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Io e Te di Bernardo Bertolucci
Bernardo Bertolucci torna finalmente al cinema dopo una pausa lunga nove anni e come per The Dreamers (il suo ultimo film) sceglie ancora un ambiente chiuso, al posto della casa di allora questa volta è una cantina il "teatro", dove va in scena la fuga di Jacopo Olmo Antinori che deve fare i conti "con l'irrompere nel suo mondo" (elemento tipico dei film del regista) della sorellastra Tea Falco. L'adolescenza tormentata del ragazzo che soffre di una sindrome di narcisismo è narrata col solito grande stile del maestro con movimenti di macchina avvolgenti e nel modo di posizionare la mdp che faranno la felicità dei cinefili più avvezzi, mirabile la sequenza a tal proposito del ristorante, in cui lui e la madre interpretata dalla sempre convincente Sonia Bergamasco, vengono prima ripresi dal basso e poi osservati dal punto di vista di un estraneo. "Se io e te non avessimo punti di vista saremmo liberi di osservare la realtà come realmente è senza farci influenzare... " ed è proprio questo che fa e ci spinge a fare Bertolucci riproponendo il libro di Ammaniti che collabora alla sceneggiatura, insieme a Umberto Contarello e Francesca Marciano cambiando qualcosina qua e la rispetto al libro per rendere il tutto più scorrevole e il finale quel tanto che basta... meno didascalico e più intenso. Uno sguardo dunque intenso ma quasi distaccato, il più reale possibile... come non sottolineare a tal proposito i primi piani sui brufoli di Antinori o il vomito della Falco. Uno sguardo lucido all'interno di un meccanismo "ossessivo", rappresentato dalle azioni del ragazzo, sublimate nell'operatività meccanica delle formiche, che si isola per scelta costruendosi la sua personale gabbia d'orata, eppure è destinato a cambiare e crescere ma per farlo occorre l'intervento forzato esterno, inevitabilmente... e allora bisogna che le formiche escano fuori (è ovviamente la sorella in un atto di ira a distruggere il formicaio e a far entrare il caos all'interno del suo microcosmo). Interessante e visivamente di forte impatto è il montaggio alternato che sancisce "la maturazione" del ragazzo, quando finalmente accetta "l'altro" e lei dorme... allora Bertolucci paragona il suo protagonista a un armadillo che esegue a velocità il percorso ad ostacoli dentro la gabbia con l'ormai ex adolescente che si muove convulso disegnando un otto nello spazio angusto della cantina.La fotografia di Fabio Cianchetti fatta di ombre e schiarite non fa altro che accentuare lo sguardo del regista donando all'insieme maggiore profondità, senza intaccare "la distanza" per meglio restituire la realtà dei fatti. La colonna sonora impiega Cure, Muse, Red Hot Chili Peppers e un inedito David Bowie che canta in italiano "Ragazzo solo, ragazza sola", traduzione della sua "Space Oddity" su testo di Mogol... a scandire "la fuga" dai problemi adolescenziali del ragazzo in modo assolutamente confacente.
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