IlVocifero- Amorte



Dietro "Il Vocifero", ci sono Walter Somà, Fabio Capalbo e Aldo Romano, a impreziosire questo "Amorte" anche Gionata Mirai, Edda,Dorina Leka,L'ensemble Vinaccia e Carlo Sandrini.
Musica libera, sperimentale, teatrale, di sicuro impatto e sicuramente non facile, ci vogliono svariati ascolti per averne una parvenza quanto meno, bisogna calarsi al di dentro, lasciarsi trasportare ma anche in tal senso non è che sia automatico il trasporto empatico... pregi e difetti di un'opera prima assolutamente meritevole d'attenzione, ma che non è per tutti... e che decisamente non vuole esserlo:
"si tratta proprio di chiudere gli occhi e di guardare la luce che abbiamo dentro di noi" recita "Non nel tempo nè nel mondo": con Edda e i suoi vocalizzi,uno degli episodi più riusciti, ma non sempre basta, perchè a volte semplicemente si fa fatica a seguire la band nei suoi antri musicali, come ad esempio la sin troppo criptica "Ultime parole":"ancora tu, ancora noi" tra archi e dissonanze o "Andrò via":"ah sembrava comico anche a me si, la poesia è troppo in questi casi a dividerla da solo con me" che parte semplice, ma è solo apparenza, il brano cresce d'intensità e di soluzioni sempre più ardite o ancor più in "Nastro solare": dove sembrano i Marta sui Tubi più estremi... ma estremi per davvero, claustrofobica "non riusciresti a immaginare quanto erotismo sbricioli da te". Selvaggia e sensuale è invece "Scagliati": dal piglio blues, "io non so qual'è il confine delle tue labbra ma vorrei andare più giù", dove sicuramente c'è un appiglio che non disorienta totalmente, l'ascoltatore riesce a ritrovare le coordinate, come fa nonostante tutto in "Il gusto della morte": "il fiume dei passanti ti rende così civile", atonale, tra voci e rumorismi e "Alito": pura avanguardia, dall'incedere insano e godurioso "se vuoi ti capisco con il sangue misto" che rappresentano al meglio le peculiarità della band, l'iniziale "Escogitare un dramma fantastico": "e adesso mi tocca affrontar l'amore non l'avrei augurato neanche a un figlio di un dio interiore" tra poche note di pianoforte e parole su parole senza respiro, è intensa alquanto e fa venire in mente Piero Ciampi: "e tra il dire e il fare noi ci potremmo semplicemente amare", su questo solco rientrano appieno "Lucyd": "l'amore è una malattia" jazz, ritmiche trascinanti, la voce d'antan di Dorina Leka che ben si sposa con quella di Aldo Romano :"amami liberati di me" e la notturna "Blu e amo": "mi sento fuori luogo, tutt'ora fuori luogo" .."Dio salvaci tu", a chiudere: "Persona plurale": "perchè son nuovo sempre nuovo son stufo di cose che sono già di nuovo" ha quasi le sembianze di una ballad e la solenne "Il mio passo è un sogno": "e dove il sole affronta l'indifferenza la qualità si sbaraglia di ogni colore". 
Oggettivamente siamo dunque di fronte a un'opera importante, coraggiosa e vitale nella sua libertà espressiva, che ha bisogno della massima attenzione e di ascolti ripetuti per affascinare in pieno, non sempre ci riesce ma come si suol dire: "ad avercene di band così in Italia".

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