ricorda un pò il Fabi degli esordi, ma molto più smaliziato, più pungente:
"non è il mestiere mio assomigliare a dio per quanto bella sia l'idea si chiama ego mania la nuova malattia di questa società"

"I cerchi di gesso": "potevo fare qualsiasi cosa l'importante era coprirsi"... Fabi canta l'ingenuità, la purezza del primo sguardo, in un mix di ricordi e immagini suggestive, con un inciso martellante e poi il sapiente uso dei cori,l'ottimo l'arrangiamento con gli archi a risaltare gli snodi del testo:
"ho iniziato a parlare tardi poi non ho più smesso"

"Indipendente": che tutti dichiarano di essere "ma chi lo è davvero?" Altra lucida disamina con notevoli punte d'ironia sui ruoli che la società impone, nella ricerca continua della propria strada che culmina nel chorus, che nel finale si libra letteralmente:
"e restare per sempre l'amante di tutto"

"Elementare":"come un bacio in una favola"... chitarre e archi a cui fa seguito la sezione ritmica e gli inserti di piano per un arrangiamento di gran classe... altro gran testo, dove l'uomo adulto ritrova la semplicità del bambino e dove tutto d'incanto diventa naturale... elementare appunto:
 "come un'altalena libera come un pallone che rotola".

"Le cose che non abbiamo detto":"nessun silenzio può durare troppo a lungo"...  ipnotica e incisiva, con il ritornello che parte subito e il cantato di Niccolò che si sporca leggermente, da sottolineare anche lo strumentale finale, davvero degno di nota:
"per tutte le parole che volevi urlargli in faccia che a forza di pensarle ti son rimaste in testa"

"Sedici modi di dire verde":"i pensieri che più della sabbia mi bruciano gli occhi questi occhi che ancora ringraziano di essere qui"... una cantilena sull'apparenza, sui punti di vista... uno sguardo "altro" sulla realtà con le chitarre languide e i cori:
"essere bianco non è esattamente essere candido"

"Lontano da me": "io sto bene lontano da me dove nessuno sa chi sono"... una sorta di country/folk opportunamente contaminato che celebra la libertà del viaggiatore... senza pensieri:
"con quella libertà speciale che ha solo l'uomo di passaggio"

"Verosimile": "perchè quello che appare nello schermo è soltanto un imbroglio" una riflessione amara ma sempre col solito garbo narrativo su quanto i rapporti siano condizionati dallo strumento "televisione"... per non parlare dei sogni... con le chitarre elettriche a punteggiare, su ritmiche funky e un ritornello arioso e melodico:
"il vostro mondo non esiste quando salta la corrente"

"Indie":breve strumentale che richiama inevitabilmente la quarta traccia e rimarcando azzardiamo, la sua indipendenza artistica... tutta giocata sul pianoforte che sembra quasi trovare la serenità.

"Ecco": la titletrack che arriva a chiudere l'album è la più tirata dell'intero lavoro, nonostante non sia propriamente rock, rispetto al resto qui ci sono le chitarre elettriche in evidenza e anche la voce del nostro ha siffatte sfumature che non dispiacciono affatto: 
"io certo non ti lascerò mai andare"

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