12 anni schiavo di Steve McQueen



Tu sei solo una bestia per le grandi occasioni”

Peccato... un uomo non prova nessun peccato quando una cosa gli appartiene”

Dopo aver riposato e mangiato, dimenticherai i tuoi figli”

Io non voglio sopravvivere, io voglio vivere”

Steve McQueen se li merita tutti i riconoscimenti per “12 anni schiavo”, per come ha diretto il ricco cast sul set, per gli impressionanti intensissimi primi piani, per aver recuperato una storia vera scritta nell'omonimo libro del 1853, seppur con minime differenze per ovvi motivi. Perchè solo un grande regista di esperienza come lui poteva far provare allo spettatore il dolore dei lividi nella schiena di Solomon e Patsey. Il protagonista di “12 anni schiavo” è un violinista nero e libero dell'America del 1841: Solomon Northup, interpretato egregiamente da Chiwetel Ejiofor. Ha una moglie e due figli, vive in una casa degna, ma un giorno due uomini lo raggirano, lo drogano e lo vendono come schiavo ad un ricco proprietario del Sud che, per quanto possa ben comportarsi con lui, è pur sempre uno schiavista. Da lì in poi inizia l'Odissea di Solomon da schiavo, per ben 12 anni, lontano dalla sua famiglia e nelle mani di proprietari terrieri bianchi, sprovveduti, violenti, gli stessi che hanno conquistato l'America non senza devastanti massacri. In queste disavventure, fatte di botte, lividi, sangue, madri che perdono figli, donne violentate, cercherà in tutti i modi una via di uscita tra ingannatori e abolizionisti (come Bass, ovvero Brad Pitt).E ci riuscirà. “12 anni schiavo” lascia a casa la retorica, si veste di storia, triste e drammatica, di realtà, quelle del popolo afro-americano che ha conosciuto la deportazione. Ecco perchè il film, da questo punto di vista, può ben associarsi all'altro recente“Un maggiordomo alla Casa Bianca” che attraverso gli occhi del protagonista Cecil rivive il dramma dell'America bianca razzista. 
La narrazione è sorretta da continui e veloci flashback che – sebbene contenuti nelle stesse ambientazioni, ben segnano le fondamentali tappe del protagonista: questo accade sin dalla prima scena, Solomon ed una schiava insieme per terra in un casolare, successivamente Solomon in un comodo letto con la moglie. Ovviamente la seconda scena è quella che il protagonista vive prima di diventare uno schiavo. Infatti questo è quello che ci colpisce: McQueen non ci mostra un uomo (nero) alla ricerca della libertà, ma un uomo che prima era libero e poi diventa schiavo e quello che alla fine otterrà è solo un diritto che gli spetta. Interessante innovazione rispetto agli altri film del genere che spesso rischiano di scadere nella retorica. Ma di significativo, a parte la tematica, c'è ben altro in questo pluripremiato film agli Oscar. Innanzitutto la prospettiva dello schiavo, che preferisce essere tale e servire bene il suo padrone pur di salvarsi, rispecchiando il binomio vittima/carnefice; il più che eloquente incontro tra neri d'America e Pellerossa, gli originari del luogo, che anziché farsi la guerra si ritrovano, ballano, si divertono in quanto accomunati dalla perdita di identità, da massacri e soprusi. Ma Steve McQueen punta la mdp sulla tragica drammaticità: i primi piani degli schiavi impiccati per punizione, dello strangolamento di Solomon (che cerca di salvarsi in punta di piedi/attaccamento alla vita), della violenza a colpi di frusta, dell'accanimento sulla schiena di Patsey, durano circa 30 secondi, tra un urlo di dolore ed un silenzio soffocante,tanto lancinante anche per lo spettatore. Il dolore dei protagonisti è anche il nostro. Chiwetel Ejiofor, che ha già lavorato con Spielberg tra gli altri, nei panni di Solomon riesce a bucare letteralmente lo schermo con i suoi occhi che riescono (e non è facile) a raccontare l'orrore vissuto, a parte una voce black incredibile quando canterà per disperazione al funerale di un suo amico. Musiche molto minimal che per lo più si basano sui vecchi canti intonati dagli schiavi nei campi di cotone, cantati dagli stessi attori e lasciati (scelta azzeccata) in lingua originale con sottotitoli. Tra i tanti premi vinti (tra cui i BAFTA, i Golden Globe e gli Indipendent Spirit Awards) e le tante nomination, il film ha vinto i Premi Oscar come “Miglior Film”, “Miglior Attrice non Protagonista” per Lupita Nyong'o nei panni di Patsey, “Miglior Sceneggiatura non Originale” per John Ridley. Un film del genere, che affronta la difficile storia dei neri d'America colpevolizzando i bianchi razzisti non si sarebbe guadagnato un palco come quello degli Oscar. C'è voluto più di un secolo per poter parlare di diritti dei neri d'America, dopo anni ed anni di lotte. Solomon Northup, quello vero, sarebbe orgoglioso di sapere che, oggi, il suo presidente ha lo stesso colore della sua pelle. Brad Pitt, oltre che nei panni di attore (si vedrà solo nel finale) è anche il produttore del film. Le musiche sono di Hans Zimmer che precedentemente ha musicato “L'uomo della pioggia”, “Il gladiatore”, “I pirati dei Caraibi”, “La sottile linea rossa”, “L'ultimo Samurai”, “Il Codice Da Vinci”, ecc. Un plauso a Steve McQueen ci sta tutto.

Attori e personaggi:

Chiwetel Ejiofor: Solomon Northup
Michael Fassbender: Edwin Epps
Benedict Cumberbatch: William Ford
Paul Dano: John Tibeats
Paul Giamatti Theophilus Freeman
Brad Pitt Samuel Bass
Lupita Nyong'o: Patsey
Alfre Woodard: Harriet Shaw
Sarah Paulson: Mary Epps
Scoot Mc Nairy: Brown
Taran Killam: Hamilton
Garret Dillahunt: Armsby
Michael Kenneth William: Robert
Quvenzhanè Wallis: Margaret Northup
Ruth Negga: Celeste
Bill Camp: Ebenezer Radburn


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