Buon ritorno per Nicodemo,
Viola è infatti un album coeso, ben scritto e arrangiato, con tanti ospiti illustri e con poche cadute di
tono. "Un ritorno" al passato, sintomo di buono, invocato a più riprese per una
critica alla società odierna e al mondo politico, questo in sintesi il tema
dell’album che scorre via che è un piacere specie nei primi brani, dove le
melodie mai banali e costruite a dovere, si sposano perfettamente al pop di
natura elettronica del nostro che appare forse un po’ ripetitivo in alcuni passaggi della
scaletta, cosa questa ampiamente perdonabile, nel
complesso come dicevamo all’inizio, è un lavoro meritevole d’attenzione, per la
sincerità che emanano i testi e per la cura nel partorire armonie non semplici
e il più delle volte efficaci:
“Legionari”: “mi sfiancano
le pagine di questo presente” dove sono finiti i visionari, gli ideatori gli
ideali sani, i progetti di vita dei marinai” pop elettronico, vario e ben
strutturato con belle aperture melodiche.
“Viola”: strofa che
ricorda la Giuni Russo più celebre, poi
ponte con voce distorta che si stempera in un ritornello efficace dall’aria
decadente e la presenza di Garbo e Francesco Di Bella ad arricchire il tutto:“e si colora di viola io
non so perché e poi si riempie di niente e io non so perché lo colori di vuoto
io non so perché e tu lo pensi di te e io non so perché”
“Un grande Natale”: synth pop
coi fiati nella seconda parte, con un grande ritornello pieno di sfumature, uno
dei brani migliori del lotto, con Andy e Fabio Mittino:”oggi l’aria intorno ha
la storia di chi non può in così poco tempo occuparsi della realtà il mondo
piange l’incapacità di chi ci vuole come cristo in croce però quando non
risorge”
“Almeno con la mente”:
mood cupo e sinistro per un testo un po’ criptico, che si rischiara di speranza
con le aperture del ritornello “ritornerò bambino almeno con la mente” per una
parte strumentale più un bridge interessante, può ricordare il Battiato degli
ultimi vent’anni.
“Tutti a teatro”: “cercate
pure di pensare ad altro invocando la distrazione” minimal e diradata nella
strofa per poi esplodere in ritmiche dance, suggestiva, con Microlux “uscite
piano con le mani in aria” a metafora della crisi
“Nell’aria”: “tutto ha colore anche un film in bianco e
nero” solenne ed evocativa ma non convince fino in fondo, monocorde nel suo
dipanarsi nonostante la presenza di Denise.
“Grida”: con Luca Urbani, un brano ecologico, che è tutto un
ritornello:“ma è possibile che non piantino mai un fiore solo inceneritori
sulla coscienza”
“Madre”: pop dance, con The sleeping cell, “io ci provo a trasformami in un uomo” coi synth a infarcire gli spazi, il brano più debole dell’album.
“Inverno”: con la voce di Raffaella
De Stefano è una ballad al pianoforte
“infilo le mani nel freddo, è l’inverno” esula inevitabilmente dal disco, ma è poetica
e intensa più ghost track o proseguimento, dove ci si ritrova in un vero e
proprio reading sperimentale:“il pubblico era delirante la donna aveva un
pugnale piantato nel cuore”
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