In realtà – racconta Capossela – circa 3000 anni fa, gli attori in scena portavano il canto del capro, perchè gli attori venivano pagati come un capro. In questo viaggio ho conosciuto la figlia del grande musicista greco Psaradonis, Niki. Sono andato con loro per comprare uno strano “bagaglino”, uno strumento. Sono andato a prenderlo fino a Salonnico”. Tutto ciò viene raccontato in “Tefteri”. Ed il musico di Hannover racconta in esso anche aneddoti vissuti in terra omerica, come la lettura del caffè, il rispetto per i classici e... il lancio dello jogurt. Si perchè un cattivo artista deve “guadagnarselo il palco con la pubblica indegnità”. In realtà il libro è quasi politico, si parla anche di tasse, di stipendi ridotti all'osso anche nel settore pubblico. Ed il musicista si pone questa riflessione: “Come mai in questi paesi, dove il modo di vivere è il più vicino a quello dell'uomo, c'è la crisi? Come può l'Europa farci questo, quando Europa deriva dal greco; anche nelle nuove 5 euro c'è un simbolo greco; euro che tra poco i greci non potranno utilizzare più”. “Viviamo in un Paese schifosamente corrotto e di riciclaggio – ha detto Nerazzini – e lo scopo di questo libro è di far riflettere. A breve uscirà anche un film di Vinicio ed un altro disco”. Anche il capitalismo c'entra, c'entra sempre. Perchè la cultura del capitalismo ti dice: “Consuma, consuma consuma”. Questa crisi ci porterà di nuovo all'origine, a lavorare la terra, a nascondere i soldi sotto il mattone. “La vita è di più di questo – afferma Capossela – produrre amore, sorrisi. Questa crisi può essere importante per sapere cosa è bene. La gente è tornata al pavimento. Forse le nuove generazioni faranno meglio ma quelli che oggi avevano in banca 100mila euro si sono rovinati. I greci sono disperati, ma nella disperazione sono convinti di una cosa, come mi hanno detto: qui abbiamo il sole...”. I dati economici dicono che la Grecia si riprenderà nel 2025, ma loro non possono attendere così tanto e nel frattempo sperano, c'è il sole... Oggi in Grecia il rebetiko è dentro ognuno di quella gente ed è per questo che non lo ascolta più nessuno... dobbiamo andare a sentirlo altrove...
Vinicio Capossela è un marinaio, un viaggiatore perso tra i mari delle nostre terre fertili, come le chiama lui e del suo fertile mare, si presenta sul palco del Teatro Impero di Marsala (a chiusura del Festival del Giornalismo d'Inchiesta) con la camicia bianca del nostromo, il cappellino, la barba folta e la giacca da uomo di mare... si presenta come Ulisse in un viaggio interminabile con la voglia di tornare alla sua Itaca...che s'è specchia nell'onde del greco mar, ove Venere nacque vergine. E la Sicilia, “Mar sala” e le musiche del mar salato, la Grecia, l'Africa, la Spagna Capossela le racconta come un figlio di queste terre, lui così milanese dall'accento, nato in Germania, ci ha raccontato la nostra terra madre come noi stessi non potevamo fare meglio. E inizia con onde che si spiaggiano, perchè come racconta nei suoi tanti monologhi, tra poesie e racconti epici, a lui piace fare la musica della risacca, quella che si infrange sugli scogli. Ed inizia con “... marinai...”, la lancia del pelide, le pleiadi in cui i naviganti cercano la via per tornare, guidati dalle sirene... le sirene che ammaliano... ed ancora oltre i recinti della ragione con “Nostos”, la calda e suadente “Morna”, “Non è l'amore che va via”, la straordinaria bellezza di “Scivola vai via”, “Abbandonato”...fino alle canzoni dell'ultimo disco “Rebetiko”, un blues greco che ha incantato Capossela, portandolo a vagare per le vie di Atene e Salonnico tra malinconia, nostalgia, tristezza ma forse speranza di un Paese così umiliato negli ultimi anni, dove un popolo deve tornare all'origine, ad amare le semplici cose... e da qui Vinicio canta “Canción de las simples cosas” di Mercedes Sosa. Ma come non citare i profumi dei frutti del Sud d'Europa, dei suoi fiori in “Una rosa”.Poi il palco si trasforma in “inferno” e Capossela e un minotauro e canta “Brucia Troia”... Ma il Mediterraneo è ponte tra culture diverse... ed un pensiero va a chi è morto per la pace nei luoghi di guerra: Vittorio Arrigoni. Quando entra in scena la trapanese “Ottoni Animati”, banda di paese di fiati e tamburi, non fa certo patire l'assenza di Roi Paci e la sua “Banda Ionica”, interpretando davanti ad una platea in visibilio, "La Madonna delle conchiglie”, marcetta sull'immigrazione; citando ovviamente Goran Bregovic e la sua banda dei matrimoni e funerali, si arriva a parlare di terra con “Il ballo di San Vito” e“SS. Dei Naufragati”... miraggio il profondo sud di salvezza per tanti popoli e tanta gente che per attraversare il “caldo mare” è morta lì... e quindi il sotto terra... un tipico funerale di paese, nel catanese...”Su purtaro o campo santo” ed ancora matrimoni, matrimoni come unioni di inciuci politici...
Insomma un Capossela che non si è risparmiato, con i suoi musicisti Alessandro Stefana, Vincenzo Vasi, Glauco Zuppiroli, Zeno De Rossi, tra gli altri, cantando circa una ventina di canzoni senza interruzioni, citando anche Quasimodo ed il ciclope, che non è altro che il vulcano dell'Etna che sprigiona fuoco e calore... Una serata indimenticabile per chi è stato presente ma forse anche per lui, il marinaio, l'Ulisse senza dimora che ci ha insegnato ad amare la nostra terra, che la cultura e le tradizioni del sud vanno recuperate perchè tengono in piedi un Paese, anzi l'Europa. E per finire si fa “abbracciare” dal pubblico con una dolce “Ovunque proteggi”... non dormo e ho gli occhi aperti per te...
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