“Dicono che a questo
mondo solo i furbi e gli spregiudicati raggiungono il successo,
lasciamolo che lo dicano, a noi il compito di dimostrarlo coi fatti”
“La gente che sta
bene”... o meglio che crede di stare bene ed invece cade nel
turbinio di crisi non solo economica ma anche di identità e di
sentimenti in uno scenario che è sempre il solito: l'Italia di oggi.
La commedia italiana degli ultimi anni – in cui senza troppi
fronzoli e giri di parole ci imbocca la crisi del nostro paese in
tutte le salse – sta un po' stancando. Sia per l'argomento per
l'appunto, sia per i personaggi che ruotano intorno a loro, sempre
gli stessi: Bisio, De Luigi, Volo, Angiolini, Raul Bova, ecc. In “La
gente che sta bene”, di Francesco Patierno, tratto dal romanzo
omonimo scritto da Federico Baccomo si parla di questo. Senza girarci
troppo intorno. Il film possiamo rappresentarlo anche graficamente:
un inizio molto mediocre, una seconda parte quasi buona ed un finale
buonista di nuovo in picchiata. La storia narra di un avvocato della
Milano affarista, Umberto Dorloni (Claudio Bisio), lecchino quanto
basta, un po' bastardo ed egosearch, sposato con Carla (Magherita
Buy) che lo considera un marito ed un padre assente e con due figli:
Martina (Carlotta Giannone) vive le difficoltà dell'adolescenza e Giacomino (Matteo Scalzo) che ha
scoperto... la morte. Quando da “licenziatore” diventa
licenziato, Gordoni siederà alla corte di Diego Abatantuono che
interpreta un potente cinico uomo d'affari con una moglie, Morgana
(Jennipher Rodriguez), molto fragile che si consolerà presto con
Dordoni. Dopo una prima parte fatta di battute vecchie (i palloncini
fatti con i preservativi risalgono ai primi anni '90 così come la
spiegazione di come ci si taglia le vene) e di feste mondane
improbabili, tra premiazioni e dipendenti che si trasformano in Gatto
Silvestro, Tarzan, Lady Diana (perchè tanto i dipendenti sono solo
numeri), ci si sforza veramente di ridere, anzi non si ride affatto.
Nella seconda parte, che prende il via da un evento imprevedibile
quanto tragico, il film sembra cambiare, solo per poco, rotta: con un
Bisio che è quello che meglio apprezziamo, perchè è un bravo
attore, quello di “Mediterraneo” per capirci; una parte priva di
dialoghi ma molto significativa nella mimica e profonda, dove Bisio
mostra l'essere codardo da una parte, ma l'essere umanamente fragile
dall'altra. Tutto ciò però si dirige verso un finale moralista,
peccato. Inoltre troppo lunga e stancante è la scena dal
commissariato, dove Carlo Buccirosso regala battute davvero povere.
In tutto ciò emerge una Margherita Buy che sembra fuori contesto,
con la sua classica cerea serietà che stona con il tutto. Il piccolo
interprete di Giacomino, il figlio del protagonista, mette in scena
delle finte morti che sono l'unica cosa realmente divertente di tutto
il film. Bisio invece nella prima parte è lo stesso di “Benvenuti
al Sud” e di “Benvenuti al Nord”, di “Indovina chi viene a
Natale?” e di “Ex”. Ah, da segnalare le due scene di nudo dell'ex valletta Rodriguez da dimenticare. Da notare sul finale, il libro di Steve
Jobs sul comodino della stanza da letto del protagonista, alla
ricerca del successo mancato e forse di una citazione che diventa un
piccolo particolare da non tralasciare. Non sarà ora di cambiare
rotta?
.
“Puoi essere anche una
Ferrari, Umberto, ma se ti manca la benzina...”
- “Io sono
allergico"
- "Alla cocaina?"
- “No, in realtà
sono allergico a tutti i tipi di polvere”
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