Il Maniscalco Maldestro ... solo opere di bene


Ad appena un anno di distanza torna "Il maniscalco maldestro" con questo "... solo opere di bene", abbandonando le sperimentazioni elettroniche dell'ottimo "Ogni cosa al suo posto" per un sound più compatto e dal tiro più diretto, come a dire: niente fronzoli, si bada al sodo, tenendo salva l'eterogeneità della proposta in se, vera e propria cifra stilistica della band, ne escono fuori canzoni di ottima levatura, come da sempre del resto, dove ad emergere sono i canoni della forma canzone stavolta accettati maggiormente e fatti confluire nel ricco calderone dei nostri con efficacia, come filtrati, sottoposti alla cura... per certi versi possiamo riprendere un discorso che avevamo fatto in precedenza per i Marta sui Tubi... c'è un momento della propria vita artistica in cui non devi per forza "stupire" per rilasciare ottimi brani...  Si chiami maturità o meno ha poca importanza, ci siamo persi "giocosamente" nelle devianze elettroniche di gusto del precedente album, ci godiamo questo "ritorno alle origini"... in fondo a cambiare è solo l'abito, la parvenza... la sostanza per nostra fortuna è intatta, sin dalle chitarre abrasive e dal ritmo martellante di "Cervello in fuga": "ora corro scappo via la nazione affoga" tra botta punk, cori e apposite stonature, con un suggestivo intermezzo strumentale prima di ripartire a tutto spiano... "Briciole": impianto blues e ritornello trascinante "nella danza di chi nulla ha" con ancora uno stacco strumentale dove l'atmosfera diviene di colpo sospesa allietata da un canto lirico...  "incastrato ancora tra l'incudine e il martello resto solo con in mano il  mio cervello", seguono le orecchiabili e incisive "Al diavolo" che è il primo singolo estratto, semplice e diretta la strofa, rock, con le chitarre elettriche a punteggiare e un cantato quasi alla Caparezza: "al diavolo anche il diavolo" e "La valigia di cartone" dall'incedere blues.. tutto giocata sulla ripetizione dei riff con piano e chitarre che si scambiano i ruoli per "restare fermi immobili e farsi sorpassare". "Niente di importante" ragtime e dal mood popolare,  è trascinante ed energica col pianoforte portante "danzando incoerentemente tra la gente..." "Parole" è il gioiellino dell'album, una ballad a tinte tenui, sinuosa, con delicate armonie nel ritornello e con testo con svolgimento a tema "parole sparse parole perse parole forse prese in prestito", "Nessun dolore" cover di Battisti, i nostri cercano un parlato sensuale nella strofa e riversano l'indole aggressiva nel ritornello, passabile ma non indispensabile all'interno del lavoro nella sua interezza se non per far da contraltare quanto meno a livello testuale a "Non sento niente": “Dimmi cosa posso fare se non sento niente, se io giro e poi affogo nel mio fango quotidiano, ormai niente che distolga la mia mente, mai neppure una svolta contromano” , trascinante. che procede a stoppate per accumulo di tensione, con la chitarra elettrica che colora per un ritornello da coro da stadio... si prosegue con la convincente " Piove": "lentamente scivola come la pioggia inesistente lentamente rotola questa storia inconcludente" con  un cantato alla Piero Pelù nella strofa e le amare e ironiche "Confessioni di un italiano medio" assolutamente coinvolgente: "caro giovanni mi sento un poco strano parlo da solo in modo disumano caro giovanni a parte il tempo una vera merda". "Declino lento" vorrei vederti bruciare pensieri di rabbia e di intolleranza" ha un andamento funky e un tono solenne, dal testo ficcante e incisivo con tanto di finale strumentale convulso,  "Resto qui" "cuore non ho, solo fegato..." è poetica, scura, lenta e marziale e chiude il quarto album dei nostri come meglio non si potrebbe.

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