Nel 2012 un progetto solista con il brano “Le Visionnaire”
apriva la strada al percorso individuale di Francesco Sarcina, voce (non
ufficialmente ex) de “Le Vibrazioni” che, diciamolo, nel momento del suo
declino, avevano sfornato il migliore album ovvero “Officine Meccaniche”,
registrato d'un fiato con le vecchie piste negli studi di Mauro Pagani. Un
percorso senza etichette e ricco di collaborazioni con tanti musicisti, come
Andy dei Bluvertigo, i Club Dogo, Mattia Boschi dei Marta sui Tubi... perchè
Sarcina vuole esprimersi a 360 gradi e questo nuovo lavoro, dal semplice titolo
“Io”, parla di lui, della sua musica... e di quanta capacità possa avere. Forse
a Sanremo non si è ben valorizzato (se non in “Un diavolo in me” grinta a
manetta con Riccardo Scamarcio alla batteria) ma il disco merita di essere
ascoltato con attenzione, perchè è ricco di spunti interessanti, è registrato
in maniera più grezza sicuramente dei dischi de “Le Vibrazioni” ma non è un
male, anzi. Sonorità disparate, pop, rock, funk, strumenti dal sapore orientale
per non avere catene, per cercare di liberarsi e non restare ancorato a qualcosa
che, probabilmente, non gli appartiene più. E allora Sarcina sforna un disco interamente suonato da lui, creato da lui, tutto suo. Ha suonato dalla chitarra alla batteria, dal basso alle tastiere... ed anche i testi sono i suoi. Ad affiancarlo nella produzione, Roberto Vernetti.
“Accanto”:
riff rockeggianti e prepotente ritmica che dà una prima impronta del disco: “Voglio
restare ancora qui con te in un vortice che mi solleva l’anima e che mi butta
via, via dall’idea di restare accanto a te”…
Sarcina è bravo a giocare con le parole spesso dotate di doppi sensi,
cantandoli anche con la sensualità che l’ha sempre contraddistinto… assoli
dannati…
“Tutta
la notte”: tamburi e sound funky (i riff ce ne danno prova): “Sono distrutto,
sono ormai le 5, per fortuna son tornato con lei, con la sua lingua mi
risveglia l’istinto e in un attimo la trovo già giù, la guardo mentre allieva
le mie pene tra le mie gambe…” beh, l’abbiamo già detto, più esplicito di così,
con tanto di orgasmo che rimanda a “Su un altro pianeta” contenuta nel primo
disco de “Le Vibrazioni”.
“Odio
le stelle”: in questa canzone pop rock, molto melodica, si stende un testo
malinconico d’amore ma abbastanza debole: “Così ti cerco e scriverò una canzone
su di noi, su ciò che in fondo resterà. E son sicuro resterà come una spina che
non sa, che non sa come andar via”
“In
questa città”: arpeggio introduttivo (ed uno dei due brani che ha presentato
allo scorso Festival di Sanremo) e la dote di un buon paroliere che Sarcina ha
ereditato dalle Vibrazioni così come il piglio rock della sezione ritmica e del
buon assolo di elettrica, con una distorsione che ha fatto scuola negli anni
‘70: "Ma voglio vivere e contraddistinguermi come fosse il primo giorno insieme
a te, dopo una lunga sosta in città”, riff finali…
“Violentasogni”:
elettrica a mò di banjo e… “Sei, sei come il vino degli dei che scorre nelle
vene mie, tu della caccia sei la Dea e sai, sei spesso in tutti i sogni miei ma
dici sempre che non vuoi e che non puoi più stare qui”: un beat molto “hard”,
riff di elettrica, basso in primo piano e la voce di Sarcina che scava in
profondità…
“Giada
e le mille esperienze”: un intro molto orientale per poi esplode in un pop
vivo, acceso, ricco di chitarre ed il nostro è anche un bravo chitarrista basta
guardarlo dal vivo: “Capisco la tua curiosità ma il mondo è lì fuori e non
scappa via, tu sei la più sincera, ma sei troppo curiosa e sei già andata
via…”. Certo, niente di eclatante, ma anche questo modesto brano è ben fatto,
come va dato atto dell’ottima equalizzazione dei suoni… assoli puntuali…
“Nel
tuo sorriso”: il brano sanremese che è arrivato in finale, il più melodico
possiamo dire, sembra recuperare le sonorità di “Angelica” delle Vibrazioni… ne
recupera l’essenza e la sostanza. Più pop delle origini ritrovate, Sarcina
canta: “Torna il sorriso sul mio volto ad ogni tuo respiro ed il mio cuore
quello di un guerriero che difende il mondo, si il mondo intero che sarà di
certo il tuo, nel tuo sorriso”… una lettera che un padre scrive al figlio… molto
orecchiabile ma soprattutto molto sentita, Francesco è padre ma è stato anche
figlio, figlio di un padre che non c’è più…
“Falso
in falsetto”: altro beat scattante, con battiti di mani, elettriche in prima
fila: “La musica ormai è un bene di lusso con i finti rap che giocano senza idee,
ripetono sempre le stesse storie di nuvole e lacrime”… un attacco a quelli che
in molti definiscono i “nuovi cantautori”, “Figli di un’era che cambierà
insieme ai fottuti dubbi, ai nostri vizi e alle paure e si sta fermi sui nostri
errori se tu non sai nemmeno quanto, quanto di vero c’è in ciò che dici”… ed
ancora attacchi a “special guest” e politici che “fanno ridere”… finale di
assoli e distorsioni…
“Distratta
e cinica”: flebile e delicata ballad: “A volte immagino che la vita poi non sia
così com’è, distratta e cinica e nonostante tutto a me fa ridere”: bridge
inizialmente “ad ottavi” e in bemolle che poi finisce per iniziare nuovamente la
strofa.
“Pagine”:
arpeggio di acustica e ancora una volta va dato merito dell’ottima produzione… dove
la vocalità di Sarcina va a nozze: “Ogni forma di vita si inchina a te e poi scappa
via per tornare all’origine e fare di meglio per te”… la batteria scandisce il
tempo di una ballad eterea senza tempo…
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