Egokid - Troppa gente su questo pianeta


Melodie e armonie ricercate, che arrivano e non vengono a noia, bei testi, semplici nonostante il tema dell’album (il disagio, la malattia) lasci presagire tutt’altro, buone soluzioni in fase d’arrangiamento che tendono a impreziosire i brani piuttosto che a sovra esporli. “Troppa gente su questo pianeta” è il disco più maturo e curato degli Egokid, che manca rispetto al passato forse di freschezza e immediatezza e che ha bisogno di più ascolti per essere apprezzato nella sua totalità, ma questo non è di certo un limite:

“Il re muore”: traccia già contenuta in “Nuvola Numero Nove” di Samuele Bersani, è una versione più scarna e diretta, più verace, ma il brano non perde assolutamente la magia di cui è intriso e che esplode nell’intenso e liberatorio bridge finale: “Non ho più pazienza per la falsità Non ho più illusioni non ho più l'età, non ho più l'amore e non riconosco il nome di un miracolo a metà, non ho più i dolori della gioventù, non ho più rimpianti se non ci sei tu se non c'è il tuo regno. Oggi non ho più bisogno di un sovrano su di me”.

“La madre”: atmosfere d’antan di sicuro appeal a celebrare l’amore per un genitore, con un arrangiamento convincente: “E finalmente un giorno nessuno chiederà mai più se sono felice e lo diremo al mondo finché non finirà che questo amore è un sogno che brucia”.

“In un’altra dimensione”: uno dei testi più intensi dell’album, amaro e lucido… per una traccia sicuramente suggestiva, con la ritmica marziale e incessante che ben si sposa con la melodia in minore: “Che comodità la malattia mi fingo interessante per restare qui, qui in mezzo a voi a tanta bella gente quanta umanità che compagnia. E’ un mondo agghiacciante”.

“Il mio orgoglio”: piglio popolare, incalzante nel suo dipanarsi, melodicamente ineccepibile: “Il mio orgoglio è il suo migliore amico ti rifiuta con facilità. Dice del suo freddo nelle ossa, sputa l'ostia della messa, quella non è verità”...

“L’alieno”: “Ogni umano cerca la felicità”, cantilenante, con la melodia che sembra rincorrersi:“Ogni tuo sospiro interrogherò, ogni minimo tuo gesto scruterò ma ogni amore in fondo non resiste all'eternità”.

“Solo io e te”: dalla ritmica sostenuta, si dipana lirica e intensa, benchè qualche rima facile di troppo, di colpo poi arriva un bridge che spezza la tensione per poi ripartire di slancio: “Far finta di esser morto per respirare un po' al largo dal tuo petto che inganna i marinai. Sai legare e slegare l'amore ma stavolta inventerò un amore come incanto che ti porti lontano in balia del vento”.

“Che tempo fa”: beat estivo e nostalgico, dalla ritmica trascinante :“Tutto passa e va ogni storia ha la sua età, non c'è tempo per guardare indietro e perdersi per te. Sono vivo e sono mio. Ti saluto e dico addio mi riprendo questa vita che non hai voluto mai”.

“Frasi fatte”: dall’incedere sospeso, con delle belle armonie melodiche nel ritornello: “Mentre mi guardi Io me ne sto in silenzio mentre tu parli Io sento solo un gran silenzio. Mi sa che si sbagliavano i poeti e questa non è pioggia è solo umidità”...

“Non balliamo più”: dance dal retrogusto vintage, con un testo da rimarcare: “Figli del Riflusso dov'è la Rivoluzione nascosta in una pillola l'amore è solo chimica. E' stato breve il secolo e il Sol dell'Avvenire non trova un posto pubblico per sorgere o morire”...

“La malattia”: liberamente ispirata al celeberrimo libro di Italo Svevo, è un brano pop che vive di armonie “lontane” suggellate in ritornello e bridge: “Però altro progresso non c'è che il tempo e gli organismi e noi non giocheremo con te ai vecchi illusionismi”.


Commenti

Translate