“Breaking
Bad”, un’espressione colloquiale, in uso nel sud degli Stati
Uniti, che sta a indicare quel momento o quella situazione nella
quale una persona intraprende la cattiva strada. Proprio quello che
accade al mite e dimesso Walter White (Bryan Cranston) al compimento
del suo cinquantesimo anno d’età, quando scopre di avere un tumore
al terzo stadio ai polmoni, proprio quando, con un figlio adolescente
disabile e una secondogenita in arrivo, la sua famiglia ha più
bisogno di lui. Come può, allora, il modesto insegnante di Chimica
di un liceo di Albuquerque (New Mexico) far fronte alle immani spese
sanitarie che gli si parano davanti e assicurare comunque un futuro
ai suoi cari? Il suggerimento viene, inconsapevolmente, dal cognato
Hank (Dean Norris), spocchioso agente della D.E.A. (agenzia
anti-droga statunitense) impegnato nella lotta al fiorente traffico
locale di metanfetamina. Le competenze scientifiche di Walter White
gli suggeriranno come produrre la più pura e pregiata metanfetamina
mai vista sul mercato, ma, per introdursi negli ambienti della
distribuzione della sostanza, saranno necessari l’esperienza e gli
agganci di Jesse Pinkman (Aaron Paul), un ex studente di White
spiantato e dedito al consumo di droga. La vita di Walter White
subirà un’accelerazione inaspettata, scissa tra la cura dei
problemi familiari e una seconda identità segreta, nota sotto lo
pseudonimo di Heisenberg, dedita al crimine e al business con uomini
quantomai pericolosi e decisi, in un modo o nell’altro, ad
appropriarsi del segreto che sta dietro alla potentissima “Blue
Sky” prodotta da White.
Ideata
e scritta da Vince Gilligan, sceneggiatore, regista e produttore cui
si devono diversi episodi di “X Files”, la serie si innesta sul
filone delle fiction di argomento criminale e ricorda vagamente
“Weeds”, ma solo per le premesse narrative, visto il tono ben più
drammatico e serio delle vicende (oltre che delle sostanze). Cos’è,
allora, che distingue “Breaking Bad” e ne ha sancito,
dall’esordio nel 2008 fino alla sua conclusione nel 2013, il
successo di pubblico e critica che è valso alla serie dati di
ascolto di tutto rispetto (anche per le repliche), un palmarès di
ben 136 nomination e 59 premi (tra i quali dieci Emmy Award e il
prestigioso Golden Globe come Migliore Serie Drammatica nel 2014) e
un’impareggiabile affezione nel suo pubblico che l’ha elevata a
vero e proprio culto? La risposta ci viene in parte data dallo
stesso Gilligan, il quale ha dichiarato di aver voluto costruire
un’epopea che sovvertisse le regole della maggior parte delle serie
fiction, basandosi su un protagonista che vira profondamente la
direzione della propria vita e attitudine per trasformarsi da innocuo
uomo comune in un oscuro criminale pronto a tutto pur di raggiungere
i propri scopi, un “protagonista
che diventa un antagonista”
che suscita nel pubblico sentimenti contrastanti di ammirazione e
timore. Un uomo comune, insomma, che, in preda alla morsa del bisogno
e al disagio della crisi di mezza età, intraprende un cammino
tenebroso lungo un sentiero terribile seppure lastricato di buone
intenzioni. Non a caso, pare che lo script originale prevedesse un
protagonista quarantenne, per la cui interpretazione si era pensato
ai più noti John Cusack e Matthew Broderick, ma poi la AMC
(emittente per la quale lo show è stato prodotto) ha insistito
perché il protagonista fosse più vecchio, affinché la motivazione
della crisi di mezz’età fosse più credibile e realistica.
Il
percorso di gloria e infamia intrapreso dal protagonista, però, è
solo uno dei tanti ingredienti che contribuiscono alla fascinazione
esercitata da “Breaking Bad”. La solidità della sceneggiatura
durante tutto l’arco narrativo delle 5 stagioni, che quasi non
presentano momenti di stanca (o li sfruttano in maniera più che
funzionale per rincarare la tensione subito dopo), e la lucidità di
fondo, che dimostra chiaramente come Gilligan e il suo staff di
sceneggiatori avessero ben chiaro in mente in quale direzione
procedere per non cadere vittime dello svilimento drammatico che
spesso colpisce le produzioni seriali, si sposano con soluzioni
visive e narrative attingenti idealmente ai più svariati linguaggi,
da quello cinematografico a quello fumettistico, e, in special modo,
si calano nel registro tipico di quel genere “pulp” che sembra
avere segnato nel profondo l’immaginario collettivo del nostro
tempo; è così che, tra stalli alla messicana, brutali esecuzioni e
gustosissime sequenze musicali in montaggio, l’incedere della
storia si impreziosisce di omaggi che faranno la gioia dello
spettatore più smaliziato e gli faranno tornare alla mente i modelli
di ispirazione individuabili nel cinema di Tarantino e Rodriguez, di
Oliver Stone, di Martin Scorsese, ma anche nei fumetti di Garth Ennis
o nel ciclo letterario di Hap & Leonard partorito dalla penna di
Joe R. Lansdale, pur senza disperdere la propria originalità in un
vacuo esercizio citazionista e senza ricorrere a parossismi di
effetti che minerebbero profondamente l’empatia tra protagonisti e
spettatori. Si direbbe una serie che, per coerenza e omogeneità, fa
più pensare ad un film in 62 episodi che non a un telefilm la cui
produzione venga pianificata di stagione in stagione secondo i dati
di ascolto e gli indici di gradimento.
Gran parte del merito di
questo successo va anche al cast composto di attori perlopiù di
estrazione televisiva, alcuni precedentemente conosciuti solo come
caratteristi o più abituati a frequentare la commedia, ma del tutto
convincenti. Volti comuni che provano sentimenti comuni in situazioni
che nulla hanno di comune. Personaggi le cui espressioni e sentimenti
si caricano sempre più del peso di eventi che sfuggono al controllo.
Su tutti, l’intensissimo Bryan Cranston, che opera una meravigliosa
metamorfosi psicofisica per il suo Walter White man mano che scopre i
risvolti più cupi della sua personalità, e Aaron Paul, talmente
bravo da convincere Gilligan a lasciare in corso d’opera maggiore
spazio al suo Jesse Pinkman. Personaggi che, con le loro sfumature e
contraddizioni, rendono vivo, umano e palpitante l’universo segreto
e fuorilegge del quale fanno parte e li pongono come pesci fuor
d’acqua nella tranquilla vita borghese che scorre intorno a loro.
Il
magnetismo di “Breaking Bad” sembra non lasciare scampo a chi
dovesse avvicinarsi alla serie per la prima volta, infetta lo
spettatore con una smania febbrile di proseguire nella visione e crea
tra gli appassionati una sorta di intesa tutta basata su
un’iconografia quasi feticistica per la quale ogni oggetto (dalla
maschera antigas all’apparentemente insignificante tovagliolo di un
fast food fino a una semplice sigaretta), ogni luogo, ogni veicolo,
ogni colore assume un’importanza fondamentale nello sviluppo degli
eventi e si fa ora chiave di volta dell’azione ora indizio
rivelatore dei retroscena delle vite di ogni personaggio, precursore
di ciò che l’attende, metafora e simbolo delle sue motivazioni,
ritornello visivo e leitmotiv
che ammicca a chi sta al di qua della quarta parete.
Così come i
dialoghi, punteggiati di battute dalla potenza monumentale e che, con
tutta probabilità, lasceranno il segno nel linguaggio comune e nelle
serie future per venire riprese all’infinito come citazioni di un
classico (a tal proposito, sarebbe consigliabile seguire la serie in
lingua originale, per gustare tutta la forza di espressioni che in
italiano risultano assai più fiacche), per la felicità dei
produttori di merchandise più o meno ufficiale. Un universo
narrativo e visivo dal quale lasciarsi rapire e trascinare, insomma,
eppure un universo finito che ha trovato la sua degna conclusione
nell’ultimo episodio e che, secondo quanto preannunciato dai
produttori, non tornerà offrendo come unica opportunità di
rientrarvi la possibilità di riguardarlo da capo o di attendere
eventuali spin-off, perché “tutte le cose cattive devono arrivare
a una fine”.
Personaggi e doppiatori
Walter White (Stefano De Sando)
Jesse
Pinkman (Francesco Pezzulli)
Skyler White (Alessandra Korompay)
Hank Schrader (Alberto Angrisano)
Marie Schrader (Francesca Fiorentini)
Walter White Jr. (Fabrizio De Flaviis)
Saul Goodman (Gaetano Varcasia)
Gustavo "Gus" Fring (Danilo De Girolamo)
Mike
Ehrmantraut (Stefano Mondini)
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