Intervista con i Rebis


Rebis è un concentrato di suoni del Mediterraneo, ponte tra culture diverse, idiomi, anche profumi… perché i vostri brani sprigionano tutti i profumi del Mare Nostrum. Un mix che avete ben amalgamato in questo vostro primo disco: “Naufragati nel deserto”. Raccontateci un po’ di voi, del percorso che vi ha portato ad essere un “equilibrio degli opposti”…

Il progetto Rebis nasce dall’incontro tra l’arabista, cantante e autrice Alessandra Ravizza (colei che scrive) e il chitarrista e compositore Andrea Megliola. Questo concentrato di suoni mediterranei proviene innanzitutto da esperienze umane che per diversi motivi ci hanno portato a viaggiare e incontrare paesi, persone, storie e sonorità provenienti da diverse aeree del Mare Nostrum. Devo ammettere che anche la nostra città, Genova, ci facilita notevolmente in questi incontri: molti cittadini genovesi hanno infatti alle spalle una storia di migrazione e parlano più lingue proprio come le nostre canzoni. Il nostro sogno è quello di costruire con le nostre canzoni piccoli ponti emotivi tra le sponde opposte del Mediterraneo, ponti che siano in grado di regalare momenti di condivisione e d’introspezione ai nostri ascoltatori.
L’equilibrio degli opposti a cui fai riferimento consiste per noi in un ribaltamento di prospettiva: “l’opposto” non è colui che abita altrove, che arriva da lontano, che parla un’altra lingua, che invoca (un altro) Dio; “l’opposto” abita in ognuno di noi. Ogni individuo è un essere complesso al cui interno convivono tensioni diverse e opposte. Crediamo che l’ascolto e l’integrazione degli opposti che sono in noi, possa in qualche modo avvicinarci all’umanità nostra e dell’altro.

Alessandra si definisce un’arabista e si sente. Andrea invece è un chitarrista e un compositore alla ricerca di sperimentazioni e suoni rivisitati in chiave moderna. E ciò viene sintetizzato molto bene in “Pir meu cori”. Com’è nata l’idea di riprendere in qualche modo la tradizione siciliana più antica… soprattutto per voi che siete di Genova…

La Sicilia è una terra che amiamo particolarmente, grazie alla sua posizione geografica ha conosciuto nei secoli una storia ricca di connessioni e confronti interculturali ed è un chiaro esempio di come nella storia dell’uomo non esistano culture pure e incontaminate. “Pir meu cori”, canzone d’esordio del disco “Naufragati nel deserto”, nasce da un nostro adattamento in musica di una poesia della scuola siciliana alla quale abbiamo aggiunto una strofa in arabo classico che richiama le parole del testo originale. La poesia di Stefano Protonotaro è un invito a cantare e a condividere l’amore; il nostro testo arabo recita: “Oh gioia del mio cuore, canterò per te il canto della luna. Oh tempesta dell’anima canterò per te il canto delle onde”. Il siciliano illustre e l'arabo classico s'incontrano in "Pir meu cori", come s'incontrarono nel XIII secolo, alla corte di Federico II di Svevia: sovrano illuminato che ospitò sapienti, letterati e artisti da tutto il Mediterraneo. L'intento è quello di riportare al presente questo clima di fertilità interculturale che ha gettato le basi della letteratura e della cultura italiana.


Non solo sonorità e ritmi italo-arabo-greci… ma anche iberici. Ci piace molto “La neve e le rose”, con la chitarra molto ispanica e una vocalità molto… Madredeus. Ma sono interessanti anche i vostri testi. Che si sposano bene con la melodia dei suoni, sono dolci poesie… chi scrive i testi?

Caspita, che onore ricordare i Madredeus! Non siete i primi a dircelo…in tanti ritrovano nella nostre canzoni un richiamo al fado e alla musica portoghese. Pochi giorni fa ci hanno chiamato a suonare all’interno di un progetto d’interscambio europeo incentrato sul raccontare storie (“Common Stories of Europe”) e tra i partecipanti c’era un signore portoghese che ha paragonato la mia vocalità a quella di Amalia Rodrigues. Anche ad Andrea dicono che il suo stile ha un sapore mediterraneo ma non lo collocano in un luogo definito: dal Portogallo alla Spagna, dai Balcani all’Italia.
I testi li scrivo principalmente io (Alessandra) anche se poi ci piace rivederli insieme…Andrea è molto bravo con i titoli invece, il titolo dell’album è un’idea sua. Nelle canzoni di “Naufragati nel deserto” raccontiamo un’umanità in fermento alla ricerca di sé stessa e in una continua dialettica tra esterno-interno, tra sé e l’altro, tra il partire e il ritornare, tra le stagioni della vita e la morte. L’ultima canzone del disco “Qualcuno, nessuno” canta ad esempio la ricerca di una favola che possa in qualche modo raccontare l'umanità tutta e termina con una domanda che suona forse come un'esortazione: "c'è qualcuno, c'è nessuno?". Il deserto infatti non è per noi un luogo vuoto, inutile e privo di vita ma è, al contrario, un luogo  interiore e inesplorato, all’interno del quale risiede la nostra più intima umanità: “Se non lo conosci è vuoto, se non lo ascolti è silente, ma il deserto è vivo e respira ed è mosso dal vento e dal fuoco” (Un mare), “Ma nelle onde del deserto non si può annegare, forse perdersi o meglio cambiare strada” (Naufragata nel deserto”). I nostri testi sono scritti in italiano, arabo e francese perché sono le lingue che conosco meglio e amo di più, ma non escludo in futuro di studiarne di nuove e di aprire le nostre canzoni a nuove regioni del mondo. Tra le lingue nel cassetto: lo spagnolo, il portoghese, il turco e il farsi…

In “Ya Yasmina attunsiyya” affrontate il tema della guerra, ma cantate anche di radici, della propria terra, dei popoli del Sud del Mondo… quanto “sentite”, quanto sono “vostre” queste tematiche?

“Ya Yasmina attunsiyya” è una delle canzoni che sentiamo più vicine. E’ nata circa tre anni fa quando una cara amica tunisina mi scrisse che il giorno seguente sarebbe scesa in piazza per liberare la sua terra. E’ una canzone piena di paura e di speranza, nata in giorni in cui nessuno sapeva cosa sarebbe stato della Tunisia. Il titolo significa letteralmente “Oh Yasmina  la tunisina”, Yasmina in arabo è un nome proprio femminile ma è anche il nome del gelsomino: un fiore che s’incontra spesso in Tunisia e il cui profumo mi fa spesso pensare a Tunisi. Questa canzone è inizialmente dedicata alle donne che vivono per la libertà del loro popolo ma è anche un grido di denuncia per le tante dittature del mondo e per i popoli oppressi. E’ una delle canzoni che sentiamo di più, cantarla dal vivo è spesso difficile pensando a quello che accade nel mondo. Dal vivo modifico spesso il ritornello della canzone…ultimamente, in particolare, la dedico alla Siria e alla Palestina: ”Ya Yasmina assouriyya, ya Yasmina l-filistiniyya”...


Oggi la scena etnica di cui fate parte è tornata a regalarci delle cose molto interessanti. Non solo Bregovich quindi. A noi piacciono molto anche i Beirut. Cosa vi piace di questo panorama, sia italiano che estero?

 I nomi sarebbero tanti…se penso all’estero mi vengono subito in mente Lura (Capoverde), Lhasa (Messico- Stati Uniti), Buika (Spagna- Guinea), Amel Mathlouthi (Tunisia), Ojos de Brujo (Spagna), Souad Massi (Algeria), Marcel Khalife (Libano), Julia Boutrous (Libano), Mashrou’ Leila (Libano)…restando in Italia penso ai Radiodervish e al loro ultimo disco “Human”: un piccolo capolavoro di musica e umanità.

Siete partiti da Genova, siete approdati nella terra di Maometto, avete “viaggiato” nel Mediterraneo in lungo e in largo. Adesso quali sono i vostri prossimi impegni? Anticipateci qualche data o qualche appuntamento importante.

Sì, in effetti il progetto Rebis ci sta facendo viaggiare molto e non solo in Italia…lo scorso autunno siamo stati selezionati dal M.e.i. (Meeting delle Etichette Indipendenti) per  rappresentare la nuova canzone italiana al Festival Italiano di Suzhou in Cina. Questa estate invece vi accenno soltanto che ci potrete trovare nel Maghreb per un evento davvero molto importante… non possiamo ancora rivelare notizie più precise su richiesta degli organizzatori ma le avrete presto seguendoci su nostri canali virtuali (www.rebisofficial.it e www.facebook.com/Rebisofficial).

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