Un Renato Zero meno enfatico, autoreferenziale, più misurato, dà alle stampe
questo secondo capitolo di Amo, dove l’oggetto amoroso diventa di volta in
volta una dedica accorata, un invito, un consiglio e dove non mancano neanche
le invettive… c’è l’Italia, c’è Roma, c’è la Fede, la fratellanza, il sogno, la
gioventù, l’amicizia, la musica, la tv, gli sciacalli e ovviamente l’amore, è
un disco musicalmente più eterogeneo rispetto al primo… anche se pianoforte e
archi reggono strutturalmente pressocchè tutti i brani, che nonostante qualche
melodia abbastanza scontata, fanno la differenza sulla lunga distanza, grazie anche al
lavoro in fase d’arrangiamento, 15 brani non sono di certo pochi e alla fine
sono poche le sbavature di tono, i testi poi arrivano, cosa fondamentale e come
accennavamo all’inizio e/è anche grazie soprattutto a livello di
interpretazione vocale, dove Renato appare più deciso, meno propenso alla
teatralità e a parer nostro risulta dunque più incisivo rispetto al primo
capitolo di Amo:
“Nuovamente”: morbida ballad dedica all’Italia e agli
italiani, scritta con Mariella Nava: “grande gente mia generosa come una
poesia… così vera in tanta ipocrisia” sono certo che rinascerai che saprai
risolvere i tuoi guai esistere costa lo sai”
“Ti porterò con me”:
arrangiata ottimamente, con interessanti variante melodiche in minore,
che può ricordare struttarlmente certi brani di Celentano, con tanto di citazione del Gattopardo "tutto forse
cambierà per non cambiare nulla, tempo si ne passerà ma il tempo che cos’è “la
felicità possibile più volte ci sorprenderà e la fatica sai di vivere un po’
più leggera sarà”
“La fabbrica dei sogni”: invito al sogno: “almeno lei non
entra in crisi mai anzi più la vita è ingenerosa e più sogni fai spegni la luce
e poi socchiudi gli occhi tuoi saluta questa realtà e sparisci” buon lavoro
degli archi e buon uso della voce
“Sia neve”: un brano sulla fratellanza, sulla speranza
nonostante tutto e sulla fede: “un altro messia non credo verrà questa follia
ci tolse l’immunità, ecco perché davanti a noi c’è l’utopia, il buio,
l’avidità” rockettino venato di blues leggero e intrigante ad alto tasso
melodico col ritornello che non ti aspetti sospeso e solenne con gli archi in
evidenza, alla ricerca della purezza: “è neve dovunque trionfa il candore, la
neve che allieva qualunque dolore”
“L’eterno ultimo”: pianoforte e archi e… consigli ai giovani,
in certi passaggi può ricordare “T’innamorerai di Marco Masini “Quanto vali te
chi lo può sapere se non te, ancora un po’ e ci cascherò” che valore dai ai
sentimenti tuoi serietà e ce la farai”
“Nessuno tocchi l’amore”: pop, dalla ritmica incalzante, con
pianoforte e archi a impreziosire il tutto “solo emozioni sensazioni
d’autentica poesia l’amore ci impegna e fa la parte sua, noi concepiti per essere
amati altrimenti perché ho tanta voglia di te”
“Si può”: “in certe situazioni siamo davvero soli, ci
salva quell’istinto e la carezza di Dio” ballad circolare per un giro armonico
semplice semplice, sin troppo scontata nel suo dipanarsi “tocca a noi ne
abbiamo già superate tante”
“Una volta non ci basta”: “solo se hai qualcuno in cui
credere ti salverai” mood anni ’60, fresco e sbarazzino, ode all’amicizia “votati
alle carriere ci perdemmo la semplicità” con un' autocitazione ” e ancora aspetto che
ritorni devo farti una preghiera non lasciarmi più” per un bridge finale che purtroppo appesantisce il tutto.
“Titoli di coda”: il cantore di “W la Rai” “spiacente il
canone non ve lo pago più, mai più una volta c’era la tv” se la prende con la
tv con tanto di “explicit” (esagerato) nel titolo, “povere stars illuse dal
fard” con ritmiche quasi dance e un piglio deciso, non male: “attori autori
registi e conduttori tempi duri lassù i veri talenti hanno scadenze urgenti e
non li vedi in tv, soffrire in scena è più facile più piangi e più applausi
avrai, la fabbrica delle illusioni non fa sconti ormai, titoli di coda e vai
vai…”
“Via dagli sciacalli numero zero”: favoletta morale, “stiamo
tornando dei quadrupedi un po’ più stupidi” divertente ma abbastanza prescindibile
“O si suona o si muore”: rispetto al divertissemant del brano precedente qui
Zero c’entra assolutamente il bersaglio:“sei ancora tu oppure di stimoli non ne
hai più” un’operetta irriverente e convincente, “per te che arrivi carico di
belle melodie non credere che sia facile tra ladri, ruffiani e spie”
“Alla fine”: mood minaccioso, ritmica marziale e melodia
trascinante per un tripudio d’enfasi ma di sicuro appeal a narrare la fine di
un amore… “Allora mi capisci? Risparmiami la vita quindi, presto, il veleno è
implacabile, ambiguo e veloce qui qualcosa mi dice che non mi ascolterai”
“Amor”: “spegni tutti
i rumori e resta muta” il contrario della traccia precedente, spoglia, dedica
alla città natia”vera e sincera come un libro aperto” cantata infatti anche in
romanesco, intensa”un romano de roma il buio non lo teme”
“Il progetto magnifico”: “era bellissimo credere al
prossimo l’odio che arrivò non ci risparmiò ne ci perdonò tanta felicità” apertura
vocale che fa da preludio a un rock venato di funky/blues con tanto di slide
guitar, con la melodia che si libra nel ritornello: “amore pensami mi
riprogrammano sai questi uomini non mi perdonano di avere un’anima, scrivere
musica non basterà non servirà, queste passioni sai sono proibite ormai” col
sax sugli scudi e un bridge che allenta la tensione e lascia il posto ai soli
di chitarra elettrica.”Ci osservano”
“Il principe dell’eccentricità”: un trionfo d’archi, per
pianoforte a chiudere degnamente l'album:“l’ho desiderato spesso di
raggiungerti laggiù, ha dei limiti il successo poi lo scoprirai anche tu, devi
amarti proprio tanto per non rinunciare a te, voglia di essere qualunque,
perché un’aureola dimmi perché è scomoda, retorica, negli occhi tuoi rivedo i
miei trascorsi i sogni opachi di periferia ragazzi arresi mai compresi c’ero anch’io
inutili i miei dialoghi con Dio, lui è adesso qui mi chiede un bis gli dico si”
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