Un disco pop a tutto tondo, per usare la più semplice delle definizioni è questo "La città del niente" dei Lolaplay, che mischiano con gusto melodico, dance d'annata, tiro rock, accenni funky e classiche ballad d'impatto con testi impegnati e ricercati eppur semplici e diretti, pieni di belle costruzioni. Non ci sono brani sotto la media, c'è un disco fatto per essere ascoltato e ballato perchè no, energico e propositivo più mainstream che indie per intenderci ma non è ovviamente un difetto, anche perchè la confezione non è affatto patinata. Di contro, ma è una logica conseguenza a ben guardare del discorso di cui sopra, a volte i livelli della voce, per i nostri gusti sono troppo in primo piano, specie nelle prime tracce e le melodie catchy dei ritornelli, che sono appiccicosi da subito ma nel contempo sembrano ricordare qualcos'altro... eppur vero che è di pop che si sta parlando ed è sicuramente fatto bene:
"La città del niente": "con alcun sogno da poter realizzare"... piglio funky/rock d'assalto con l'apertura totale alla melodia nel ritornello.
"Non comprate questo disco": "dovreste anche imparare a ballare e avere rispetto per amici di amici", primo singolo estratto... con una base ritmica dance accattivante e la solita botta rock, è una critica ai talents e al pop costruito a tavolino in genere, diretta e incisiva.
"Musa": "io venderò il mio cuore alla migliore offerente senza preoccuparmi più che sia un organo vitale anche per me"... i toni vengono un pò smorzati con questa energica ballad pop abbastanza standard nel suo dipanarsi, con un ritornello melodicamente ben assestato.
"Signorina paranoia": "io rivorrei la libertà di scoprire che non è sempre qualcosa che odiamo ciò che fuggiamo, qualcosa che serve ciò che cerchiamo"un mood retrò avvolge le sonorità dance e le colora opportunamente, non male anche perchè in questa traccia la voce si amalgama maggiormente agli altri strumenti.
"Antidoto": "vivere nel paradosso di una razionalità istintiva non ci cambierà le regole anche la luna è un'abitudine ma lei non ci stanca mai" sospesa e carica di tensione, con un ottimo testo, è un'altra ballad convincente.
"Fantasma":" è una falsa politica ma è dedicata tutta a te... l'errore è credere che essere un fantasma ti terrà al sicuro anche da te" un funky dissonante e disturbato che stavolta non cede alla melodia nel ritornello, direttamente dal girone degli ignavi danteschi il testo è una critica compiuta ed efficace.
"Il paese dei balocchi": piace l'uso vintage dell'elettronica che stempera il climax teso del testo sulla ritmica sostenuta da filastrocca velenosa: "come vi sentite ora che il vostro eden è un inferno?"
"Confessioni di un killer sentimentale": "sono vero sono falso dipende dalla tua abitudine al fallimento più nero" ariosa ballad con uno dei migliori testi dell'album, che si sporca di rock strada facendo, da segnalare anche il suggestivo bridge prima del secondo ritornello.
"Talk show": "credo che andare sempre comunque contro allontani dalla realtà dei fatti anche se la realtà dei fatti a volte è solo fantasie di strane parole" con una citazione appena accennata della sigla del Maurizio Costanzo Show parte il brano, seguito da una buona commistione dance/punk che alterna chitarre taglienti e disturbanti e intermezzi di tastiera pienamente azzeccati:
"demagogia ossessiva siamo tutti fermi nel centro in un mondo di favola rinchiuso in un mondo di favola sintetico"
"La sposa": ballad a tinte noir (sarò l'ultimo bacio che ti soffocherà) che ricalca le precedenti strutturalmente con una parte "lenta e sinuosa" a cui fa seguito "l'esplosione" più tipicamente rock del ritornello:
"tu ora ti sei scoperta tra sogni sterili che ti accompagnano impreparata al duello che perderai"
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