- “Mio
padre ripeteva sempre che questo mondo era una preparazione per il
successivo. E la sola cosa che possiamo chiedere è lasciarlo avendo
amato ed essendo amati”
- “Io verrò a cercarti attraverso mille mondi e diecimila vite, finchè
non ti avrò trovato”
- “Io
ti aspetterò, in ognuna di esse”
“Stanotte
riconquisterò il nostro onore e vendicherò il nostro padrone”
E'
un errore partire prevenuti dinnanzi ad un film come “47 Ronin”.
Il fantasy di Carl Rinsch, pupillo di Ridley Scott, sin dalla sua
nascita, ovvero nel 2011, ha attirato intorno a sé la critica
mondiale che, storcendo il naso, ha schierato in campo una sorta di
Giappone vs Resto del Mondo. Questo perchè, al di là del film vero
e proprio, i panni sporchi si lavano in casa e al lavoro di Rinsch,
che ha azzardato in molti aspetti, non ha fatto bene il fuggi fuggi
di notizie su presunte liti in fase di post produzione londinese, che
pare abbiano causato ritardi nell'uscita del film, avvenuta dopo 2
anni dal primo Ciak in Ungheria, ovvero alla fine del 2013. Insomma,
qualcuno si sarà “spazientito” come quando si è nella sala
d'attesa di un medico. Ma passiamo ai fatti. La storia narra dei noti
47 samurai giapponesi al servizio di Asano Naganori che dovette
morire tramite seppuku (una sorta di harakiri) perchè a combattere
nella tipica arena non fu un suo samurai, ma un mezzosangue di nome
Kai, interpretato da Keanu Reeves. E chi meglio di lui nelle parti di
un meticcio, nato da un marinaio inglese ed una contadina nipponica.
La narrazione parte infatti proprio dalla sua figura, quella di un
ragazzo che venne salvato da alcuni samurai e portato nel loro
villaggio. Lì Kai è sottomesso alla volontà di tutti e viene poco
considerato... tranne che da Mika (Kô Shibasaki), la figlia di
Asano, che nutre per lui un amore impossibile ma anche carico di
profondi valori che vengono ben rappresentati. I 47 samurai divenuti
ronin perchè senza padrone, cercano di vendicarsi del perfido Kira
Yoshinara (Todanobu Asano, già visto in “Thor”) – che ha fatto
di tutto per divenire il nuovo maestro di Shōgun – e difendere
l'onore del loro Asano. La decisione di “sovvertire” l'ordine
costituito verrà da Oishi, interpretato da Hiroyuki Sanada (già
visto in “L'ultimo samurai”, “Ring”, “Wolverine”) che
avrà anche il coraggio di coinvolgere il mezzosangue Kai. Tutto
porta ad un drammatico epilogo.
La narrazione rappresentata da Carl
Rinsch, prende molti spunti dalla vera esistenza dei 47 samurai, che
in Giappone è la storia nazionale per eccellenza: ogni anno milioni
di giapponesi si ritrovano a pregare sulle tombe dei loro ronin, eroi
nazionali. Bisogna dire subito che la storia è ben narrata, i
dialoghi sono essenziali, il pathos creato dalle scene dei
combattimenti è molto funzionale, così come l'accoppiata
Reeves-Sanada visibilmente affiatati. Il film conta anche sul lavoro
certosino di personalità del mondo cinematografico di tutto
rispetto: la
sceneggiatura del film è stata scritta da Chris Morgan
(quello di Fast Five, per intenderci) e
da Hossein Amini (“Le ali della colomba”); il
direttore della fotografia è John Mathieson (nominato
agli Oscar -per "Il Gladiatore" di Ridley Scott) assieme a
Joel
Schumacher (“Il Fantasma dell'Opera");
le scenografie sono state affidate all'ottima mano di Jan
Roelfs (nominato
agli Oscar per "Orlando"e
"Gattaca").
“47 Ronin” – che grazie alla Universal ha sconfinato i limiti
territoriali del Giappone – conta
anche di numeri sorprendenti in positivo ed in negativo: il costo di
realizzazione è stato di 175 milioni di dollari, cifre da capogiro
oggi, ma gli incassi sono stati molto deludenti all'inizio (anche se poi hanno subito una lenta ripresa) per tutti gli
aspetti già visti in precedenza e non solo. Tra questi ultimi
diciamo subito che l'occidentalizzare una storia come quella dei
samurai è una forzatura e ciò è reso dal fantasy, dai fantasmi,
dai mostri e dai demoni di cui il film non ha bisogno (così come del 3D), tranne che per
la velocità dei movimenti a creare disegni (come le movenze della
strega interpretata da Rinko Kikuchi); bene anche i colori vividi
dell'ambientazione settecentesca, dei magnifici colori dei costumi
nipponici che hanno la particolarità di essere stati creati addosso
ad ogni singolo personaggio (per un ricco cast) dalla squadra di Penny Rose,
già costumista di pellicole come “Pirati dei Caraibi”,
che ha cucito ogni abito con scrupolo, cucendo perline su perline.
Efficienti anche i ripetitivi primi piani che danno la sensazione di
sottomissione ed è bravo Keanu Reeves nel creare questa condizione.
Siamo certi che il film in lingua originale ha tutto un altro
“sapore”. Il cast infatti (compreso Reeves) ha recitato in
giapponese per poi trasportare il tutto in inglese. A noi è arrivata
un'italian version poco convincente da questo punto di vista.
Insomma, dare la colpa dei “contro” del film tutti all'attore di
Matrix e Speed, solo per il nome altisonante, oltre che ingiusto è
sbagliato, visto che divide la scena con la magistrale
interpretazione di Sanada. Forse, per spiegare meglio “47 Ronin”
è congeniale il semplice commento che aleggiava appena dopo la sua
visione: “Anche se in sala siamo in pochi, resta un bel film”
- “Qualcuno
è rimasto ferito?
- “Chi
cerca il tuo sguardo”
- “Guardami
dimmi che non mi ami”
- “Io
ti amerò sempre ma voi avete la vostra posizione ed io la mia”
“Ho
deciso di essere la sposa di un samurai, il tuo dovere è anche il
mio”
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