Mood Indigo - La schiuma dei giorni di Michel Gondry



Un topo dalle fattezze umane che finchè può sopravvivere nella sua scatola senza uscir fuori, vive come meglio non potrebbe, ma se anche solo per un attimo accetta di addentrarsi "nel meccanismo" che è la vita al di fuori della sua gabbia dorata... per lui è la fine... in quanto ne fa ormai irrimediabilmente parte, e dunque è soggetto anch'esso a tutto quello che comporta... eppure a rigor di metafora:
- "Sono le cose che cambiano, non le persone"...

Dal romanzo cult di Boris Vian del 1947, di una modernità sconcertante,  diretto da Michel Gondry (visivamente il film è eccezionale) sceneggiato da Luc Bossi e recitato ottimamente da Romain Duris, Audrey Tautou, Gad Elmaleh e Omar Sy, questo "Mood Indigo", deborda che è un piacere, sia nella vitalità magica della prima parte, sia nel girone infernale che è la seconda, con tanto di fotografia al seguito, che segue passo passo gli eventi, un plauso a Christophe Beaucarne appare quanto meno doveroso in tal senso.
Troppa carne al fuoco, sempre, si fatica a seguire la luce come l'oscurità per così dire, ma nel complesso, il lavoro ostico, la riduzione cinematografica di un tale proliferare di spunti, direzioni, messaggi... non era cosa facile, anzi... è tuttavia ben riuscita, nel senso che non è purtroppo il capolavoro che poteva nascere dall'insieme degli elementi, ma resta un film di sicuro fascino, che trova appunto la sua cifra stilistica nel procedere sempre per accumulo, non tanto nella storia, semplice e favolistica al contempo, quanto nei sotto testi, negli incipit lasciati a riflettere su un futuro/passato che forse è già la patina dei nostri giorni, meccanici, indotti, di solitudine estrema, egoisti... 
Non si salva niente, dal libro di Vian alla trasposizione di Gondry, l'amore è destinato a perire, dentro o fuori la famiglia, - "Signore che siano felici insieme, al sicuro dalla famiglia e dal lavoro" la religione, - "Mi da fastidio sentir dire sono povero ... le consiglierei di rivolgersi a dio ma per quella cifra..." è un ignobile pantomima, cultura, politica e droga assumono ben presto lo stesso significato, l'amicizia è solo un tornaconto, tutto si mescola e tutto si confonde, nel meccanismo moderno e  marcio dei nostri tempi, antichi e futuri... dove vince solo chi ha il potere, i soldi, la fabbrica.. dei sogni.
- "La produzione del suo settore è calata dello zero e due per cento, lei è licenziato, c'è già il suo sostituto".
Questa tesi pessimistica, viene sposata e contrastata dal regista con un prima ora di visione potremmo dire "chick and kitsch," parafrasando il nome dell'amico di sempre Gad Elmaleh e i giochi di parole tanto cari all'avvocato/maggiordomo di Omar Sy, dove il buon gusto non è però a rischio, colorata e iperreale, dove i colori appunto, la luce, la vita, la voglia del protagonista, Romain Duris, benestante, inventore del pianoforte cocktail, di non restar più solo: - "Non posso sopportare più questa solitudine, anche io pretendo di innamorarmi", sprizzano purezza e disincanto a ogni piè sospinto, contro la musica smielata e a tempo di "Sbircia sbircia"... "Chloe (chi meglio di Audrey Tautou avrebbe potuto interpretare questo ruolo?),lei è stata arrangiata da Duke Ellinghton?Ho fatto quella battuta perchè Clhoe è un pezzo di Duke Ellinghton... Duke Ellinghton il famoso pilota di automobili?" Ma arriva la malattia dell'amata "che cos'ha? Una musica strana al polmone destro" e tutto inizia a correre più velocemente verso l'esatto contrario... inesorabilmente tutto muta, ma con troppe stilettate per un corpo solo, la visione nuda e cruda di quella società apparentemente perfetta con tutti i suoi difetti è sin troppo brutale nel suo dipanarsi, e anche se lo scontro tra i due tempi, riesce comunque, le rivelazioni strutturali, sono sin troppo a getto continuo o semplicemente troppe e basta... questo per dire che una maggior misura, dosaggio, degli ingredienti narrativi a disposizione, poteva essere meglio scaglionato nel corso della narrazione, affinchè il passaggio non fosse così brusco e le rivelazioni una dopo l'altra che finiscono per perdere quasi valore filmico.
Rimane comunque, pur con tutti i suoi difetti, un film da vedere assolutamente, perchè nella sua confusione creativa, nel suo andare sempre oltre, è il topolino ad aver partorito la montagna alla fine e da lassù si può far sicuramente chiarezza e trovare la cura più idonea al male di questi tempi... forse l'ironia?  
- "Sua moglie è molto bella, 
- Però sta male, 
- Guardi.. per consolarla questa è la mia.. 
- Ahahah!!! 
- Ecco lo sapevo, ma una moglie non deve per forza eessere bella."

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