E' il nostro miglior album recitano le note stampe del nuovo gruppo "Campetty"... miglior album e gruppo nuovo stonano in effetti nella stessa frase, ma se siete un minimo sul pezzo o quanto meno avete seguito l'intervista rilasciataci dai nostri nei giorni scorsi non avrete di certo dubbi... del resto i Cccp non ci sono più cantava Vasco Brondi, ma neanche i Csi a dirla tutta e neanche i Pgr... e non ci sono più gli Edwood e gli Intercity e allora? Vi siete confusi completamente? Alla fine, si gioca... e si presenta il primo capitolo dei Campetty, intitolato "La raccolta dei singoli", titolo che dice tutto delle intenzioni bellicose della band, "è il nostro miglior album"... appunto.. Noi a dire il vero non sappiamo se lo sia effettivamente, perchè ci piacevano e non poco i lavori fatti dai fratelli Campetti come Edwood ed abbiamo apprezzato a dismisura il passaggio all'italiano come Intercity, quindi si innesta in noi una questione quasi affettiva, ma fuori da ogni dubbio o ricordo, possiamo asserire che questo è di certo un altro grande album e che è destinato a crescere negli ascolti... per il resto, le canzoni devono fare il loro tempo e un giudizio lapidario e solenne per quanto ci riguarda lo daremo al prossimo album dei Campetty, sempre se si chiameranno ancora così (perdonateci ma non abbiamo resistito)... Asserito ciò, in questo album c'è tutta la cifra stilistica del gruppo ben espressa, che nel corso degli anni è in costante corso di evoluzione e ci sono gli "aggettivi" che prevalgono sempre per descrivere una band del genere rispetto a una chitarra, a un cantato o a una ritmica particolarmente azzeccata... ci sono immagini, evocate dalle parole, qui forse meno filmiche, più criptiche e forse nel complesso più affascinanti, ci sono i fratelli Campetti e c'è tutto un mondo, ci sono emozioni che prendono il largo e il biglietto che avevi tra le mani te l'hanno già staccato da un pezzo quando te ne accorgi e ti ritrovi nel bel mezzo del viaggio come rapito:
"(L'intro)": "ho poco tempo sai nonostante l'ozio" pianoforte e... intensità, "Cattivo come un rottame di auto"... peccato sia solo un intro, in quanto uno sviluppo a tinte psichedeliche ci avrebbe fatto gola...
"francamente si fotta la bellezza e la moda, la tua faccia da figa la la la"
"Cowboy blues": "la donna cannone è un lungo sermone"... sporca e scarna, incisiva, a tratti claustrofobica, col finale acustico, può far venire in mente gli ultimi Verdena per i rimandi a certi sapori '60 per restare in Italia:
"Shakespeare era un matto,parole scandite, le odi alla luna, sonetti d’amore, un’ora che piove,qui un giorno ci vedranno amoreggiare,travestiti da cowboy a cavalcare
su quell’isola di Wight a musicare"
"Nuoto dorsale": ritmica accattivante e mood anni '80, assolutamente trascinante:
"Lasciami un barlume di vita sociale, come questo fosse un fatto normale,tinte miste per un anno migliore, questa bella vista si tinge di neve,viso del millennio, amaro da bere, cucciola ti trovo davvero speciale,nuoto, stile, rana, nuoto dorsale, nuoto, stile, rana, nuoto dorsale
Ma si freddami tra i boschi, tra i boschi"
"The muffa forest": "allucinogena" con tanto di uso appropriato dei cori, ha una ritmica che si mantiene incalzante nel mentre che il gruppo assesta opportune variazioni e colora il quadro con inserti strumentali:
"Poi aumentare di colpo il proprio tasso alcolemico, o forse andare al massimo o meglio andare in Messico"
“Lungofiume”: piccolo gioiello indie pop, racchiuso in appena due minuti dove pur il gruppo riesce ad essere conciso e vario:
"canti con stile e armonica, soffermarsi su un disco dei Pulp
ore di sonno al limite, piove,un fiume diventa litio, si muove"
“Mariposa Gru”: morbida e sinuosa, avvolta in un mood sospeso e inevitabilmente avvolgente, habitat ideale per la voce di Sara Mazo:
"sei forse energico, tu che sei sempre un brivido
porno skinny amatoriale, skinny legs sei sensoriale,
lingua lunga mi stai bruciando
riempimi di rossofuoco, tra farfalle silenziose,
un lungo viaggio tra mariposa gru"
“Tenda Prodigy”: piglio anni '90 nella strofa, con la chitarra in evidenza, più ultimi Blur che Prodigy per intenderci, con ritornello (se si può chiamar così) più ricercato e suadente:
"sfondo a questo cielo giallo, aquiloni a giro sballo, assordanti crash,lampada cinese in viaggio, corto e medio giro raggio, prendimi con te,divertiti, ammira l’alba a passi, concentra gli occhi da qui coi Prodigy in tende americane, ma poco indiane, io si"
“Brasilia”: citazionismo testuale e finezze in fase di costruzione per un andamento evocativo che presto si fa complice:
"amami divinità, Ariel ed Eros, voglio spontaneità tra leccornie e pathos,incoraggiami come se fossi un tondo di Giotto,
aspetto presto “L’era del cinghiale bianco”,incontrami nel tuo giardino ortica, ti prendo e poi ti porto via Cherry Daiquiri"
“Il Parco dei principi”: ritmica e apertura melodica ricordano inevitabilmente gli Intercity... ah, ma sono sempre loro, con la voce di Sara, infatti...
"Qui un profumo di quel non so che,
dai brividi dell’estasi all’inizio dell’incipit armonizzante
tu che sei bella come un fiore sai, concedimi quel ballo si
al parco dei principi"
“Vittoria”: dopo il parco dei principi, quello della vittoria... per chi si intende di monopoli, sa che è per così dire il sequel del suddetto...forse non c'entra niente, anzi quasi sicuramente.. in ogni caso piace il muro di chitarre che fa a pugni con la melodia sotterranea che si abbracciano con i cori nella seconda parte del brano:
"in un giorno qualunque fossi per te, un uomo importante, fossi per te,qui non c’è un sabato facile, un giorno sensibile da inventare,poi da qui uccido i pensieri in più, affitto le notti e un Dio al drink vittoria"
“A Nastro”: suggestiva ballad che ha il suo apice nell'apertura melodica e decadente del ritornello che viene "sfruttata" in una sorta di bridge che continua, a volte forse un pò invadenti gli inserti di tastiera:
"così è la vita dal tuono al lampo, le strade vuote, l’odore di fritto,le direzioni, sembri felice, moderno scatto, sorriso a nastro"
“(L'Outro)” Montagne BIO: con le chitarre protagoniste nel tessere la trama e una sezione ritmica incalzante, il brano chiude più che degnamente l'album e questo nuovo "ennesimo capitolo" dei fratelli Campetti:
"raccontami le storie in comune con
con voce sussurrante e volume al minimo, che bello che è
raccontami le storie in comune con
con voce dirompente e volume al massimo che bello che è
“No time no space, I read the news today”
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