Marta sui Tubi - Cinque la luna e le spine



Giunti al quinto album i Marta sui Tubi sembrano quasi rimarcare con questo lavoro che non hanno da dimostrare un bel niente a nessuno, tanto meno a Pupo o Albano o giustificare al pubblico della prima ora una fantomatica svolta che altro non è che evoluzione, come persone e artisti e non ha niente a che vedere con Sanremo o risvolti commerciali che dir si voglia... ma senza perderci in discorsi che lasciano il tempo che trovano e sono più adatti a un forum, una bacheca o a un cinguettio intendiamo con quanto asserito poc'anzi che i Marta non giocano più col fattore sorpresa o shock in certi casi di arrangiamenti o testi passati, gli strambi, i folli possono apparire oggi appena a Sanremo e al suo pubblico e qua chiudiamo il cerchio affermando sostanzialmente che in questo nuovo album c'è il mestiere acquisito negli anni, quindi l'esperienza, c'è la classe innata e intatta, c'è una maturità, consapevolezza d'intenti che è pregio e mai sinonimo di adagiarsi o confezionare il compitino, semmai di vestire al meglio questi figli senza bisogno di stupire per forza o di sperimentare ad ogni costo, c'è autorialità insomma per quello che può significare e senso della misura anche nell'approcciare nuove strade sonore che non vengono prese d'assalto ma ogni elemento del percorso intrapreso è dosato sapientemente, innestato con cura nel corpus Marta. Se il precedente album era quasi un best of di inediti per quanto era variegato e ben riconducibile ad ogni singola radice passata ogni brano, qui siamo di fronte a un numero zero vero e proprio, non a caso Gulino parla del disco più sperimentale mai realizzato...  Un disco che non ha punti deboli o canzoni meno belle, ne riempitivi, che è ben piantato nel presente e si scorge sul futuro con coraggio di chi le canzoni le sa scrivere e ha sempre voglia di rinnovarsi:

"Il primo volo": "Sto bene come sto"... con la chitarra in primo piano e la voce di Gulino a tratti rabbiosa, il brano ha un incedere trascinante ed è immerso come atmosfera "nella nebbia fra le mani" cantata,  che cresce e si sviluppa nel suo dipanarsi, è un bridge infatti che si snoda in più parti a dare la cosiddetta cifra stilistica:
"se mi avvicino voli via se mi allontano torni qui, satelliti e pianeti che si sfiorano sfuggendosi"

"Dispari": "non ti vergogni di mostrarti nuda come una cipolla che non sa far piangere?" confusione e creatività uguale a ritmo, piglio pop e orchestra, per i Marta che hanno stupito Sanremo comunque, anche se è passata "la versione più rassicurante" questo è un brano che piace e non smette di crescere con gli ascolti:
" complimenti per gli amici ma quanti te ne fai?"

"I nostri segreti": "c'è innocenza in noi"...  l'apertura alla melodia è totale, ariosa e complice e trova il suo apice proprio "nell'apertura" della frase citata all'inizio, con un bridge breve e funzionale:  
"a chi vuole un passato presente e poi si ritrova imperfetto"

"Vorrei": "ancora più bellezza"...  rassicurante per Sanremo rispetto a Dispari, ma la lotta è senza senso, energia e poesia vanno di pari passo, c'è più melodia è invero qui e l'andamento solenne l'ha fatta preferire alla platea sanremese:
"chiedo perdono ai punti cardinali dello stare al mondo per non averli riconosciuti"

"Vagabond Home": per la prima volta una composizione originale in inglese, il lirismo e l'intensità dei nostri fanno il resto, un folk western con sfumature psichedeliche affascinante e intriso di mistero, uno dei brani migliori del lotto

"Il collezionista di vizi": "c'è qualcuno che sa prendersi cura della propria realtà?" piglio funky e atmosfera "liquida" (ma anche morbida e torbida, come una tentazione) che viene esplicitata nel librarsi melodico del ritornello:
"un vizio è tale quando sei te a decidere di farti del male"

"Tre": blues lento e marziale che da vita alle tentazioni torbide della traccia precedente, con la voce ben presente che ben presto deraglia "alla Marta sui Tubi"... è la Muratury di questo album per così dire,  giocosa e irriverente, ricca di variazioni e accelerazioni di tempo, il live sarà il suo naturale campo di battaglia:
"e io credo fermamente nell'amore e l'amore che non crede in  me" 

"La ladra": "piccola, la vita non è un bar non ti servono non verrà nessuno a chiederti se vuoi un'aranciata, la vita spremila"...  un mood sospeso e magico, per "incominciare a colorare i sogni che respiri di verde", dove lirismo e intensità vanno di pari passo.

"Maledettamente bene": convulsa e "accelerata" senza tralasciare la melodia, anzi, con un suggestivo momento di stasi a catarsi nel finale:
"se un sogno è afferrare la coda di un cavallo che scappa via io lo fermerò"

"Grandine": "l'arte non paga i diritti d'autore alla realtà"... "seducente", tutta giocata sull'attesa e sul lirismo, Gulino qui canta in modo nuovo ed è la voce oltre al testo ad assurgere a significato primario, interiore è la parola che ne viene fuori:
"perchè bisogna leggersi dentro prima di incominciare a scrivere"

"Polvere sui maiali": indole blues e risvolti quasi jazz per questa traccia che  può apparire come un divertsemant ma è un compendio di bravura, con Carmelo Pipitone alla voce:
"vivo su un tetto che scotta sul letto resti di navicelle spaziali"

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