Una giornata con Vinicio Capossela





Alla III edizione del “Festival del Giornalismo d'Inchiesta” svoltosi a Marsala dal 3 al 5 maggio, proprio nella serata conclusiva il marinaio venuto da lontano ha dato il meglio di sé ad un pubblico che l'ha seguito passo passo, in questo approdo di garibaldina memoria. Nelle infinite stanze del Complesso San Pietro, Capossela ha presentato in anteprima assoluta il suo ultimo libro, “Tefteri, libro dei conti in sospeso”, in uscita il 15 maggio prossimo per la casa editrice “Il Saggiatore”, un amore parallelo iniziato anni fa prima con “Non si muore tutte le mattine” e poi con “In clandestinità”. A presentare l'incontro Marco Meana; a dialogare con l'autore il giornalista di Report Alberto Nerazzini, leggermente in imbarazzo: “Con Vinicio ci conosciamo da 16 anni...” e l'artista irpino ha confermato, svelando che all'Istituto Tecnico, di chimica, l'unica formula che ha imparato è quella del gas: “Un gas si espande finchè ha spazio. Ho cercato di fare questo. Le musiche ci parlano di un modo di vivere, oltre le canzoni in sè”. Come ha spiegato lo stesso Capossela, Tefteri è in greco un taccuino in cui si annotano i conti, quelli rimasti in sospeso, in cui Vinicio ha scritto frasi ed immagini, persone incontrate in questo suo viaggio in Grecia. Una Grecia mortificata dalla crisi, un viaggio nella Grecia di oggi e del mito, nella terra di Omero, ove tutto nacque e dove tutto, probabilmente rinascerà. La Grecia ci sta dimostrando come in Europa sia in atto una disgregazione d'identità. “Vinicio è un artista completo e questo libro ha un taglio giornalistico, è un romanzo civile il cui percorso è iniziato tanti anni fa e culminato nell'ultimo disco “Rebetiko”, ha detto Nerazzini. Dalle parole di Capossela ascoltiamo come è nato questo percorso, nato da una passione per i paesi dell'Est: “Rebetiko è un blues greco. Inimmaginabile. Si canta per farsi cantare. Sono musiche dell'assenza, che si suonano vicino al mare nelle taverne. La musica rebetika è stata illegale per un periodo e riassume le peculiarità della Grecia. Nella musica greca non ci sono le scale ma i modi e l'improvvisazione sui modi è qualcosa che ti porta via... Questo momento di crisi non si può sottovalutare. Ho letto una scritta spray che diceva: “La Grecia è solo l'inizio” ed è vero è stata sempre l'inizio”. Poi Capossela si fa sociologo: “Il sistema economico ha stabilito gerarchie e tante cose sono cambiate nel modo id stare insieme. Ed il rebetiko affonda le radici nella pena, nell'assenza, nella morte. La musica serve a questo e mi ha colpito il senso di appartenenza: l'essere soli ma in un abbraccio”. Vinicio racconta dei nostri padri, dei nostri nonni, che non se la passavano meglio di oggi, anche se viviamo la crisi; dovevano portare il cappello in un certo modo, ascoltare un certo tipo di musica. Oggi invece i greci vanno in taverna, mangiano, bevono ed ascoltano una musica, quella rebetika che parla di loro. ECapossela in “Tefteri” si trasforma in biografo e racconta dei personaggi che incontra, come Iannis. “Ad Atene ero andato a prendere un libro “Rebetiko tragudi” dove tragudi sta per canzone ma è più vicina alla parola tragedia. 



In realtà – racconta Capossela – circa 3000 anni fa, gli attori in scena portavano il canto del capro, perchè gli attori venivano pagati come un capro. In questo viaggio ho conosciuto la figlia del grande musicista greco Psaradonis, Niki. Sono andato con loro per comprare uno strano “bagaglino”, uno strumento. Sono andato a prenderlo fino a Salonnico”. Tutto ciò viene raccontato in “Tefteri”. Ed il musico di Hannover racconta in esso anche aneddoti vissuti in terra omerica, come la lettura del caffè, il rispetto per i classici e... il lancio dello jogurt. Si perchè un cattivo artista deve “guadagnarselo il palco con la pubblica indegnità”. In realtà il libro è quasi politico, si parla anche di tasse, di stipendi ridotti all'osso anche nel settore pubblico. Ed il musicista si pone questa riflessione: “Come mai in questi paesi, dove il modo di vivere è il più vicino a quello dell'uomo, c'è la crisi? Come può l'Europa farci questo, quando Europa deriva dal greco; anche nelle nuove 5 euro c'è un simbolo greco; euro che tra poco i greci non potranno utilizzare più”. “Viviamo in un Paese schifosamente corrotto e di riciclaggio – ha detto Nerazzini – e lo scopo di questo libro è di far riflettere. A breve uscirà anche un film di Vinicio ed un altro disco”. Anche il capitalismo c'entra, c'entra sempre. Perchè la cultura del capitalismo ti dice: “Consuma, consuma consuma”. Questa crisi ci porterà di nuovo all'origine, a lavorare la terra, a nascondere i soldi sotto il mattone. “La vita è di più di questo – afferma Capossela – produrre amore, sorrisi. Questa crisi può essere importante per sapere cosa è bene. La gente è tornata al pavimento. Forse le nuove generazioni faranno meglio ma quelli che oggi avevano in banca 100mila euro si sono rovinati. I greci sono disperati, ma nella disperazione sono convinti di una cosa, come mi hanno detto: qui abbiamo il sole...”. I dati economici dicono che la Grecia si riprenderà nel 2025, ma loro non possono attendere così tanto e nel frattempo sperano, c'è il sole... Oggi in Grecia il rebetiko è dentro ognuno di quella gente ed è per questo che non lo ascolta più nessuno... dobbiamo andare a sentirlo altrove...


Vinicio Capossela è un marinaio, un viaggiatore perso tra i mari delle nostre terre fertili, come le chiama lui e del suo fertile mare, si presenta sul palco del Teatro Impero di Marsala (a chiusura del Festival del Giornalismo d'Inchiesta) con la camicia bianca del nostromo, il cappellino, la barba folta e la giacca da uomo di mare... si presenta come Ulisse in un viaggio interminabile con la voglia di tornare alla sua Itaca...che s'è specchia nell'onde del greco mar, ove Venere nacque vergine. E la Sicilia, “Mar sala” e le musiche del mar salato, la Grecia, l'Africa, la Spagna Capossela le racconta come un figlio di queste terre, lui così milanese dall'accento, nato in Germania, ci ha raccontato la nostra terra madre come noi stessi non potevamo fare meglio. E inizia con onde che si spiaggiano, perchè come racconta nei suoi tanti monologhi, tra poesie e racconti epici, a lui piace fare la musica della risacca, quella che si infrange sugli scogli. Ed inizia con “... marinai...”, la lancia del pelide, le pleiadi in cui i naviganti cercano la via per tornare, guidati dalle sirene... le sirene che ammaliano... ed ancora oltre i recinti della ragione con “Nostos”, la calda e suadente “Morna”, “Non è l'amore che va via”, la straordinaria bellezza di “Scivola vai via”, “Abbandonato”...fino alle canzoni dell'ultimo disco “Rebetiko”, un blues greco che ha incantato Capossela, portandolo a vagare per le vie di Atene e Salonnico tra malinconia, nostalgia, tristezza ma forse speranza di un Paese così umiliato negli ultimi anni, dove un popolo deve tornare all'origine, ad amare le semplici cose... e da qui Vinicio canta “Canción de las simples cosas” di Mercedes Sosa. Ma come non citare i profumi dei frutti del Sud d'Europa, dei suoi fiori in “Una rosa”.Poi il palco si trasforma in “inferno” e Capossela e un minotauro e canta “Brucia Troia”... Ma il Mediterraneo è ponte tra culture diverse... ed un pensiero va a chi è morto per la pace nei luoghi di guerra: Vittorio Arrigoni. Quando entra in scena la trapanese “Ottoni Animati”, banda di paese di fiati e tamburi, non fa certo patire l'assenza di Roi Paci e la sua “Banda Ionica”, interpretando davanti ad una platea in visibilio, "La Madonna delle conchiglie”, marcetta sull'immigrazione; citando ovviamente Goran Bregovic e la sua banda dei matrimoni e funerali, si arriva a parlare di terra con “Il ballo di San Vito” e“SS. Dei Naufragati”... miraggio il profondo sud di salvezza per tanti popoli e tanta gente che per attraversare il “caldo mare” è morta lì... e quindi il sotto terra... un tipico funerale di paese, nel catanese...”Su purtaro o campo santo” ed ancora matrimoni, matrimoni come unioni di inciuci politici...


Insomma un Capossela che non si è risparmiato, con i suoi musicisti Alessandro Stefana, Vincenzo Vasi, Glauco Zuppiroli, Zeno De Rossi, tra gli altri, cantando circa una ventina di canzoni senza interruzioni, citando anche Quasimodo ed il ciclope, che non è altro che il vulcano dell'Etna che sprigiona fuoco e calore... Una serata indimenticabile per chi è stato presente ma forse anche per lui, il marinaio, l'Ulisse senza dimora che ci ha insegnato ad amare la nostra terra, che la cultura e le tradizioni del sud vanno recuperate perchè tengono in piedi un Paese, anzi l'Europa. E per finire si fa “abbracciare” dal pubblico con una dolce “Ovunque proteggi”... non dormo e ho gli occhi aperti per te...

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