“Una
piccola impresa meridionale”, già dal titolo, tre anni e mezzo
dopo “Basilicata coast to coast”, Rocco Papaleo fa capire che non
sarà per niente facile far digerire al sud più retrogrado
possibile, la modernità della nuova aperta famiglia italiana, che il
nostro tiene a rappresentare totalmente, ricostruendola nella
ristrutturazione di un vecchio faro, lontano dalle voci e dai
pettegolezzi del paesino, dal prete “spretato” al cornuto, dalla
prostituta straniera alla coppia lesbo, al padre divorziato con
figlia al seguito a un uomo che si fa chiamare Jennifer, con la
conclusione che l'accettazione è data proprio e solo dalla famiglia
d'origine stessa. Il rischio macchietta è irrimediabilmente dietro
l'angolo, eppure Papaleo scrive (con Valter Lupo) e gira con grazia,
con movimenti di macchina non banali... bellissima a tal proposito la
sequenza iniziale. La recitazione dei protagonisti, oltre a Papaleo,
anche Riccardo Scamarcio, Barbora Bobulova, Sarah Felberbaum, Claudia
Potenza, Giovanni Esposito, Giampiero Schiano, Giuliana Lojodice e
Giorgio Colangeli è impeccabile, la storia di per se risulta persino
credibile, oltre che ovviamente divertente. Di contro il film pecca
in un certo verso d'ambizione e risulta pretestuoso, ad esempio il
personaggio di Scamarcio, che richiama l'autobiografia di Papaleo, è
sin troppo celebrativo (ancora “La foca”? Un'altra volta?) e la
costruzione non sempre appare fluida e qua e la si rischia di perdere
il ritmo. La musica con l'amore per il jazz di Papaleo (ma anche
Caterina Caselli e Erica Mou) è colonna portante ed è ben innestata
nel meccanismo filmico e si sposa ottimamente coi meravigliosi
paesaggi “immutati e naturali” che fanno da sfondo all'intreccio.
Un film dunque alla fine riuscito che ha la sola pecca di aver alzato
un pò troppo l'asticella ma rappresenta un tentativo coraggioso e
non banale comunque di fare commedia oggi in Italia.
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