The wolf of Wall Street di Martin Scorsese


Io non voglio morire sobrio!”

Ennesimo film targato Scorsese-Di Caprio, con quest'ultimo che ha acquistato i diritti del libro di un broker realmente esistito, Jordan Belford e prodotto la pellicola, che Scorsese dirige con spunti interessanti ma non convince del tutto. Partiamo dalla storia. Jordan Belford è un broker di borsa che già 22enne (e con una moglie a carico) entra nel grande mondo di Wall Street. Lì si farà le ossa conoscendo veri lupi del mercato come Mark Hanna (Matthew McConaughey) che gli darà alcune dritte. Ma proprio quando Jordan crede di avere una carriera brillante ed in discesa libera, si imbatterà presto nella doppia faccia di Wall Street, quella dello spread in rialzo, dei crolli dei titoli e dei fallimenti. E quando sembra mollare, ricomincia da zero con la sua grande dote di piazzatore di titoli presso una sorta di call center dove si vendono azioni squattrinate a gente che vuole investire il poco gruzzolo messo da parte ma dove si fanno anche dei bei soldi. Jordan è in gamba, ci sa fare, e con la complicità del suo vicino di casa Donnie (Jonah Hill) che lo ammira per le auto di lusso ed il suo stile di vita, mette su la Stratton Oakmont riunendo un gruppo di “rivenditori”... soprattutto di erba. Perchè in fondo, se sai vendere droga (ovvero tutto ciò che è “merda”) puoi ben piazzare una fottuta penna. Da qui in poi per Jordan si spalancano le porte del sesso, anche sadomaso, della cocaina e delle pasticche (quaaludes), dei soldi facili e sporchi (inganna gli investitori vendendo azioni fraudolente), del denaro “rifugiato” in conti svizzeri. Si risposa con Naomi (Margot Robbie) ed ha anche due figli ma questo non gli migliora la vita fino a quando non scivola nel vortice di una grossa indagine dell'FBI.
La storia si perde tra orge, prostitute a go go, droga ed alcol e strani nani lanciati come freccette. Scorsese porta all'esasperazione il mondo che girà intorno all'economia mondiale. Non c'è scena in cui non mancano scopate e tirate di coca, battute nevrotiche e dialoghi troppo lunghi che potevano essere risparmiati (come quello con McConaughey o con Kyle Chandler), così come ci è parsa troppo didascalica la scena dello yacht in mezzo alla tempesta, con Di Caprio e company che vengono salvati da una barca italiana (Umberto Tozzi si gode i suoi diritti SIAE) mentre fuori l'elicottero che doveva prelevarli salta in aria per un guasto al motore: tutto questo, solo per farci capire che ognuno ha un destino da seguire. Per lo spettatore è sin troppo facile capire le leggi del mercato senza prendere appunti. Se l'intento era è quello di farci capire lo “schifo” che circonda il mondo dei broker, allora Scorsese riesce nel suo intento, ma poteva risparmiarsi il vortice di perdizione ripetuto all'infinito. Per il resto, Scorsese in fin dei conti è sempre Scorsese, quello che dà lezioni in “Side by side”. A tal proposito vale la pena citare la doppia sequenza dove prima ci fornisce il punto di vista del protagonista, il suo pensiero sotto l'effetto di sostanza psicotropa; poi invece, ci mostra quello che è realmente accaduto, ovvero tutt'altra cosa. Altra nota positiva è sicuramente un finale molto convincente che raddrizza il film indirizzandolo ad un epilogo forte a cui si aggiunge la grande prova attoriale di Leonardo Di Caprio che, come dice qualche voce maligna, “se non lo vince ora l'Oscar, non lo vincerà mai più” anche se, se la dovrà vedere con lo stesso McConaughey di “Dallas Buyers Club” e con Christian Bale di “American Hustle”. Non sarà facile, ma nel “Lupo di Wall Street” è Di Caprio a “fare” il film, con tutti i pro ed i contro che abbiamo elencato, è sempre lui che ci mostra l'esilarante scena del Lemmon in cui striscia biascicando parole insensate, è lui che con la sua mimica, con le sue smorfie con i suoi gridolini eccitati di sesso e Dio denaro, ci fa odiare il suo stesso personaggio. Alla resa dei conti è inutile dire che ci aspettavamo molto di più... anzi vista la lunghezza spropositata del film e l'insistenza didascalica su certi dettagli.. di meno...

Non so come ci si possa divertire senza sballare”


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