Rush di Ron Howard



"Niki mi fai un autografo? Si - Metti la data - Perchè? Potrebbe essere la tua ultima corsa"

Una battaglia per rimanere vivo, il controllo totale necessario e indispensabile contro la vitalità che imperversa e prende il largo, sognatori e ribelli entrambi, in un mondo lontano ma non così tanto, due modi di guida differenti, due modi di vivere totalmente agli antipodi, Niki Lauda(Daniel Brühl) e James Hunt (Chris Hemsworth)diedero vita a degli scontri epocali in formula uno, quelli che Ron Howard rende cinema in questo "Rush", si riferiscono più precisamente ai campionati mondiali del 75 e 76, che videro i due vincerne uno a testa... più testa Lauda, "qualcosa non va? La felicità è un nemico ti insinua dei dubbi ad un tratto hai qualcosa da perdere se per te la felciità è un nemico vuol dire che è troppo tardi vuol dire che hai già perso", più istinto Hunt, "non chiedere normalità ad uomini che cercano di ammazzarsi con una macchina" che morì presto e senza sorprese visto lo stile di vita più consono a una rockstar che a un pilota di formula 1..."ovviamente non mi diete ascolto vincere un campionato per james è stato  sufficente". La storia è storia, il pregio della pellicola sta innanzi tutto nel porre per così dire il messaggio da trasmettere nella prima parte evitando che le gare scorrano senza colpo ferire, per affondare poi decisamente nell'ultima mezz'ora, con maestria e dovizia di particolari... facendo tornare il tutto, quello che c'è dietro e che si vuole trasmettere... e che si manifesta con accuratezza e dovizia. 
La mdp in tal senso è mirabile a rendere l'idea appieno senza esagerare, ma sempre presente, volente o nolente, un pò come il senso di morte che si aggira, si aggirava, ad ogni corsa a rischio, ineluttabile e fascinosa, "più sei vicino alla morte e più ti senti vivo più sei vivo" aiutata da una fotografia eccellente, specie nelle scene di pioggia, che rende alquanto il punto di vista dei piloti intenti a gareggiare... un senso di perdita della realtà, tra toni sfocati e a tratti irreali, interrotti solo dagli scossoni dati dai sorpassi, davvero da stropicciarsi gli occhi. Il merito è comunque dato dalla misura della narrazione, ben calibrata, che vede sin dall'inizio i racconti dei due piloti contrapporsi, che si congiungono nella mirabile sequenza del pestaggio di Hunt a un giornalista troppo irriverente, lì in quello stanzino il pathos emotivo raggiunge il suo vertice e in quello istante, tu spettatore, capisci che stai assistendo a un film pienamente riuscito, quando oltre alla tesi, esposta nella prima parte, che trova riscontro come un boomerang ben lanciato nella seconda, quando la tensione trova insomma la sua conclamata esplosione emotiva, hai le risposte che cercavi e la metafora si fa più grande e si sposta, come è giusto che sia, dal piano puramente narrativo al senso del film vero e proprio.
Il risultato è che è un film per tutti non solo per gli amanti della formula uno, ottimamente recitato, assolutamente credibile, che ha dei valori importanti messi in gioco e sviscerati a dovere.
"Eravamo solo due piloti che si rompevano le palle a vicenda"

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