L'Ultima Thule di Francesco Guccini



Sempre uguale a se stesso Francesco Guccini (quasi come a volevasi dimostrare "abito sempre qui da me in questa stessa strada che non sai mai che c'è")che ha "ancora la forza" è evidente ma non poteva cambiare ovviamente di certo per quello che oggi è e sarà il suo ultimo album. E' quasi con tristezza infatti che si ascoltano queste tracce, ma come dice lui stesso:"se ci ho messo otto anni a fare un altro album"... tocca rassegnarsi. Sarà "L'ultima volta" non ci sono dubbi insomma che si potrà godere dell'artigiano Guccini... "Io non artista solo piccolo baccelliere" diceva anni fa in "Addio", lo ripete oggi... appunto in "Artisti":"Io semplice essere umano sono solo un umile artigiano"... ma a fabbricare "sedie e canzoni" di tale fattura sono davvero in pochissimi, "Caro il mio Francesco", come direbbe Ligabue... a ribadire che in queste "otto tracce" come da consuetudine, il nostro senza discostarsi troppo dal suo essere appunto Francesco Guccini, rilascia pura maestria, distillata in poetiche delucidazioni sociali, politiche, storiche e quant'altro... immerse nei ricordi e nel tempo come ha sempre fatto e come ha sempre detto, del resto: "Cantare il tempo andato sarà il mio tema perchè negli anni uguale sempre è il problema: e dirò sempre le stesse cose viste sotto mille angoli diversi, cercherò i minuti, le ore, i giorni, i mesi, gli anni, i visi che si sono persi,  canterò soltanto il tempo" (Il tema)... aveva dimenticato di dire forse per umiltà "l'artigiano Francesco", che lo avrebbe fatto sempre con assoluta qualità:

"L’ultima volta": il primo singolo è un brano folk in pieno Guccini style con ottimi inserti slide e l'armonica sul finale "rallentato" molto suggestivo, che racconta come sempre, come nessuno... tutto già sentito a partire dalla musica e a finire col testo, sia chiaro, niente di trascendentale, ma la classe non si smentisce:
"dimmi adesso ragazza di allora quando e dove te ne sei andata perchè e quando e dove ti ho dimenticata ti sembrava durasse per sempre quell'amore assoluto e violento quando è stato che è finito il niente e che è stato che tutto si è spento non ha visto nemmeno settembre" 

"Canzone di notte n°4": "hey notte che ti strusci come un gatto contro gli angoli più oscuri del paese"... in questo quarto capitolo Guccini si rivolge direttamente alla sua cara musa e questa è la novità più sostanziale, l'altra è il tema principale, ovvero "le domande rimaste senza risposta tra i ricordi e i raffronti tra l'oggi e ieri", dopo lo sguardo ubriaco di vita che si fa per forza di cose serio a un certo punto della notte: "la malinconia non è uno stato d'animo"(1) e la vitalità, la forza, l'appartenenza: "forse perchè son vivo e voglio in questo modo dire... sono" (2) e ancora "i sogni" fra bari e vincenti di professione: "e si vinca solo in sogni straordinari"(3), per il resto il nostro ricalca la struttura delle precedenti "dediche", il brano è lungo ben otto minuti, ma tante sono le variazioni ed è ricco di inserti strumentali che non è allentano il ritmo interno, ma lo mantengono intenso e costante:
"hey notte che mi lasci immaginare fra buie luci quando tutto tace di giorni per la quiete e per lottare il tempo di tempesta e di bonacce notte tranquilla che mi fai trovare forse la pace"

"Su in collina" tra il piglio e la struttura "donchisciottoniana" e "alcuni audaci in tasca l'unità" ("E insieme all'altra stampa clandestina doveva consegnarci "l'Unità"), il brano ha ottimi orpelli strumentali che avvolgono le atmosfere del racconto di orgoglio partigiano, ma è anche tuttavia il più ostico all'ascolto, del resto è la traduzione quasi letterale, un semplice adattamento alla lingua italiana della poesia di Vandelli  "Môrt in culéṅna" , racconto di un triste episodio della lotta  sulle colline della Linea Gotica.:
"Il cartello passò di mano in mano sotto la neve che cadeva fina in gran silenzio ogni partigiano guardava quel bastone su in collina"

"Quel giorno d’aprile": la strofa è uno strano mix tra "Canzoni stonate" e "Chiedi chi erano i Beatles" ovviamente a livello di qualche accordo e melodia, che non dispiace per niente tuttavia, intensa poi è l'apertura ariosa e il trasporto emotivo del ritornello, il testo è pura poesia, perso fra le immagini della guerra passata e i ricordi visti/misti al futuro per così dire:
"e domenica in bici con lui hai più anni e respiri l'odore delle sue sigarette e del fiume che morde il pontile si dipinge d'azzurro di fumo ogni vago timore in un giorno d'aprile ma nei suoi sogni continua la guerra e lui scivola ancora sull'immensa pianura e rivede quell'attimo breve le cicogne sospese nell'aria i compagni coperti di neve"

"Il testamento di un pagliaccio": "muore intossicato da sogni vani di democrazia"... marcia funerea a mò di sberleffo, dove si sente la banda di paese e quella del circo e una spruzzata di Don Raffaè di De Andrè, ha dunque un incedere che trascina, a guardar bene poteva stare benissimo in "Opera Buffa", tanto il testo è ficcante e incisivo nonchè ironico e tagliente, sociale e politico al tempo stesso... sicuramente uno dei migliori brani della raccolta:
"E per chiusura del mesto corteo noi tutti fingeremo un'orazione ricordando quel povero coglione cantando in gregoriano "marameo"

"Notti": "forse le cancellerai, forse le canterai"... scritta insieme con Cristian Grassili e Gaspare Palmieri del progetto "Psicantria” originariamente intitolata "Giorni" è uno dei brani più immediati del lotto, molto ricco melodicamente che gioca per contrasto di toni tra la leggerezza /nostalgia nella quale è intriso e l'importanza delle parole, cantate dal nostro col piglio di chi ne ha viste tante di "notti" e prova ancora una volta a narrarne le gesta e a porre ancora "domande" ma mentre in "Canzone di notte numero 4" parla in prima persona, "coinvolto" qui il discorso è rivolto all'ascoltatore, quasi un invito a porsi delle domande:
"Notti in difesa giocate di sponda lì ad aspettare la tua giusta onda notti da preda, da belva o da insetto fuggite o prese di petto impermeabili ad ogni ricordo"

"Gli artisti": una canzone amara con la chitarra a punteggiare "la tristezza"... è però la fisarmonica a prendersi la scena, dal punto di vista musicale, il testo è una lama affilata dove fanno capolino constatazione e rassegnazione di "un genere" che non è umano... è semplicemente quello "di credersi artista":
"Ah come invidio gli artisti che vivono nell'utopia! Perché anche una vita infelice si illumina con la fantasia. Io semplice essere umano, costretto a costretti ideali, sono solo un umìle artigiano e volo con piccole ali. Fabbrico sedie e canzoni, erbaggi amari, cicoria, o un grappolo di illusioni che svaniscono nella memoria, e non restano nella memoria"

"L’Ultima Thule": "Io che tornavo fiero ad ogni porto dopo una lotta, dopo un arrembaggio, non son più quello e non ho più il coraggio di veleggiare su un vascello morto".... svolgimento epico e solenne con la chitarra spagnoleggiante e virate progressive per un Guccini capitano al suo ultimo viaggio, metafora ardita sulla sinistra odierna, discorso personale, o forse entrambi... o meno... è una grande canzone comuqnue: 
"Dov'è la ciurma che mi accompagnava e assecondava ogni ribalderia? Dove la forza che la circondava? Ora si è spenta ormai, sparita via"

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