“Wild Water” apre, chiude “Rose” come da track list
del resto, nel mezzo “War Tales” fa ovviamente la parte del padrone, non manca
un brano del passato, che non stona affatto in quanto a tematiche, si tratta di
“The Accordion Player” (da Uncle T) ovvero il suonatore di fisarmonica, il
nostro approfitta per raccontarne la storia, che è poi quella di suo nonno, che
riuscì a sfuggire alla guerra grazie al suo strumento e di come all’ascolto del
disco si fosse lamentato che non si capiva niente: “ perchè è in inglese nonno!
Ah meno male”. I brani in questa vesta spoglia rapiscono letteralmente e il
pubblico non risparmia applausi dopo aver ascoltato in religioso silenzio.
Dopo il concerto ci siamo fermati a
far quattro chiacchiere con Luca:
War tales, perché un disco su un
tema così importante?
"Mi ha sempre affascinato il fatto che tutto quello che ho
ascoltato della guerra nella mia vita è sempre stato fatto in assenza della
guerra, ho sempre ascoltato robe, racconti, ho visto documenti, di eventi passati
o lontani.. sono arrivato a 30 anni e ho pensato di cosa posso raccontare tante
cose? Ma non c’è solo la guerra nel disco, ci sono anche gli affetti…"
E’ un disco ricco di contrasti...
"Si mi piacciono molto i contrasti se ci fai caso anche “The walk”,
ha questo ritmo incalzante e poi il brano inizia con “Far far away from my home,
from my tears and my parents slowly die” che è una frase tristissima."
E’ questa la chiave di volta?
"Si, diciamo che è uno shock audio, io nella vita faccio il
fotografo, son sempre stato affascinato dai contrasti, ad esempio la foto di un
muro e sotto come titolo la data in cui furono fucilati venti partigiani su
questo muro... poi non è che ci penso molto, scrivo molto di getto"
Come nasce questa formazione?
"I Flatland Eagles sono nati dall’esigenza di riportare dal
vivo tutto quello che c’è sul disco, un disco molto complesso e cambiarebbe
molto se lo portassi in giro da solo, siamo partiti con Andrea Sologni che
anche è il produttore del disco, perché abbiamo registrato all’Audio Factory, li c’era Raffaele Marchetti che ha fatto le chitarre, Lorenzo Catalani mio amico di Mantova che è un batterista straordinario, sta anche suonando
coi Giardini di Mirò e poi si sono aggiunti Paolo Polacchini perché Andrea è
impegnato coi Gazebo e Daniele Rossi che è un violoncellista straordinario e in
più ha l’orecchio assoluto e noi ci divertiamo a fargli fare le colonne sonore
di Jurassic Park o del Trono di spade, robe così, è il nostro videogioco musicale
portatile"
Stasera nella voce c’erano poco effetti rispetto al disco
"Gli effetti che senti è perché il disco è stato registrato
in ambienti diversi, poi calcola da dicembre 2011 a luglio 2013 è chiaro che la
differenza è dovuta anche alla strumentazione che in due anni è cambiata, magari nel tempo Andrea ha comprato un microfono migliore rispetto al 2011… in queste situazioni dal vivo più intime uso solo un riverberino leggero.."
Calvin Russel, PJ Harvey, Beirut… sono alcuni nomi che ci
sono venuti in mente ascoltando l’album..non c'entrano niente vero?
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